ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 08/03/2014

ICONE RUSSE E UCRAINE AVREBBERO INIZIATO A PIANGERE..ANNUNCIANO UN DISASTRO?

Post n°8883 pubblicato il 08 Marzo 2014 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Dipinti ed icone religiose stanno piangendo in Ucraina e Russia. Segno che qualcosa sta per accadere? Annunciano un disastro?

Dio ci mette in guardia contro un enorme cataclisma che potrebbe iniziare in Russia e Ucraina? Non è escluso. In entrambi i Paesi, in una decina di monasteri delle icone hanno cominciato a piangere.

Nella tradizione ortodossa (così come in Occidente quando le statue religiose piangono veramente lasciano presagire eventi gravi)
, ciò è un chiaro segno dall’alto, ovvero che è un invito al popolo al pentimento e un allarme riguardo l’approssimarsi di momenti difficili.

Le icone che ora stanno piangendo si trovano tra gli altri, nei monasteri di Rostov-on-Don, Odessa, Rivne, Novokuznetsk. In passato fenomeni simili in Russia e Ucraina, ebbero luogo prima della Rivoluzione di Ottobre e della caduta del regime zarista, e poco prima del crollo dell’Unione Sovietica.

Segnalazione di Gianni Toffali - agerecontra.it -

 
 
 

8 MARZO:TANTE BELLE PAROLE MA DELLE RAGAZZE EGIZIANE RAPITE E COSTRETTE A CONVERTISI ALL'ISLAM NESSUNO NE PARLA

Post n°8882 pubblicato il 08 Marzo 2014 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Dal 2011 si ritiene siano state almeno 550 le cristiane rapite e costrette alla conversione. Gli aguzzini cancellano con l’acido la croce tatuata sul loro polso

Tratto da Acs - In Egitto i rapimenti di giovani copte non rappresentano affatto una novità: già durante la presidenza Sadat si registrarono diversi episodi. Tuttavia dopo la caduta di Mubarak il numero di casi è aumentato in modo esponenziale. «Prima della rivoluzione sparivano quattro o cinque ragazze al mese, oggi la media è di quindici», dichiara ad Aiuto alla Chiesa che Soffre Ebram Louis, fondatore dell’Associazione per le vittime di rapimenti e sparizioni forzate (AVAED), organizzazione che garantisce alle vittime e alle loro famiglie assistenza medica, psicologica e legale. «Dal 2011 si ritiene siano state almeno 550 le cristiane rapite», afferma l’attivista. Peraltro è quasi impossibile fornire stime esatte, poiché spesso i crimini e gli aggressori non vengono né riferiti né denunciati. In Egitto una donna violentata è tuttora motivo di vergogna per la sua famiglia.

Secondo l’AVAED, nel 40% dei casi le giovani – di età compresa tra i 14 e i 40 anni – vengono rapite, violentate e in seguito costrette a sposare il proprio carnefice dopo essersi convertite all’islam. Altre vittime vengono invece plagiate da giovani musulmani che prima si guadagnano la loro fiducia, quindi le obbligano a convertirsi e a contrarre matrimonio islamico. In preparazione alle nozze gli aguzzini cancellano con l’acido la croce tatuata sul loro polso (foto a destra): simbolo di una fede cristiana portata con orgoglio da molti esponenti della minoranza copta.

L’elevato numero di ragazze scomparse e il ripetersi di un identico modus operandi hanno convinto avvocati, attivisti e sacerdoti – da tempo impegnati a combattere una piaga tanto atroce – che dietro ai sequestri vi sia una organizzazione capillare. Lo conferma ad ACS l’avvocato cristiano Said Fayez: «In Egitto vi sono molteplici cellule islamiche dedite esclusivamente ai rapimenti di donne copte». Fayez riferisce inoltre di numerose cristiane che, una volta sfuggite ai sequestratori, chiedono di ritornare alla propria fede: almeno cinquemila negli ultimi diciotto mesi. «Chi di loro ha avuto dei figli dal matrimonio forzato deve però attendere – spiega l’avvocato – Se lasciassero l’islam per riabbracciare il cristianesimo perderebbero i loro bambini, poiché la legge egiziana stabilisce che i figli piccoli debbano vivere con il genitore che pratica la “vera fede”. E ovviamente per “vera fede” s’intende l’islam».

Le poche informazioni disponibili riguardanti i sequestri sono tratte dalle testimonianze delle ragazze che sono riuscite a fuggire. Come Ingy, ancora minorenne, che si è tagliata le vene dei polsi due volte per convincere i suoi carcerieri a liberarla. In molte però non hanno avuto la stessa fortuna. Come la piccola Nadia Makram (foto a sinistra), rapita nel 2011 a soli 14 anni. I genitori di Nadia conoscevano il nome del suo rapitore – Ahmed Hammad, un musulmano di 48 anni – e si sono rivolti immediatamente alla polizia. L’uomo non è stato arrestato. Stando ai numerosi episodi documentati dall’AVAED, spesso la polizia si rifiuta di cercare le ragazze sostenendo che queste abbiano abbandonato spontaneamente la casa paterna. Se poi le giovani vengono ritrovate e convocate alla stazione di polizia, quasi sempre sono accompagnate dai nuovi “parenti” musulmani, perfino in occasione del colloquio che dovrebbe servire ad appurare l’avvenuto sequestro. Comprensibilmente in molte confermano d’aver lasciato la famiglia d’origine senza alcuna costrizione.

La vicenda di Nadia, e di altre bambine rapite e costrette alle nozze, è ancor più grave. Perché la legge egiziana vieta il matrimonio e la conversione delle minorenni, anche se queste si dichiarano consenzienti. Eppure nel 2012, quando la ragazza appena quindicenne aveva già dato alla luce il suo primo figlio, il caso è stato archiviato e il marito prosciolto. All’uomo è stato sufficiente mostrare un certificato di matrimonio che attestava la “regolare” unione con la sua minorenne consorte.

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DONNA, SOLO IL CRISTIANESIMO TI AMA

Post n°8881 pubblicato il 08 Marzo 2014 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

In occasione dell'8 marzo, festa della donna, pubblichiamo ampi stralci del capitolo "Il cristianesimo e le donne", tratto dal libro di Francesco Agnoli «Indagine sul Cristianesimo» (La Fontana di Siloe, euro 16,50) di cui esce in questi giorni la terza edizione.

