ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi di Gennaio 2010

ANTONIO SOCCI: STORIA DI SHAZIA, 12 ANNI, CRISTIANA.

Post n°3024 pubblicato il 31 Gennaio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Nessuno a Hollywood le dedicherà un film (che pure sarebbe da Oscar), nessuno scrittore la immortalerà in un romanzo, nessun giornale occidentale – che dedica pagine e pagine al burqa in Francia – ha sollevato clamore. Perché i cristiani sono tornati come al tempo di san Paolo: “siamo diventati la spazzatura del mondo, il rifiuto di tutti”. Dunque la triste storia di Shazia Bashir, 12 anni, cristiana, non può far notizia.Come non fa notizia che proprio i cristiani siano il gruppo umano più perseguitato del pianeta. Nemmeno i credenti lo sanno e si fanno semmai bersagliare dalle accuse opposte. L’Avvenire di Dino Boffo aveva mostrato una certa sensibilità per il dramma dei cristiani oppressi, in decine di paesi del mondo (250 milioni di cristiani ogni giorno a rischio e migliaia di vittime ogni anno): era un forte incentivo ad aprire gli occhi. Ma di recente Boffo è stato ingiustamente indotto alle dimissioni dopo un’assurda polemica. Detto questo la storia di questa ragazzina cristiana, Shazia Bashir, non si può tacere. Oltretutto è solo la punta dell’iceberg. L’ha fatta emergere dal silenzio, una settimana fa, l’agenzia missionaria Asianews (del Pontificio istituto missioni estere), che fa un lavoro eccezionale, ma come una voce che grida nel deserto. Ha lanciato la notizia così, dal Pakistan: “Lahore, domestica cristiana 12enne torturata e uccisa”. L’agenzia riferisce che viene accusato il padrone musulmano: “La giovane lavorava presso la famiglia di un potente avvocato della città, dove era soggetta a violenze sessuali, fisiche e psicologiche. La morte della ragazza ha scatenato le proteste della comunità cristiana, che chiede giustizia. Attivista per i diritti umani: il 99 per cento delle giovani cristiane che lavorano per musulmani sono vittime di violenze e abusi”. Vedremo se e come le autorità arriveranno a individuare e punire il o i colpevoli. Ma non ci si possono fare illusioni sulla tutela dei cristiani in un paese come il Pakistan. L’agenzia Asianews aggiunge: “ ‘I genitori di Shazia non hanno potuto vedere la figlia’ denuncia Razia Bibi, 44 anni, zia della vittima. La 12enne è morta il 22 gennaio scorso in ospedale a causa delle ferite subite. Sohail Johnson, (attivista per i diritti umani, nda) conferma che il cadavere presentava i segni delle torture in 12 punti diversi del corpo ed è stata ricoverata ‘con la mandibola fratturata’. In un primo momento la famiglia dell’avvocato ha proposto un risarcimento di 250 dollari ai genitori per non sporgere denuncia; poi si sono dati alla fuga. La polizia li ha arrestati dietro pressioni del governo federale”. Il giorno dopo la morte di Shazia i cristiani hanno manifestato di fronte agli uffici dell’Assemblea provinciale del Punjab. “L’associazione dei legali di Lahore, invece, si è schierata a difesa del potente avvocato musulmano. La minoranza cristiana” scrive ancora Asianews “esprime dubbi sull’indipendenza e l’efficacia delle indagini avviate dalla polizia”. Va detto che non stiamo parlando di un paese marginale: il Pakistan ha 180 milioni di abitanti, è addirittura una potenza nucleare e si trova in una posizione geopolitica strategica, fondamentale nella lotta occidentale al terrorismo islamico. Ma gli Stati Uniti sbagliano profondamente se si illudono di potere vincere quella guerra solo tramite la via militare, in alleanza col regime pakistano. Anche perché il Pakistan, che dovrebbe essere un pilastro di questa lotta al terrorismo, è uno dei paesi più integralisti, quello dove è stata inventata ed è tuttora in vigore la vergognosa “legge sulla blasfemia” che dà praticamente diritto di vita o di morte sui cristiani o su chi non si riconosca nel credo coranico. I cristiani lì sono una minoranza ridotta alla miseria, vessata in ogni modo. Le