Una delle grandi novità storicamente rilevabili apportate dal cristianesimo riguarda la concezione della donna. Sovente secondaria e marginale, almeno in linea di diritto, nel mondo greco; sotto perpetua tutela dell’uomo, padre e marito, nel mondo romano; ostaggio della forza maschile, presso i popoli germanici; passibile di ripudio e giuridicamente inferiore nel mondo ebraico; vittima di infiniti abusi e violenze, compreso l’infanticidio, in Cina e India; forma inferiore di reincarnazione nell’induismo tradizionale; sottoposta alla poligamia, umiliante affermazione della sua inferiorità, nel mondo islamico e animista; vittima presso diverse culture di vere e proprie mutilazioni fisiche; sottoposta al ripudio del maschio, in tutte le culture antiche, la donna diventa col cristianesimo creatura di Dio, al pari dell’uomo. 

Scrive l’amico filosofo Tommaso Pevarello:
“Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. Dio li benedisse” (Genesi, 1, 27). Dio, dopo aver creato il mondo visibile, decide di popolarlo con l’essere più degno: l’uomo.

Il termine “uomo” ha un significato collettivo, cioè si intende ogni essere umano, il quale si divide nei generi femminile e maschile. Questo dato ci deve colpire: la differenza maschile e femminile non viene data in opposizione, bensì in armonia con il fatto che entrambi sono parte dell’unità dell’essere umano. Quindi l’essere vivente si dà in definitiva come “unità dei due”: l’uguaglianza sta nell’essere entrambi “esseri umani”, la differenza sta nel genere maschile e femminile, dato che, come scrisse Edith Stein: “Non solo il corpo è strutturato in maniera diversa, non solo sono differenti alcune funzioni fisiologiche, ma tutta la vita del corpo è diversa; di conseguenza anche il rapporto tra anima e corpo è differente”. Se procediamo nel testo biblico, la creazione dell’essere umano si accompagna al comandamento di Dio: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra, soggiogatela”.

Dio affida solo all’uomo e alla donna il “dominio” della terra, dato che solo loro possiedono quella razionalità, quel Logos, frutto della somiglianza con Dio. Ma c’è molto di più: Dio indica loro la capacità di generare, e dunque la sessualità, come un valore da assumere in modo responsabile davanti a Dio, partecipando al progetto creativo divino e permettendone, in un certo senso, la continuazione.

“Allora il Signore plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente”; così è descritta la nascita di Adamo (ricordo che Adamo deriva da “adam”, che significa l’uomo in generale). Questi versi sono importanti non tanto per il fatto che l’uomo appartiene alla terra, dato che questa caratteristica è propria anche di molti animali, bensì la peculiarità sta nel fatto che egli riceve la vita da Dio con un “soffio”: anche se l’uomo con la sua corporeità è partecipe della materia, ha l’anima/spirito che non proviene dalla terra ma da Dio e che gli fa acquisire il gradino più alto all’interno della creazione.

“Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile”.
Emerge qui un dato significativo: l’uomo, pur in mezzo agli altri animali, si sente solo e Dio interviene per fargli superare quella solitudine che “non era cosa buona” e per farlo deve servirsi di un qualcosa che gli sia simile; ritorna il concetto fondamentale dell’antropologia cristiana che vede l’essere umano come “unità dei due”. L’uomo, così come la donna, non esistono “da soli” ma acquisiscono un senso ed una pienezza solo se si pongono “in relazione”… Così termina la parte iniziale del Genesi sulla formazione dell’uomo e della donna.

Si può concludere, quindi, che l’uomo e la donna sono le uniche creature del mondo visibile che Dio ha voluto per se stesso, che ha voluto rendere “persone”, la cui realizzazione o meglio, il cui “ritrovarsi”, passa attraverso l’esperienza dell’amore e il dono sincero di sé.

Per quanto riguarda la donna, il suo essere dono per gli altri, necessita di due esperienze a lei peculiari su cui si giocherà la propria realizzazione, la propria vocazione: la verginità e la maternità.

Queste dimensioni non possono trovare modello più perfetto della “donna di Nazareth”: Maria, ‘vergine e madre’ ”. Una donna che diviene degna di portare nel suo grembo Dio stesso! Quale importanza più grande poteva riconoscere il cristianesimo al genere femminile!
Prosegue Pevarello: “L’atteggiamento di Gesù con le donne è molto semplice e forse proprio per questo, in quei tempi, rivoluzionario. “Si meravigliavano che stesse a discorrere con una donna”, e a meravigliarsi non vi erano solo gli scribi, ma gli stessi apostoli! Egli, davanti agli ebrei che rivendicavano il “diritto maschile” di ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo, li ammonì di ritornare al “principio”, quando questo non era consentito, quando cioè l’uomo e la donna ancora si amavano con purezza, essendo ad immagine e somiglianza di Dio.

In questo caso Gesù interviene per spazzare via una “tradizione” che si era affermata ma che era contraria alla volontà divina, che in origine non voleva che il maschio dominasse, ma che stabiliva un’uguaglianza tra i due in una sola carne.

Scorrendo le altre parti del Vangelo si incontrano numerose donne: l’emorroissa che toccando il mantello di Gesù, nonostante sia in mezzo alla folla, è da lui “sentita” e lodata per la grande fede: “La tua fede ti ha salvata”; la figlia di Giairo, che Gesù fa tornare in vita; la vedova di Nain, cui fa ritornare in vita l’unico figlio e cui rivolge l’affettuoso invito: “Non piangere”. E gli esempi potrebbero continuare, con la Cananea o con il racconto dell’obolo della vedova, in cui Egli la difende contro il sistema giuridico del tempo. Fatto sta che sempre il Figlio di Dio ha per la donna rispetto e compassione.

Pensiamo ancora a quelle categorie che erano pubblicamente disprezzate dal sentire comune del tempo: prostitute, adultere, peccatrici. Anche a loro Gesù porta la sua parola d’amore in grado di cambiare la vita. Alla Samaritana dice: “Infatti hai avuto cinque mariti, e quello che hai ora non è tuo marito”, dimostrando così di sapere i segreti della sua vita e in questo modo ella lo riconosce come il Messia e va a testimoniarlo ai suoi compaesani.
Alla pubblica peccatrice che gli lava con olio i piedi, facendo scandalizzare il padrone di casa fariseo, Gesù dice: “Le sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato”.