famiglia cristiane sono così povere che per sopravvivere sono costrette a mandare le figlie a lavorare già da bambine e in genere l’unico lavoro che possono fare è quello delle serve presso le ricche famiglia musulmane. Dove però – scrive Asianews – “sono sovente vittime di abusi e violenze fisiche, sessuali e psicologiche”. Secondo un’organizzazione per i diritti umani “in alcuni casi i loro padroni le danno in spose a domestici musulmani, obbligandole a convertirsi all’islam”. In sostanza “queste vulnerabili ragazze cristiane non godono di alcuna protezione”. La Chiesa italiana e il Vaticano si sono spesso (anche in queste ore) pronunciati in difesa degli immigrati. Giustamente. Ma chi si occupa dei poveri cristiani di quei paesi, così poveri da non poter neanche tentare di emigrare? Ragazzine come Shazia sono costrette a subire una vita infernale per una paga di 12 dollari al mese, a volte neanche corrisposta: perché la Chiesa, tramite le parrocchie, la Caritas o tante altre organizzazioni, non lancia una grande campagna per le “adozioni a distanza” di queste ragazzine cristiane? Io credo che tantissimi sarebbero disposti a dare 12 dollari al mese, cioè 8 euro al mese, per salvare queste povere fanciulle da un simile inferno. La vita di una fanciulla cristiana di dodici anni vale almeno 8 euro? Mi chiedo perché gli stessi cattolici, che nei primi secoli onoravano e veneravano le giovani cristiane martirizzate dai pagani, ignorano la sorte terribile e il martirio di tante fanciulle in molti paesi. Nei primi secoli addirittura i padri della Chiesa scrivevano pagine immortali in onore di queste fanciulle: penso al caso di sant’Agnese, martire a 16 anni. Sant’Ambrogio, san Girolamo e san Damaso esaltarono il suo esempio, la Chiesa la venera da 1700 anni, a lei ha dedicato chiese e memorie liturgiche. Mentre noi cristiani del XXI secolo neanche conosciamo i nomi dei martiri di oggi. Nel tempo dell’informazione planetaria globale i cattolici stessi ignorano la vastità e la crudeltà dell’odio anticristiano e delle persecuzioni nel mondo. Così nessuno ha mai pensato di aiutare le povere famiglie cristiane di questi paesi, né di realizzare un qualche osservatorio internazionale o un’agenzia di difesa sul modello dell’ “Anti defamation league” o di Amnesty international. Non si potrebbe sostenere di più il lavoro di associazioni come “L’Aiuto alla Chiesa che soffre”? Non si potrebbero moltiplicare gli sforzi e le organizzazioni di questo tipo? Non  potrebbero i cattolici e il Vaticano, anche in accordo con le organizzazioni cristiane protestanti (questo sarebbe il vero ecumenismo), creare ad esempio un’équipe di avvocati specializzati con la missione di fornire assistenza legale gratuita a livello internazionale, per patrocinare le cause dei cristiani perseguitati in ogni sede giuridica, politica o amministrativa? Sono domande che personalmente pongo da anni, con articoli, libri e conferenze. Ma non ho mai avuto il barlume di una risposta. Forse perché i molti uffici del Vaticano sono impegnati con tanti altri problemi delicati. Ma siamo sicuri che la tragedia dei cristiani perseguitati sia una questioncella secondaria? Siamo sicuri che non si possa fare di più? Quando leggo articoli come quello apparso ieri sul Foglio, dove Vittorio Feltri rivela che è stato “un informatore attendibile, direi insospettabile” che, riassume il Foglio, “ha spacciato per vero un documento falso sull’ex direttore di Avvenire Dino Boffo, creando il caso” e portando alle sue dimissioni, e che tutto questo è nato quando – aggiunge Feltri – “una personalità della chiesa della quale ci si deve fidare istituzionalmente mi ha contattato”, viene da chiedersi con amarezza: veramente ci sono “personalità della chiesa” che si dedicano a questo? Si deve sperare che si faccia chiarezza assoluta. E che i cattolici dedichino le loro energie ai poveretti che, nel mondo, soffrono a causa della loro fede cristiana e aspettano aiuto. - Antonio Socci - Libero -