Infine il famosissimo episodio della donna sorpresa in adulterio e portata da Gesù per metterlo alla prova: “Chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra contro di lei”. Questa risposta è così splendida che sorprende tutti, provocando la consapevolezza dei loro peccati, dato che il peccato della donna era anche la conferma delle loro trasgressioni; è così che alla fine rimangono solo Gesù e la donna, la quale viene invitata a non peccare più.

Marta, sorella di Lazzaro, vede il fratello risorgere dopo aver professato la fede in Gesù: “Sì, o Signore, credo che tu sei il Cristo, Figlio di Dio”.
Saranno ancora le donne ad accompagnare Gesù verso il Golgota e che gli faranno dire: “Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me”, dimostrando ancora una volta un modo di rapportarsi con il genere femminile che costituisce un’assoluta novità. Ma saranno sempre donne le prime testimoni della Sua resurrezione, con Maria di Magdala incaricata di andare ad avvertire gli apostoli dell’incredibile avvenimento”.


IL MATRIMONIO MONOGAMICO E INDISSOLUBILE

Quali saranno le conseguenze, storicamente parlando, di questa nuova concezione?
Basterebbe indicarne tre. La prima: il cristianesimo è l’unica religione della storia in cui il rito di iniziazione e quindi  di ammissione alla comunità, cioè il battesimo, è uguale per uomini e donne. La seconda: il cristianesimo, condannando l’eposizione dei bambini e l’infanticidio, limita drasticamente una pratica molto diffusa in tutto il mondo, dall’antica Roma alla Cina e all’India di oggi, e avente più spesso come vittime le bambine femmine (vedi capitolo successivo).
La terza: il matrimonio cristiano è imprescindibilmente monogamico e indissolubile. Esso quindi sottintende anzitutto la pari dignità degli sposi: non è lecito ad un uomo avere più mogli, nel suo gineceo, o nel suo harem! Non è lecito, in virtù della sua maggior forza, ripudiare la moglie, come un oggetto, né sostituirla con delle schiave! E neppure, ovviamente, il contrario.

S.Agostino, nell’incipit de La dignità del matrimonio, scrive: “Ciascun uomo è parte del genere umano; la sua natura è qualcosa di sociale e anche la forza dell'amicizia è un grande bene che egli possiede come innato. Per questa ragione Dio volle dare origine a tutti gli uomini da un unico individuo, in modo che nella loro società fossero stretti non solo dall'appartenenza al medesimo genere, ma anche dal vincolo della parentela. Pertanto il primo naturale legame della società umana è quello fra uomo e donna. E Dio non produsse neppure ciascuno dei due separatamente, congiungendoli poi come stranieri, ma creò l'una dall'altro, e il fianco dell'uomo, da cui la donna fu estratta e formata, sta ad indicare la forza della loro congiunzione . Fianco a fianco infatti si uniscono coloro che camminano insieme e che insieme guardano alla stessa meta…”.

Tutta la storia della Chiesa, per quanto riguarda la morale coniugale, tende a salvare proprio la pari dignità tra uomo e donna: vietando ovviamente ogni diritto di vita o di morte dell’uomo sulla donna; tutelando il più possibile il libero consenso degli sposi; innalzando l’età del matrimonio della donna (che per i romani erano sovente i 12 anni); togliendo ai genitori la possibilità di violare la libertà dei figli, e in particolare ai padri di decidere il marito della figlia; combattendo l’abitudine dei matrimoni combinati, soprattutto tra i nobili; contrastando in ogni modo i matrimoni forzati, in cui solitamente era la donna a fungere da vittima; impedendo, in questo caso a tutela della salute dei figli, i matrimoni tra consanguinei…

 
STERILITA', ADULTERIO E VEDOVANZA

Per capire quanto il matrimonio cristiano muti la condizione femminile basti considerare l’atteggiamento nuovo proposto dalla Chiesa dinanzi alla sterilità della donna, all’infedeltà del maschio o alla vedovanza.

Tradizionalmente, nel primo caso, in tutte le culture antiche, l’infertilità di coppia veniva addossata alla moglie e giustificava il ripudio o il ricorso del marito ad altre donne, per ottenere il figlio desiderato. Si pensi ad esempio che le donne romane dovevano mettere al mondo almeno tre figli “per poter un giorno, alla morte del padre, essere libere da ogni tipo di tutela sui beni”. Inoltre si ricordi che esistevano cerimonie come i Lupercalia, durante le quali “uomini nudi, armati di cinghie di pelle caprina, fustigavano le donne per combatterne la sterilità”. Ancora nel Settecento intellettuali come l’illuminista Diderot considereranno le donne sterili degne di essere allontanate dal consorzio civile. Nel cristianesimo, invece, “è l’accordo di coppia che costituisce l’essenza del matrimonio e non la fecondità: in esso, infatti, non è più motivo di separazione la sterilità, che nelle società antiche era vissuta sempre come malattia femminile”. In altre parole: un cattolico che si sia sposato e scopra che la moglie non riesce a concepire, non ha mai il diritto di ripudiare o abbandonare la propria consorte, che dunque non perde affatto nulla della sua dignità anche se non può divenire madre (sterilitas matrimonium nec dirimit nec impedit).

Quanto all’adulterio, nel matrimonio cristiano esso è proibito sotto pena di peccato mortale per entrambi i coniugi: “nella società romana, al contrario, la legge puniva severamente le adultere (il marito aveva diritto di ucciderle, ndr) mentre l’infedeltà dei mariti non era soggetta a sanzioni penali, né a una seria disapprovazione morale. Era anzi pienamente accettato che l’uomo intrattenesse rapporti sessuali con gli schiavi di entrambi i sessi presenti nella casa. Rifacendosi alle radici bibliche, Agostino scrive, sulla traccia di Paolo (I Corinzi, 6, 12-20), che l’eccellenza di una unione fedele è così grande che i coniugi diventano membra stesse di Cristo, per cui mancare alla fedeltà significa prostituire le membra stesse di Cristo”.