 
 
 

C'E' SU DI NOI UN AMORE IMMENSO E FEDELE

Post n°3023 pubblicato il 31 Gennaio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

La vita è bellissima e io sono tanto contenta di esserci.
Prima di tutto desidero dire grazie a mia madre e a mio padre, perché mi hanno permesso di vivere e poi ringrazio tutti perché non sono sola: c’è attorno a me la vita preziosa di tante persone… siamo in tanti ad essere stati creati ed amati!
Sappiate che dobbiamo solo accoglierla, la vita, accoglierla e gioirne.
A volte non sorridiamo più, perché pensiamo di non essere amati. Ma non è vero! C’è su di noi e per noi un Amore immenso e fedele!
Apri le porte allora, per lasciar passare la luce, di modo che tu veda quella luce!
Lasciala filtrare anche negli spazi più intimi, e ad un certo momento quel raggio di luce si farà strada, per dire anche a te che ti senti rifiutato: ti amo, ti amo alla follia!
È un dono che ci fa Colui che ci ha creato: soltanto apriamoGli la porta; dobbiamo accogliere, dobbiamo dire “Sì, così sia”. E quando siamo pieni di amore, siamo anche ricolmi di felicità e ci viene la voglia di dare gioia a tutti, di “rimboccarci le maniche” e di servire la vita.
E prima di tutto, servi te stesso. Prima di uscire di casa, sorridi alla tua vita e lascia che quel sorriso ti doni un volto nuovo, un volto sereno, un volto di pace e di gratitudine per tutto quello che il Signore ti ha dato.
Allora “entrerai” nella vita, sarai capace di donarti, di servire anche gli altri, di restituire l’Amore ricevuto. È una “legge” dell’Amore: se non lo doni, allora non lo riconosci, non ti accorgi di quanto ne stai ricevendo… e poi incominci a pensare a qualche modo per trovarlo, lo vai a cercare chissà dove, elemosini l’affetto, la comprensione, la stima… ma questo è dipendenza ed egoismo, è la morte del cuore!
Vuol dire che quando siamo un po’ amareggiati e chiusi, è perché non stiamo amando e non stiamo servendo; è lì la radice della tristezza.
È un’esperienza che abbiamo fatto tutti, ma oggi possiamo scegliere, perché abbiamo vissuto anche la gioia, la speranza, il bene, il dono di noi!
A volte sembra che tutto svanisca, che sia stato solo un sogno… ma non è vero. Noi siamo nati per amare, non per mendicare l’amore e abbiamo sperimentato che Colui che ci ha creati, ci dà Amore senza misura: è Lui la sorgente inesauribile della Vita.
Facciamo questi passi di verità e di coraggio. Il Signore fa grandi cose: le ha fatte e le farà ancora, per noi e per tutti quelli che Gli aprono le porte del cuore.
Il “segreto” è la fiducia in Lui, è la fede che, come dice Gesù, smuove le montagne.
Quella fede sicura che è bene, è forza, è libertà, è amore, è servizio, è stupore… è vita! - di Suor Elvira Petrozzi - atempodiblog

 
 
 

SALVIAMO LA BELLEZZA DELL'UOMO DALLA LEBBRA

Post n°3022 pubblicato il 31 Gennaio 2010 da diglilaverita
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Il 31 gennaio 2010, 57a Giornata mondiale dei malati di lebbra, non sarà solo un giorno "contro" la diffusione di una malattia, ma soprattutto una giornata "per" la diffusione di un contagio speciale: il contagio della dignità e della bellezza di ogni persona Salviamo la bellezza dell'uomo dalla lebbra. Concetto svilito dalla superficialità delle mode correnti, eppure vivo grazie alle più nobili espressioni artistiche del passato e del presente, la bellezza rappresenta il legame più profondo tra l'uomo e la natura.  Ogni persona è portatrice di una bellezza che costituisce l'essenza della nostra umanità. La lebbra è una malattia carica di simbolismo, anche per questo: priva la persona della sua armonia esteriore, e induce chi osserva a considerare il malato mutilato della sua stessa dignità umana. Salvare la bellezza dell'uomo significa dunque restituire alle persone il rispetto pieno della loro dignità di esseri umani, non solo salvare il loro corpo dalle mutilazioni. Da qui il claim che AIFO ha adottato per la 57a Giornata mondiale dei malati di lebbra: salviamo la bellezza dell'uomo dalla lebbra. Una malattia da cui oggi si può guarire con facilità grazie ai farmaci, ma che colpisce ancora oltre 250.000 persone ogni anno nel mondo. Un problema ignorato dai mass media perché lontano dalla nostra vita di ogni giorno, e tuttavia ancora drammaticamente attuale, un male che ancor più delle altre malattie dimenticate testimonia la condizione di povertà estrema, la privazione dei più elementari diritti sociali e sanitari che colpisce gran parte dell'umanità. Oggi la Giornata mondiale dei malati di lebbra continua a rappresentare per l'AIFO un impegno fondamentale per dar voce agli Ultimi. Ogni anno i volontari AIFO organizzano in tale giornata la distribuzione del Miele della Solidarietà, allestendo banchetti in centinaia di piazze italiane e coinvolgendo altre associazioni, istituzioni, cittadini. L'iniziativa mira a sensibilizzare la popolazione nei confronti della lebbra e dei temi legati allo sviluppo socio-sanitario nei Paesi a basso reddito, e a raccogliere fondi a favore dei progetti promossi dall'AIFO per la cura dei malati di lebbra. Il miele utilizzato proviene da piccoli produttori delle aree rurali della Croazia attraverso il circuito del Commercio equo e solidale. L'AIFO ha compiuto questa scelta per incrementare il suo impegno nella creazione di rapporti basati sulla giustizia e sulla solidarietà. I sacchetti di iuta che contengono i vasetti sono confezionati da persone guarite dalla lebbra grazie al progetto Sumana Halli a Bangalore, in India, da noi sostenuto. Il ricavato finanzierà la cura dei malati in India. Tra le iniziative organizzate per la Giornata mondiale grande importanza assumono gli incontri di sensibilizzazione presso scuole, parrocchie ed altre istituzioni svolti in tutta Italia dai Testimoni della Solidarietà, persone direttamente impegnate nei progetti AIFO all'estero, che per l'occasione si fanno promotrici di consapevolezza presso la società civile, testimoniando il loro servizio agli Ultimi. Anche il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e il Santo Padre, hanno rivolto un saluto all'AIFO per tale ricorrenza, a testimonianza del ruolo di primo piano che l'AIFO continua a ricoprire a livello internazionale. Queste le parole pronunciate da Papa Benedetto XVI in occasione dell'Angelus dello 27 gennaio 2008: "Oggi si celebra la Giornata mondiale dei malati di lebbra, iniziata 55 anni fa da Raoul Follereau. A tutte le persone che soffrono per questa malattia rivolgo il mio affettuoso saluto assicurando una speciale preghiera, che estendo a quanti, in vari modi, si impegnano al loro fianco, in particolare ai volontari dell'Associazione Amici di Raoul Follereau". La 57a Giornata mondiale dei malati di lebbra gode del Patrocinio del Segretariato Sociale RAI e della collaborazione ufficiale di Banca Etica, AGESCI, GIFRA (Gioventù Francescana), SISM (Segretariato italiano degli studenti di Medicina), AIAC (Associazione Italiana Allenatori di Calcio) e della Lega Calcio italiana. - www.aifo -

 
 
 

DON BOSCO ANCORA OGGI CI DICE....