In molte culture non cristiane, ricorda Marzio Barbagli nel suo Congedarsi dal mondo (Il Mulino, 2009), la donna violentata è spesso considerata in qualche modo colpevole anch’essa: “nell’antica Roma non si faceva alcuna distinzione fra adulterio (femminile) e stupro, perché si riteneva che questo rapporto avesse sempre e comunque un effetto contaminante sulla donna sposata, sia che fosse consensuale sia che fosse dovuto ad un atto violento”. Di qui l’esistenza, ancora oggi, in certe culture, della lapidazione per donne violentate (si ricordi il caso divenuto celebre della nigeriana Safiya); di qui l’usanza di molte donne “disonorate”, dall’antica Roma alla Cina, antica e contemporanea, di suicidarsi. Fu sant’Agostino, nel solco della dottrina cattolica, a condannare tale consuetudine, negando che lo stupro “facesse perdere l’onore a una donna e dunque la riempisse di vergogna”. Per Agostino infatti “se una donna subiva violenza, poteva perdere l’integrità del suo corpo, la sua verginità, non la sua castità”! Per questo invitò le donne a non sentirsi affatto colpevoli, imponendo con la sua autorità, nella cultura di allora, questa innovativa distinzione: “Strano a dirsi, erano due (violentatore e violentata, ndr) e uno solo commise adulterio”.

La battaglia della Chiesa per la fedeltà coniugale, per il pudore, per l’autocontrollo degli istinti soprattutto maschili, per la santità del matrimonio, oltre che liberare l’uomo da una concezione animalesca del rapporto sponsale, ebbe quindi l’effetto di nobilitare e liberare la donna. Scrive Aline Rousselle: “Gli uomini (i romani pagani, ndr) non venivano allevati nell’idea di dover esercitare un certo autocontrollo. Per il ragazzo era normale guardare con occhio concupiscente le giovani schiave di casa. Ve ne erano sempre di giovanissime da usare per il proprio piacere. La frequentazione delle prostitute introduceva inoltre un elemento di varietà nei divertimenti amorosi del giovane”. Così anche “le mogli dell’alta società romana non avevano difficoltà ad accettare le relazioni del marito con schiave o concubine. Talvolta erano esse stesse a scegliere queste ‘socie’ ”, sin dai tempi della Repubblica, dimostrando così di non ritenere neppure loro iniqua una sorta di poligamia del maschio.

La novità del matrimonio cristiano non toglie, chiaramente, che la maggior forza dell’uomo, e le antiche consuetudini, nonostante la predicazione evangelica e il divieto di Costantino agli uomini sposati di possedere concubine, abbiano potuto continuare in qualche modo a sopravvivere; né che alcuni cristiani abbiano poco compreso questo insegnamento.

Però è innegabile che con la concezione cristiana di matrimonio la storia delle donne prende una strada totalmente nuova. Scrive lo storico medievista Jacques le Goff: “ Si dice spesso che in caso di adulterio non vi è uguaglianza fra uomo e donna. Ora, in un certo numero di casi molto particolari, e spesso molto famosi, l'uomo è stato severamente condannato dalla Chiesa, pensiamo al re di Francia Roberto il Pio o a Filippo Augusto. Roberto il Pio, nei primi anni dell'XI secolo, dovette separarsi dalla seconda moglie, Berta di Blois, poiché il clero lo considerava bigamo (la prima moglie era ancora viva) e incestuoso (i due erano consanguinei in terzo grado). Il papa Innocenzo III, invece, eletto nel 1198, lanciò l’interdetto contro il regno di Filippo Augusto, che aveva ripudiato nel 1193 la moglie, Ingeborg di Danimarca, e aveva sposato Agnese di Merania. Negli statuti urbani del XII secolo in Italia e del XIII in Francia, si trovano articoli sulla punizione dell’adulterio che prevedono dure pene sia per gli uomini che per le donne. Così, ad esempio, le Consuetudini di Tolosa del 1293, che raccomandano e illustrano in un disegno la castrazione di un marito adultero…”.

E’ opportuno ricordare anche il caso di Enrico VIII: se il papa Clemente VII gli avesse concesso di ripudiare la legittima moglie, Caterina d’Aragona, poiché non era “capace” di dargli un erede maschio, o perché Enrico era ormai innamorato di Anna Bolena, avrebbe evitato di perdere l’intera Inghilterra…invece il papa non ritenne di appoggiare la prepotenza del re inglese, per non violare un principio evangelico, la dignità di Caterina e, con essa, anche quella di tutte le altre donne possibili vittime del capriccio maschile.

Quanto infine alla vedovanza si è visto che i primi cristiani fecero il possibile per riconoscere alle vedove la loro dignità, senza imporre loro di porsi immediatamente sotto il dominio di un nuovo marito, come invece volevano le leggi di Augusto. Per fare questo venivano in aiuto anche economico a quelle di loro che avessero voluto rimanere tali. Così a Roma, nel 251, il vescovo Cornelio  assiste millecinquecente vedove e poveri della città, in ossequio all’insegnamento di san Giacomo apostolo: “Religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni”  (Gc. 1, 27).

di Francesco Agnoli -  La Nuova Bussola Quotidiana -

 
 
 

SESSO E RAGAZZINE: "LA PRIMA VOLTA" NON CONTA PIU' NIENTE. INTERVISTA ALLO PSICOLOGO

Post n°8880 pubblicato il 08 Marzo 2014 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

“Finalmente mi hanno stappata!”. Questa era l’espressione che una ragazza di quinta ginnasio urlava nel campo di pallavolo della sua scuola per comunicare, urbi et orbi, di aver perso la verginità. Nell’inchiesta pubblicata due giorni fa su Il Fatto quotidiano, in realtà, questa era forse la frase più edulcorata che si poteva leggere. Il mondo che lì si racconta è quello di giovani neanche adolescenti che vivono le esperienze sessuali con una leggerezza sconcertante, con grande “aggressività” nei confronti dei maschietti, il tutto per poter poi vantarsene con gli altri. È un sesso “social”, fatto di copioni già scritti che vanno messi in pratica per poi poter essere spiattellati a destra e manca, quando non mostrati con immagini più o meno rubati. Ma questo vortice di ormoni e di emozioni gettate al vento, quali conseguenze provocano nella sensibilità di queste giovani donne? Aleteia ne ha parlato con il dott. Federico Bianchi di Castelbianco, psicologo e psicoterapeuta, tra i maggiori esperti in Italia dell’età evolutiva.