Post n°3021 pubblicato il 31 Gennaio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Spesso ci si chiede: cosa farebbe san Giovanni Bosco per i ragazzi e i giovani di oggi che spesso sono e si sentono soli ed abbandonati, cosa gli direbbe, quali consigli darebbe a loro e anche agli adulti che li seguono e li accompagnano? Ripensando alla vita di questo grande santo, a ciò che ha fatto per i giovani e i ragazzi che ha incontrato penso che li inviterebbe prima di tutto a credere nelle proprie capacità, ad avere fiducia in sé stessi e cura della propria persona e della propria anima. Egli ci insegna che ogni ragazzo sa sognare in grande, è capace di  grandi cose l’importante, però, è che possa incontrare adulti ed educatori che lo sostengano nella vita e nelle scelte quotidiane, che gli diano fiducia e lo aiutino a sperare e a credere nelle persone che lo circondano. Don Bosco è vissuto in un’epoca molto diversa ma, contemporaneamente, anche molto simile a quella in cui viviamo noi oggi. Sicuramente, in quegli anni, non c’erano le possibilità economiche e le comodità che ci sono oggi, alcune grandi e importanti scoperte ed invenzioni dovevano essere ancora fatte; molto forte, oltre alla povertà materiale, era la povertà morale e la fragilità in cui viveva la gente e, di conseguenza, anche i ragazzi e i giovani non ne erano esenti. Si ritrovavano spesso a dover vivere per strada, abbandonati dalla famiglia, senza punti di riferimento e valori in cui credere e su cui fondare la propria esistenza. Ma don Bosco, diversamente da ciò che faceva la maggior parte degli adulti, voleva bene ad ogni ragazzo ricercando il “bene personale” di ognuno. Non ha mai chiesto a nessuno di essere una persona diversa da ciò che era anche se chiedeva, a tutti coloro che incontrava, l’impegno nel compiere un cammino personale. Sapeva parlare al cuore di ciascuno in maniera personale, perchè in tal modo raggiungeva ciò che occupava la mente dei ragazzi, svelava la porta degli avvenimenti della loro vita, faceva loro comprendere il valore dei comportamenti e dei sentimenti, toccando la profondità della coscienza. E così ad un giovane trovava il lavoro, ad un altro dava sostegno nello studio, ad altri dava da dormire e da mangiare, ad un altro la preparazione per incontrare Gesù nella Prima Comunione e crescere in un cammino di fede. C’è una frase che don Bosco ripeteva sempre ai suoi giovani: “Desidero vedervi felici nel tempo e nella eternità”. Ecco, allora, quello che Don Bosco ripete ancora oggi ai ragazzi e ai giovani: voglio che voi siate persone felici e realizzate, contente di ciò che siete perché ognuno è unico e irripetibile perché amato e voluto prima di tutto da Dio. Ma perché ogni ragazzo e ogni giovane possa diventare una persona pienamente realizzata  è necessario che incontri, nel suo cammino, adulti ed educatori che lo amano e rispettano per ciò che è, che sappiano valorizzare la sua originalità senza pretendere di rendere tutti uguali, gli adulti devono maturare la consapevolezza che ogni ragazzo è dono e opera di Dio. Una comunità che si ponga come priorità questo rispetto dei giovani  può trovare in Don Bosco un’ottima guida. A volte parlando con alcuni adulti, anche nelle nostre comunità cristiane, è facile trovare persone che hanno un’idea negativa dei ragazzi e con facilità li giudicano e li criticano. E’ importante, allora, riacquistare fiducia e speranza nei giovani proprio come ha saputo fare Don Bosco che ripeteva sempre “In ognuno di questi ragazzi, anche il più disgraziato, v'è un punto accessibile al bene. Compito di un educatore è trovare quella corda sensibile e farla vibrare”, saper guardare a loro in modo positivo e propositivo. E’ necessario, quindi, che ci  siano adulti disposti a dialogare e a condividere tra loro per riuscire ad elaborare proposte valide che diano la possibilità  ai ragazzi di esprimersi senza paura di essere etichettati o giudicati. C’è bisogno di adulti che siano disposti a perdere tempo per stare con i ragazzi perchè, come consigliava Don Bosco, essere tra loro è uno dei metodi più efficaci per imparare a conoscerli e farsi conoscere da loro. Don Bosco, con i suoi collaboratori, insisteva e ribadiva continuamente l’importanza dello stare tra i ragazzi per riuscire a trovare “la parola giusta al momento opportuno” per ogni ragazzo che lui chiamava “la parolina all’orecchio”. E’ necessario che il mondo degli adulti riacquisti fiducia e speranza nei ragazzi e nei giovani ma è solo conoscendoli, dialogando con loro che questo può avvenire. La pedagogia e lo stile educativo di Don Bosco sono riassunti nel suo Sistema Preventivo che ha come pilastri la ragione, la religione l’amorevolezza e ci invita a guardare al giovane in tutta la sua interezza senza dimenticare nessuna dimensione della persona, con ottimismo e simpatia  e con un atteggiamento di grande rispetto e comprensione. Il ragazzo non solo deve essere amato deve sentire di essere amato da chi gli è vicino. Solo così si potranno creare le condizioni perché il giovane cresca in modo sereno ed equilibrato. (...) ’è poco da dire sulla difficoltà di educare, sull’emergenza educativa che sentiamo così preoccupante: dobbiamo tornare ad ascoltare, a mettere al centro del compito educativo il dialogo con i nostri ragazzi. Non si tratta di creare nuove scuole di pedagogia o di strutturare nuovi corsi: solo l’ascolto paziente e serio può fare spazio al dialogo educativo. Perché in realtà non è che manchino le domande, anzi la risposta alle domande dei ragazzi, forse arroganti e pretestuose, spesso inespresse ma esigenti, rimane l’unica possibilità di educare. Ascoltare la domanda di felicità, ma anche la domanda di proposte alte, di sfide esigenti. Quello che ci mette in difficoltà è che devono essere proposte sfide che vengono da adulti credibili. C’è bisogno di padri che accolgono e sanno con fiducia spingere a navigare il mare aperto, non di padri capaci solo di consolare. Don Bosco fu così: un padre amorevole, ma anche esigente, capace di tenerezza ma ricco di proposte entusiasmanti e coinvolgenti, al limite delle temerarietà. Ma per educare dobbiamo diventare casa e famiglia per chi non ne ha. O ne ha troppo poca, come tanti ragazzi anche oggi. Una sera di maggio. Piove a catinelle. Don Bosco e sua madre hanno appena terminato la cena, quando qualcuno bussa al portone. È un ragazzo bagnato e intirizzito, sui 15 anni.

“Sono orfano. Vengo dalla Valsesia. Faccio il muratore, ma non ho ancora trovato lavoro. Ho freddo e non so dove andare”...

“Entra - gli dice don Bosco -. Mettiti vicino al fuoco, che così bagnato ti prenderai un accidente”.

Mamma Margherita gli prepara un po’ di cena. Poi gli domanda:

“E adesso, dove andrai?”.

“Non lo so. Avevo tre lire quando sono arrivato a Torino, ma le ho spese tutte”. Silenziosamente si mette a piangere . “Per favore, non mandatemi via” .

Margherita pensa alle coperte che hanno preso il volo.

“Potrei anche tenerti, ma chi mi garantisce che non mi porterai via le pentole?”.

“Oh no, signora. Sono povero, ma non ho mai rubato”.

Don Bosco è già uscito sotto la pioggia a raccogliere alcuni mattoni. Li porta dentro e fa quattro colonnine su cui distende alcune assi. Poi va a togliere dal suo letto il pagliericcio e lo mette lì sopra. “Dormirai qui, caro. E rimarrai finché ne avrai bisogno. Don Bosco non ti manderà mai via”. La sua buona madre lo invitò a recitare le preghiere. “Non le so”, rispose. “Le reciterai con noi” gli disse. E così fu. Di poi gli fece un sermoncino sulla necessità del lavoro, della fedeltà e della religione. Era il primo orfano che entrava nella casa di don Bosco. Alla fine dell’anno saranno sette. Diventeranno migliaia. Il secondo fu un ragazzo dodicenne “di famiglia civile”. Don Bosco lo incontrò sul viale San Massimo (oggi corso Regina Margherita). Piangeva con la testa appoggiata a un olmo. Non aveva più padre. La madre gli era morta il giorno prima, e il padrone di casa l’aveva messo fuori, prendendosi le masserizie per rifarsi del fitto non pagato. Don Bosco lo condusse da mamma Margherita e gli trovò un posto presso un negozio come commesso. Riuscì a farsi una buona posizione, e rimase sempre amico del suo benefattore. L’imbroglio della nostra coscienza è credere che queste siano storie di ieri. E invece sono le storie di oggi, di casa nostra e di lontano. Volere bene a don Bosco, celebrarne la memoria non è allora fare feste e scrivere libri, cose pur buone e necessarie. Celebrare davvero don Bosco è riproporlo vivo oggi, con l’impegno di chi sapendo di essere stato amato diventa capace di amare. A voi tutti cari amici che in ogni angolo del mondo siete capaci di ascoltare e consolare il pianto di tanti “piccoli”, a voi che avete il coraggio di entusiasmare alla vita chi pensava di averne perduto ogni motivo, a voi che in carcere date coraggio a chi si sta ricostruendo un significato, a voi che in comunità e in case famiglia fate sentire il calore rigenerante di avere un padre e una madre a voi che nei centri diurni insegnate la gioia del lavoro quotidiano e dello stare insieme, a voi che nel freddo di città sempre meno accoglienti insegnate la gioia di essere cittadini, a voi tutti: buona festa di don Bosco: nei vostri occhi ritroviamo il suo sguardo. Che è quello di Dio. - donboscoland -