Prof. Bianchi, secondo quest’inchiesta la verginità per una quattordicenne media è un peso. È così?

Bianchi: In questa ricerca si è indagato un punto che è vero, ma poco significativo se non prendiamo in considerazione tutto il quadro della situazione. Le spiego: una volta, diciamo circa dodici anni fa, la verginità doveva essere persa entro la fine del liceo. Dopodiché il termine sono diventati i 16 anni, ora si è abbassato a 14. Ma la domanda che dobbiamo porci è la seguente: da dove deriva questo abbassamento dell’età in relazione alla perdita della verginità? Dunque, se noi vediamo nel suo insieme il problema della sessualità, dobbiamo partire da un presupposto che è quello che dà origine a tante situazioni conseguenziali: parlando con i giovanissimi – le sto parlando di un’inchiesta che facemmo su migliaia e migliaia di ragazzi di entrambi i sessi – è emerso che i ragazzi, da qualche anno a questa parte, hanno scisso la sessualità dall’affettività. Da qui deriva tutto. Un esempio: 5-6 anni fa esisteva una figura che si chiamava “lo scopa-amico”, che era quel ragazzo o ragazza che uno chiamava per divertirsi sapendo bene che tutto si fermava lì, all’amicizia. Questo dimostrava che c’era una scelta consapevole, chiara e pesante, che tutte le effusioni sessuali devono essere prive di affetto. Nel momento in cui io lo dichiaro a me stesso, e gli altri lo dichiarano allo stesso modo, che il sesso può essere un’attività svolta senza affettività, quello diventa una ginnastica più o meno piacevole. È ovvio, se le cose stanno così, che prima mi tolgo di mezzo la verginità e meglio è, perché non ha alcun valore per me. Non ha valore l’atto sessuale in sé. Quindi succede che se una ragazza fa sesso con quattro persone diverse nell’arco di una settimana, è come se fosse andata a ballare con quattro persone diverse, perché non gli attribuisce il valore.

Come sono le dinamiche tra questi giovanissimi?

Bianchi: Accade che molte delle feste, delle riunioni che si fanno in amicizia diventano delle feste, degli incontri di tipo sessuale, ma senza connotazioni affettive, relazionali. Un gioco che fanno, ad esempio, è quello di nascondersi nell’armadio, e poi chi capita capita. Ci si priva anche del momento della scelta. Oppure tutti baciano tutti. Vorrei anche aggiungere questo: prima le famose esperienze omosessuali erano più frequenti nei maschi rispetto al sesso femminile, perché i maschi andavano nei collegi, a fare il militare, ecc. Oggi accade invece che per le femmine le esperienze omosessuali sono aumentate, arrivando quasi al livello dei maschi; inoltre succede che l’esperienza omosessuale è vissuta non come qualcosa da capire, piuttosto ci si dice: “è stato figo”, oppure “non è stato granché, quindi non la ripeto”. Questo sta ad indicare che anche l’esperienza omosessuale non nasce da un’attrazione, ma da un'esigenza di “stare alla moda”. Questo è il grande dramma.

Colpisce il linguaggio così pesante, e anche il fatto che il sesso fatto debba essere urlato ai quattro venti, come se avesse senso solo come esperienza social. Che ne pensa?

Bianchi: Certo, è chiaro che il linguaggio sia così crudo, perché se io all’atto sessuale gli ho tolto qualunque aspetto di sentimento, quello che mi resta è l’atto “brutale”, meccanico. Il linguaggio dunque va a qualificare l’atto meccanico, e quindi io mi ritrovo solo la brutalità, la forza, la potenza, lo schifo. Io l’ho spogliato quell’atto, e quindi quando ne vado a parlare lo faccio in termini che rispecchiano proprio quest’assenza di sentimenti. Tornando al tema che abbiamo toccato prima, quello dell’omosessualità, il grande problema non è se esistano o non esistano ragazzi con tendenze omosessuali, il problema è che i messaggi sociali che mandiamo ai ragazzi sono: “gay è bello e divertente”, mentre “la coppia è una noia”. Questo è l’esempio che diamo. Faccio un esempio datato di qualche anno fa: Le fate ignoranti, il film con Margherita Buy, cosa mostrava? Mostrava che lei e suo marito stavano insieme erano depressi, mentre quando il marito frequentava la comitiva di gay era allegro, sorridente, felice. Questa è l’immagine che diamo. Pensiamo a quando ci fu, una decina d’anni fa, il bacio in pubblico ad un concerto tra Madonna e Britney Spears, un bacio molto appassionato, le ragazzine che nell’arco di una settimana hanno seguito le orme furono centinaia di migliaia, solo in Italia.

Che tipo di messaggi lanciano gli adulti?

Bianchi: Noi adulti lanciamo messaggi che sono paradossali: se fai l’amore con l’altro sesso, il sentimento non serve, invece l'aspetto omosessuale è divertente. Ma in realtà ai minori che sono ancora in cerca di un’identità sessuale non andrebbe suggerito nulla. Loro, con le loro logiche, sbagliate quanto si vuole, fanno una loro crescita, che non deve essere però condizionata dall’adulto. Se le ricerche sull’omosessualità indagassero il numero di ragazzi che hanno avuto solo un’esperienza omosessuale scoprirebbero che sono un numero enorme. Anche tra le bambine questa è diventata un trend, incoraggiata da una “moda”, non da una pulsione.

Si può dire che sono soprattutto le femmine ad aver cambiato atteggiamento nei confronti del sesso rispetto al passato?