 
 
 

SAN GIOVANNI BOSCO E LE APPARIZIONI DEI DEFUNTI

Post n°3020 pubblicato il 31 Gennaio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Il 31 gennaio il calendario della Chiesa ci fa festeggiare san Giovanni Bosco Che è patrono dei giovani e, per aver dato un grande impulso alla stampa cattolica attraverso tipografie e riviste, anche degli editori cattolici. Giovanni Bosco nacque il 16 agosto 1815 a Castelnuovo d’Asti. Figlio di poveri contadini a vent’anni decise di entrare, come esterno, in seminario. Dovendo pagare la pensione mensile, Giovanni dovette lavorare molto pur di racimolare qualche soldo per coprire le spese di vitto e di alloggio. Nelle domeniche e nei giorni festivi egli si dedicava ai giovani. Per loro fondò la “Società dell’allegria”, preludio della fondazione dell’Oratorio, stabilendo le basi di uno dei cardini del suo sistema educativo. Ordinato sacerdote il 5 giugno 1841 il giorno dopo celebra la sua prima messa all’altare dell’Angelo custode nella chiesa di san Francesco d’Assisi a Torino. Don Bosco intuì la propria vocazione all’apostolato della gioventù visitando un gruppo di giovani detenuti in carcere. Da quel giorno impegnò ogni sua energia per evitare che tanti giovani si perdessero su strade sbagliate. Fondò l’istituto religioso dei Salesiani e quello femminile delle Figlie di Maria Ausiliatrice, ai quali infuse il suo spirito di amore e di dedizione per l’educazione cristiana della gioventù. Morì a Torino il 31 gennaio 1888. Fu canonizzato il 1 aprile 1934 da papa Pio XI. Don Bosco ebbe numerose apparizioni di defunti. Sono note, tra le altre, quella del suo amico e compagno di seminario Luigi Comollo, quella di san Domenico savio e quella della mamma Margherita, recentemente beatificata. Con il Comollo egli aveva fatto il patto che il primo tra di loro che fosse morto, sarebbe andato dall’altro a portargli notizie dell’aldilà. Comollo morì il 2 aprile del 1839 all’età di ventidue anni, e, nelle 48 ore successive alla sua morte, a don Bosco capitò il seguente fatto, qui riferito con le sue stesse parole: “ Nella notte tra il 3 ed il 4 aprile ero a letto in un dormitorio di circa 20 seminaristi. Verso le undici e mezzo, un cupo rumore si fa sentire nei corridoi. Sembrava che un gran carro tirato da molti cavalli si andasse avvicinando alla porta del dormitorio. I seminaristi si svegliano, ma nessuno parla. Io ero impietrito nel terrore. Il rumore avanza ancora. Si apre violentemente la porta. Fu allora che si udì la chiara voce del Comollo dire tre volte: “ Bosco, io sono salvo!”. Poi il rumore cessò. I miei compagni erano balzati dal letto, alcuni si stringevano attorno al prefetto della camerata don Giuseppe Fiorito di Rivoli. Fu la prima volta che ricordo di aver avuto paura. Uno spavento tale che in questo momento avrei preferito morire. Quello spavento mi causò una grave malattia che mi portò vicino alla tomba”. Un uomo sui trentacinque anni, vedovo, padre di due figli, viveva in Torino all’epoca di don Bosco. Conduceva una vita depravata da bestemmiatore e da non praticante della Messa. Avvicinandosi il 2 novembre, giorno della commemorazione di tutti i defunti, sua madre gli disse: “ Ricordati del tuo povero padre morto già da vari anni, e prega per lui”. Parole che lo stizzirono. “ Che pregare? Se è all’inferno o in paradiso non ha più bisogno delle nostre preghiere, se è in purgatorio, a suo tempo uscirà”. La madre, amareggiata non osò replicare. L notte seguente, parve alla donna di udire qualche strano