Bianchi: Attenzione, prima la donna dava un valore sentimentale all’atto. Quando i ragazzi hanno deciso che non è più così, il linguaggio di conseguenza è diventato un linguaggio crudo, e non può essere diversamente. Nel momento in cui questa cosa equivale a dare due calci al pallone, a farsi una sigaretta, anzi a “farsi un cannone”, tutto viene enfatizzato allo stesso modo. Il problema è che viene enfatizzato con un linguaggio che – e questa è una cosa che i ragazzi non hanno capito, ma soprattutto non l’hanno capita coloro che seguono i ragazzi – questo è un linguaggio che poi diventa un punto di riferimento. Significa che poi la ragazza deve mettere in pratica atti sessuali violenti per poter dire che ha “fatto sesso”. Deve andare con due o tre ragazzi insieme, altrimenti le sue parole sembrano roboanti rispetto alla realtà. Purtroppo le parole che usano conducono alla pratica. Si parla dei 14 anni come momento in cui si perde la verginità: la realtà è che fin dalla seconda o terza media i ragazzi raccontano a noi psicologi cose che mettono in evidenza due fenomeni. Primo, i ragazzi maschi di 12 anni ci raccontano che le ragazzine li toccano, e questo mostra un’inversione di tendenza. Secondo, tra le ragazze di 14-15 anni abbiamo notato che molte chiedono ai genitori di cambiare scuola, magari lo stesso indirizzo, ma in un’altra zona. Questo avviene perché anche alle medie e al primo anno di liceo sono state estremamente disinibite e disinvolte, e questo ha fatto sì che i ragazzi abbiano continuato a bussare alla loro porta dicendo: ti ricordi di me? Si vergognano in sostanza della ciò che hanno come classica stupidaggine giovanile. Questo ai genitori non lo spiegano, e vengono lasciate lì a vivere un disagio molto forte.

Ma queste ragazzine riescono poi da grandi a ricongiungere sessualità e affettività?

Bianchi: Certo, la ricongiungono quando accusano quel vuoto esistenziale di relazioni dove il classico amico non basta più. Allora chiedono un rapporto più intenso e significativo, e accade che si “aggrappano” al ragazzo del quale si innamorano. Ma il problema che segue è che se questo sentimento non viene corrisposto, queste ragazze dai ragazzi accettano di tutto. Le faccio un esempio: ho parlato con delle ragazzine che sono state picchiate dai fidanzati - chiamiamoli così - e loro mi dicevano di essere contente. Se io chiedevo il perché, loro dicevano: “se mi picchia vuol dire che tiene a me”. Siamo uscendo fuori dalla linea del buon senso. Il problema allora non è tanto il denunciare un fattore legato ad un’età o a un evento: è il quadro che è pesante. Ci ritroviamo delle ragazzine che a 13 anni devono perdere la verginità, che fanno attività sessuale come fosse una forma di ginnastica, che si danno con una facilità unica. Tant’è che quando è avvenuto l’episodio delle ragazzine che si prostituivano, io mi chiedevo come fosse possibile che l’adulto si stupisse. Se per me il furto non è un furto, è chiaro quando mi arrestano io dico “che c’è di male?”. Poi le ragazzine, che sono sempre più oneste dei ragazzini, cos’hanno detto: “io lo facevo perché volevo soldi, perché voglio fare la bella vita”. Cioè, non erano disperate, tutt’altro.

- www.aleteia.org -

 
 
 

MIRACOLO A MEDJUGORJE: AFFETTA DA UNA GRAVE MALATTIA CHE LA PORTAVA ALL'IMMOBILITA' ORA CAMMINA DI NUOVO

Post n°8879 pubblicato il 08 Marzo 2014 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

La testimonianza di Maria Pia Pacioni (era affetta da una grave malattia che la stava portando all’immobilità) è sobria, ma precisa nei ricordi. «Mentre camminavo ho sentito come se qualcuno mi accarezzasse la schiena e la gamba non mi faceva più male. Penso: ma chi mi ha toccato? Mi giro e non c’è nessuno, la strada era deserta».

LE SUE PAROLE – Siamo nel quartiere nuovo di Colle San Rocco, una fila ordinata di villette a schiera, nel borgo marchigiano di Montottone. In quei primi giorni di maggio di due anni fa, colpita da una grave malattia ritenuta irreversibile, cammina con difficoltà sul tutore a molla e con l’aiuto del bastone ortopedico. Vuole raggiungere il prato verdeggiante che si trova a una settantina di metri da casa. Ma di colpo accade qualcosa di straordinario e imprevisto. «Mi accorgo, girando su me stessa, che la gamba non mi fa male: avverto un caldo indescrivibile e dei brividi come se una debole scarica elettrica mi avesse attraversato il corpo. È durato pochi secondi, appena il tempo di riflettere: mi sono girata ed era finito tutto!». Continua il racconto: «A quel punto ho preso il mio bastone ortopedico, l’ho messo sottobraccio e me ne sono andata via camminando verso casa, senza appoggiarmi, per la prima volta dopo tanti anni. Piangevo e ridevo dalla gioia e dicevo: “Signore, sei grande!”. Non c’era nessuno, mi sentivo sola con Gesù. Entrata in casa giro attorno al tavolo e allargo le braccia, senza sorreggermi da nessuna parte. Potevo camminare anche a passo svelto. Ero tornata a vivere».

UNA MALATTIA IRREVERSIBILE – È il 10 maggio 2012. Siamo nel mese dedicato alla Madonna. La signora Maria Pia, 62 anni, era tornata il giorno prima da Medjugorje. Il viaggio della fede e della speranza. Vedova e con un figlio, da 24 anni è in lotta contro una malattia terribile, irreversibile e nella maggior parte dei casi incurabile: la mielite, un’infiammazione del midollo spinale che ti costringe giorno dopo giorno a una progressiva paralisi delle articolazioni, e anno dopo anno ti inchioda a spostamenti sempre più ridotti, obbligandoti ad aiutarti con stampelle o treppiede. Quando ormai ha di fronte l’inesorabile prospettiva di una vita da disabile, con la mobilità ridotta al minimo («Questa patologia è incurabile, si aggraverà e la porterà alla sedia a rotelle, purtroppo non c’è cura», le era stato diagnosticato), la signora Pacioni si aggrega a un pellegrinaggio diretto a Medjugorje. Al ritorno dalla cittadina dell’Erzegovina, dove nel 1981 sono iniziate le apparizioni mariane più lunghe della storia, riprende a camminare da sola e scompare ogni dolore. La sua storia è una delle più emozionanti raccolte nel libro Raggi di luce, di Paolo Brosio, in uscita nei prossimi giorni, e che vi anticipiamo in esclusiva.

«CI SIAMO ABBRACCIATI. IN LACRIME» – Torniamo al giorno del “miracolo”. Maria Pia decide di non dire nulla al figlio Piergiorgio, consulente commerciale. Vuole fargli una sorpresa e così, quando lui arriva a casa per l’ora di pranzo, si fa trovare al centro della stanza, in piedi. «Mi ha visto con le lacrime agli occhi in piedi e senza bastone. Non ha detto nulla, mi ha abbracciato e ci siamo a messi a piangere rimanendo stretti stretti». Presa dall’euforia della guarigione, la signora Pacioni si mette a salire di corsa le scale su e giù, come una ragazzina, di fronte al figlio stupefatto e preoccupato, che le urla: «Mamma, non strafare… Per l’amor di Dio fermati, che fai?». Commenterà: «Vedere dal vivo questa scena è stato incredibile. Un conto è sentire in tv che di un grande miracolo, un altro è viverlo in presa diretta a casa tua con tua madre. Ero felice, ma allo stesso tempo terrorizzato cha la mamma si facesse male, e cadendo finisse tutto lì».

CON GLI OCCHI LUCIDI – Non è finito tutto lì. Maria Pia Pacioni accetta di sottoporsi a una nuova visita dal professor Francesco Logullo, un luminare della neurologia, lo stesso che le aveva diagnosticato la mielite grave e incurabile. Il 14 giugno 2013 Maria Pia incontra il medico nel reparto di neurologia dell’ospedale di Ancona. Logullo è profondamente emozionato e ha gli occhi lucidi vedendo Maria Pia che cammina speditamente senza più dolori, senza bastone ortopedico e tutore a molla e senza quel corpetto di stecche d’acciaio che la stringeva al torace.

UNA CONFESSIONE FUORI DAL COMUNE – Al termine di una visita accurata, il professore redige la cartella clinica, in cui riconosce che «l’esame obiettivo neurologico è normale», differenziandosi completamente da quanto riscontrato in precedenza. Prodigi nel prodigio. Quando Maria Pia è a Medjugorje non succede nulla; guarirà al suo ritorno. Ma laggiù si manifestano dei segni premonitori. Durante le faticosissime ascese ai monti Krizevac e Podbrdo, dove è aiutata a salire, sente un intenso profumo di  rose, anche se in quelle due colline non vi è traccia di questo fiore. Ma il più straordinario segno arriva quando decide di andarsi a confessare nella parrocchia di San Giacomo. «Entro nel confessionale e il sacerdote mi chiede: “Di dove sei ?”». La risposta: «Sono italiana». Il prete incalza: «Di quale regione?». E lei: «Vengo dalle Marche, da un paesino in provincia di Ascoli». Maria Pia dice così perché la provincia di Fermo è nuova e ancora non la conosce nessuno. Ma il confessore controbatte: «Tu vieni da Fermo!». La signora Pacioni è sbigottita e senza parole. Pensa: «Come fa a saperlo?». È talmente sorpresa che non le viene neppure in mente di chiedergli come può conoscere questi particolari. Il sacerdote è sulla cinquantina, barbetta un po’ rada e occhi azzurri profondissimi. «Volevo confessare tutti i miei peccati ma lui non me ne dà il tempo e, guardandomi, dice mettendomi la mano sul capo: “Figlia mia hai ottenuto la Grazia!”».

- oggi.it -

 
 
 

8 MARZO TANTI AUGURI ALLE DONNE VERE, SPERANZA DELLA STORIA

Post n°8878 pubblicato il 08 Marzo 2014 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Oggi è il giorno della Festa della donna: auguri sinceri da parte dei Papaboys a tutte le giovani, le mamme, le nonne e le religiose. Donna  è sinonimo di speranza della storia, luce per tutta l’umanità. Un pensiero lo voglio rivolgere anche a tutte le donne vittime dell’aborto, della schiavitù, della tratta di esseri umani e della prostituzioni. Non abbandonate mai care amiche e sorelle il coraggio della presenza, della dolcezza, della preghiera!

Mi viene in mente l’importanza della donna nella Chiesa (che è madre, non scordiamolo) e la sottolineo con una risposta che Papa Francesco ha dato alla giornalista brasiliana Anna Ferreira nel volo di ritorno dopo la Giornata Mondiale della Gioventù a Rio de Janeiro dell’estate trascorsa. Ha chiesto al Pontefice:  ”Lei ha detto ai vescovi brasiliani della partecipazione delle donne nella nostra Chiesa. Vorrei capire meglio: come dev’essere questa partecipazione di noi donne nella Chiesa?”. Il Papa le ha risposto: ”Non si può limitare al fatto che faccia la chierichetta o la presidentessa della Caritas, la catechista… No! Deve essere di più, ma profondamente di più, anche misticamente di più”.

Ci sono due documenti che dobbiamo tener presenti parlando di voi donne e che voglio riproporvi. Le parole di Madre Teresa alla IV conferenza mondiale sulle donne a Pechino e la lettera alle donne di Giovanni Paolo II del 1995 scritta da San Giovanni Paolo II. Vi auguro buona lettura, e forte vi abbraccio, speranza della storia!


MADRE TERESA DI CALCUTTA PARLA ALLE DONNE


Prego Dio che faccia discendere la sua benedizione su tutti coloro che prendono parte alla IV Conferenza Mondiale sulla donna, che si tiene adesso a Pechino. Spero che questa conferenza aiuterà tutti e ciascuno a comprendere il posto tutto speciale che la donna occupa nel piano di Dio, e che ci porterà ad aderire a questo progetto e a metterlo in opera.

Devo dire che non arrivo a comprendere perché alcuni affermino che l’uomo e la donna sono esattamente uguali, e che si trovino così a negare la bellezza delle diversità che esistono fra l’uomo e la donna. I doni di Dio sono tutti ugualmente buoni ma non sono necessariamente gli stessi. Rispondo spesso a chi mi dice che gli piacerebbe servire i poveri come faccio io: ” Ciò che faccio io, non siete in grado di farlo Ciò che voi fate , io non sono in grado di farlo. Ma voi ed io insieme, possiamo fare qualcosa di bello per Dio.

E’ così anche per le differenze fra l’uomo e la donna. Dio ha creato ciascuno di noi , ciascun essere umano, in vista di una cosa più grande: amare ed essere amati. Perché Dio ci ha creato uomini e donne? Perché l’amore di una donna è uno dei volti dell’amore di Dio. L’amore di un uomo è un altro volto di questo stesso amore. L’uomo e la donna sono entrambi creati per amare, ma ognuno in modo diverso; l’uomo e la donna si completano l’un l’altro, e tutti e due insieme manifestano l’amore di Dio molto meglio di quello che potrebbe fare ciascuno separatamente.