rumore nella camera del figlio. Al mattino, vedendolo stravolto come chi avesse passato una cattiva nottata, gli disse: “ Stanotte mi è parso di udire un certo rumore nella tua camera…”. “ Che rumore?! Voi donne piene di superstizioni, delle quali i preti vi riempiono la testa”. Troncò il discorso, prese il cappello e bruscamente uscì di casa. La madre si persuase che il figlio aveva passato davvero qualche brutto momento. All’avvicinarsi della sera l’uomo sembrò preoccupato. All’ora solita si ritirò in camera. In realtà strani rumori li aveva uditi anche lui la notte precedente. Non era un tipo pauroso. Tuttavia prima di mettersi a letto esaminò accuratamente ogni angolo della stanza, per assicurarsi che nulla potesse produrre qualche insolito fenomeno; tolse e rimise i mobili al loro posto, guardò sotto il letto, e si coricò. Dinanzi alla finestra, all’esterno, correva un lungo ballatoio che dava accesso ad altre stanze. Il letto era posto di fronte alla finestra. Quella sera era illuminata dal chiarore pallido della luna. A un tratto udì qualche passo strascicato che gli fece pensare a quello di suo padre quando passeggiava per casa in pantofole. Si alza a sedere sul letto, impaurito, e osserva con gli occhi sbarrati il ballatoio dal quale veniva lo strascico dei passi. Ed ecco al di là della finestra passar l’ombra di suo padre: proprio lui, il suo vestito, la sua statura, il suo modo di camminare. Andò oltre e poi ripassò dinanzi alla finestra ritornando indietro. Poi l’ombra si ferma dinanzi all’invetriata, e dopo qualche momento, benché quella rimanesse chiusa, entra nella stanza e si mette a passeggiare su e giù ai piedi del letto. In preda all’ansia, quell’uomo trova il coraggio di domandare: “ Papà, avete bisogno di qualche cosa da me?”. Nessuna risposta; l’ombra continua a passeggiare. Dopo qualche istante il figlio riprende: “ Papà avete bisogno di preghiere? Ditemelo! Il padre si ferma, si volge al figlio e con voce fioca risponde: “ Io non ho bisogno di nulla”. “ Ma dunque, perché siete venuto?”. “ Sono venuto per dirti che è tempo di finirla con gli scandali che dai ai tuoi figli, quelle anime semplici che tu avresti dovuto conservare innocenti. Quei poveretti imparano da te la bestemmia, l’irreligione, il disprezzo della Chiesa e dei suoi ministri, la condotta scostumata. Sono venuto per dirti che Dio è disgustato e tantooffeso, e che se tu non ti emendi saprai fra poco quanto pesino i suoi castighi. No, non pregare per me; a suo tempo, come dici tu, uscirò dal Purgatorio. Pensa ai casi tuoi!”. “Papà…”. L’ombra, che stava per andarsene verso la finestra, si volse e disse: “ Cambia vita!”. E disparve. Al mattino seguente la madre condusse il figlio da don Bosco. L’uomo si confessò e pianse per i suoi peccati. Nell’agosto del 1860, san Giovanni Bosco, mentre tornava all’Oratorio, vide a Torino, nelle vicinanze del santuario della Consolata, la sua mamma defunta Margherita. “ Ma come! Voi siete qui?”, le chiese, “ Non siete morta?”. “ Sono morta, ma vivo” gli rispose la defunta. “ E sei felice?” “ Felicissima!”Don Bosco le chiese se dopo morta fosse entrata subito in Paradiso, ma ella gli rispose di no. Avendole poi chiesto quanto godesse in Paradiso, la mamma gli rispose di non poter darglielo ad intendere per mezzo delle sole parole. - don Marcello Stanzione - Pontifex -

 
 
 
 
 

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Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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