Questa potenza .speciale di amore che hanno le donne non è così evidente come quando esse diventano madri. La maternità è il dono che Dio fa alle donne. Quanto dobbiamo essere riconoscenti a Dio per questo dono che porta una così gran gioia al mondo intero, agli uomini come alle donne. E tuttavia questo dono della maternità , noi lo possiamo distruggere e in modo tutto speciale attraverso il male dell’aborto, ma anche attraverso il fatto di pensare che ci sono delle cose più importanti che amare, che donarsi al servizio degli altri: la carriera, per esempio, il lavoro fuori casa. Nessun lavoro, nessun programma di carriera ,nessun possesso materiale, nessuna idea di ” libertà” può sostituire l’amore. Di modo che tutto ciò che distrugge il dono della maternità, che è un dono di Dio, distrugge il più prezioso dei doni fatti da Dio alle donne, quello di amare in quanto donne.

Dio ci ha detto : ” Ama il prossimo tuo come te stesso”. Di modo che io devo prima di tutto amare me stesso, come si deve, e poi amare il mio prossimo alla stessa maniera. Ma come posso amare me stesso se non mi accetto come Dio mi ha fatto? Coloro che negano la bellezza delle differenze fra l’uomo e la donna non si accettano come Dio li ha fatti, e non possono dunque amare il loro prossimo. Essi non possono portare con sé che divisione e infelicità e distruggere la pace del mondo. Per esempio, come ho spesso sostenuto, l’aborto è ciò che distrugge maggiormente la pace del mondo d’oggi. E coloro che vogliono assolutamente che l’uomo e la donna siano la medesima cosa sono tutti favorevoli all’aborto.

Al posto della sofferenza e della morte, portiamo la pace e la gioia al mondo. A questo scopo, dobbiamo chiedere a Dio il dono della pace ed imparare ad amarsi e ad accettarsi come fratelli e sorelle, figli di Dio. Sappiamo che l’ambiente dove il bambino può meglio imparare ad amare e a pregare, è la famiglia, dove egli è testimone dell’amore e della preghiera del padre e della madre. Quando c’è una frattura o disunione nella famiglia, i figli, molto spesso, crescono senza sapere cosa vuol dire amare e pregare. Un Paese dove sono numerose la famiglie distrutte in questo modo non può non essere esposto a parecchi problemi. Sono spesso stata testimone, specie nei Paesi ricchi, del fatto che i figli cercano rifugio nella droga o altre cose dal momento che sono costretti a far fronte all’indifferenza o al rifiuto della famiglia.

D’altra parte quando le famiglie sono forti ed unite, i figli sono in grado di vedere nell’amore del padre e della madre l’amore tutto speciale che Dio ha per loro e possono anche arrivare a fare dei loro paesi un luogo dove si ama e si prega. Il bambino è il più bel dono che Dio possa fare alla famiglia: egli ha altrettanto bisogno del padre come della madre perché l’uno e l’altra manifestano l’amore di Dio in una maniera speciale. Una famiglia che prega insieme resta insieme, e se essi restano insieme, si ameranno gli uni gli altri come Dio li ha amati, tutti ed ognuno vicendevolmente. E le opere dell’amore sono sempre opere di pace. Allora, custodiamo ognuno nel nostro cuore la gioia di amare e condividiamo questa gioia con tutti coloro che si trovano sul nostro cammino. La preghiera che rivolgo a Dio è che tutti i delegati, e che tutte le donne che la Conferenza di Pechino cerca di aiutare, che tutte e ciascuna di loro, io dico, arrivino a fare propria l’umiltà e la purezza di Maria per poter vivere in pace e in amore gli uni con gli altri, facendo così delle nostre famiglie e del nostro mondo un luogo di bellezza per Dio. Ciò di cui abbiamo bisogno è la preghiera.

Tutto per la gloria di Dio ed il bene degli uomini. Che Dio benedica voi tutti. - Madre Teresa Conferenza ONU sul ruolo della donna – Pechino, 13 settembre 1995


DALLA LETTERA DEL PAPA GIOVANNI PAOLO II ALLE DONNE


Il grazie al Signore per il suo disegno sulla vocazione e la missione delle donna nel mondo, diventa anche un concreto e diretto grazie alle donne, a ciascuna donna, per ciò che essa rappresenta nella vita dell’umanità.

Grazie a te, donna-madre, che ti fai grembo dell’essere umano nella gioia e nel travaglio di un’esperienza unica, che ti rende sorriso di Dio per il bimbo che viene alla luce, ti fa guida dei suoi primi passi, sostegno della sua crescita, punto di riferimento nel successivo cammino della vita.

Grazie a te, donna-sposa, che unisci irrevocabilmente il tuo destino a quello di un uomo, in un rapporto di reciproco dono, a servizio della comunione e della vita.

Grazie a te, donna-figlia e donna-sorella, che porti nel nucleo familiare e poi nel complesso della vita sociale le ricchezze della tua sensibilità, della tua intuizione, della tua generosità e della tua costanza.

Grazie a te, donna-lavoratrice, impegnata in tutti gli ambiti della vita sociale, economica, culturale, artistica, politica, per l’indispensabile contributo che dai all’elaborazione di una cultura capace di coniugare ragione e sentimento, ad una concezione della vita sempre aperta al senso del « mistero », alla edificazione di strutture economiche e politiche più ricche di umanità.

Grazie a te, donna-consacrata, che sull’esempio della più grande delle donne, la Madre di Cristo, Verbo incarnato, ti apri con docilità e fedeltà all’amore di Dio, aiutando la Chiesa e l’intera umanità a vivere nei confronti di Dio una risposta « sponsale », che esprime meravigliosamente la comunione che Egli vuole stabilire con la sua creatura.

Grazie a te, donna, per il fatto stesso che sei donna! Con la percezione che è propria della tua femminilità tu arricchisci la comprensione del mondo e contribuisci alla piena verità dei rapporti umani.

- Daniele Venturi - Redazione Papaboys -

 
 
 
 
 

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Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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