ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 09/02/2010

ELUANA E MASSIMILIANO DUE VITE PARALLELE PER UN LUNGO TRATTO

Post n°3075 pubblicato il 09 Febbraio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Due vite parallele, quelle di Eluana e Massimiliano, almeno per un lungo tratto: hanno entrambi 21 anni quando un incidente d’auto, a pochi mesi l’uno dall’altro, interrompe il corso normale della vita e spazza via pensieri, azioni, speranze. Per entrambi è l’inizio del lungo sonno, chiusi in un corpo che sembra non comunicare più nulla a nessuno. Poi nella vita di Max succede qualcosa e tra i due giovani è il bivio: «Dopo quasi 10 anni di stato vegetativo, la sera di Natale del 2000 Max ha sollevato la mano e ha fatto da solo il gesto che gli avevo sempre fatto fare io, il segno della Croce. Credevo di essere impazzita» .

 

          Così Lucrezia Tresoldi, la mamma che, con il marito Ernesto, aveva passato giorni e notti attorno a quel figlio, parlandogli, muovendogli braccia e gambe, stimolandolo senza sosta.

          Qual era stata la diagnosi?

          Il cervello era così lesionato che i medici escludevano nel modo più assoluto qualsiasi ripresa anche parziale. Un neurologo fece un paragone: Max era come una centralina elettrica, se tagli i fili non ci sarà mai più alcun contatto. Sulla cartella clinica scrivevano ogni giorno ' non collabora'. Non vedevano segni di risposta, loro.

          Perché, voi li vedevate?

          Io un giorno colsi il movimento di un mignolo. Ma i neurologi dissero che era un riflesso condizionato, che mi illudevo. Negli anni quante volte ci hanno dato degli illusi o dei visionari...

          Oggi i fatti vi danno ragione, ma in effetti non era facile credervi, allora.

          Il fatto incredibile è che quelle lesioni cerebrali Max le ha ancora, come rileva la risonanza magnetica, il che prova quanto poco si sappia del cervello umano. Per tanti anni nessun segno di coscienza. Poi? Dopo nove anni di stato vegetativo abbiamo visto un sorriso. I neurologi sostenevano che era uno spasmo involontario, ma la cosa si ripeté e mai per caso, sempre quando gli amici di Max lo venivano a trovare. Un anno dopo, quando nostro figlio si è risvegliato, ci ha spiegato quei sorrisi...Durante quei lunghi dieci anni Massimiliano era sempre stato ' qui', con noi, solo che non poteva comunicarlo. Al risveglio ricordava perfettamente chi in passato era venuto a trovarlo, raccontava episodi avvenuti in camera sua...

          Quanto conta che lo abbiate portato a casa e la famiglia gli sia sempre stata accanto?

          Gli studi dimostrano che lo stimolo maggiore per questi casi è proprio il contatto con i genitori. Anche l’infermiere più bravo non potrà mai trasmettere le sensazioni, i rumori, gli 'odori' della famiglia, soprattutto l’amore, che sul cervello ha effetti molto forti. Quando lo abbiamo portato a casa, dopo 8 mesi di ospedali e di sondino, aveva già ricevuto l’estrema unzione, non poteva più deglutire, pesava 39 chili, era tutto piagato, aveva 40 di febbre. Noi a casa gli abbiamo tolto il sondino e, cucchiaino per cucchiaino, lo abbiamo imboccato con i frullati, a ogni sorso gli muovevamo il collo perché imparasse il movimento giusto. Ci sono voluti mesi.

          Il giorno prima della morte, l’équipe di Udine ha provato a far bere acqua a Eluana per dimostrarne l’incapacità.

          Una follia: a una persona in agonia? E con i liquidi Max si strozza anche oggi che mangia spaghetti e cotolette. Comunque ci vogliono mesi e mesi di esercizio costante, dopo anni di sondino.

          Max accetta la sua disabilità?

          È un ragazzo felice e ringrazia Dio se tre medici su cinque si opposero al distacco dalle macchine. Da un mese a questa parte sta pronunciando sempre nuove parole e ora ha il sogno di camminare, grazie a uno speciale ausilio che però aspettiamo dall’Asl... Lo vedremo mai?

          Che aiuti ricevete dalla Asl?

         Tre ore a settimana di fisioterapia, cioè zero. Ci siamo comprati il letto antidecubito, l’aspiratore per il catarro, la palestra. Solo da un anno ci possiamo permettere il logopedista, ma quanti anni fa Max avrebbe parlato, se le sedute fossero iniziate prima? Perché nessun genitore in questo anno ha seguito la via aperta da Englaro? Tutti combattono per ottenere gli aiuti e garantire a questi figli le cure cui hanno diritto, non per farli morire. Magari avessimo tutti le suore Misericordine.

Fonte:  - Lucia Bellaspiga - avvenire -

 
 
 

" SE LA VITA SI RIANIMA"

Post n°3074 pubblicato il 09 Febbraio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Tra i tanti incontri e le numerose iniziative in ricordo di Eluana Englaro, spicca la presentazione del libro ''Se la vita si rianima. Cronache di bioetica e speranza dall'ospedale di Eluana'', edito dalla Ares e scritto da Giuseppe Baiocchi, giornalista e scrittore, e Patrizia Fumagalli, dirigente medico di primo livello nel reparto di Neurorianimazione dell'ospedale di Lecco. Il libro affronta il tema attualissimo del valore della vita soprattutto quando sono presenti malattia e grave disabilità, raccontando cosa accade nella corsia di un reparto di rianimazione. Nella prefazione al volume, Giancarlo Cesana chiede: "Se la vita si rianima; se un malato dichiarato in stato vegetativo persistente inaspettatamente si risveglia; se una persona gravemente menomata scopre di poter vivere un'esistenza normale e stranamente felice: se accade ciò, noi siamo pronti ad accettarlo?". Gli autori spiegano nella premessa che "rianimazione, per la lingua italiana, è uno splendido termine che significa restituzione e ripresa di vitalità, di animazione, di fiducia, di coraggio...", ma nel logorio del linguaggio comune questo termine ha finito per associarsi quasi esclusivamente a un senso prevalente di sconfitta, di anticamera della fine, di tempio appartato dove si compiono i riti misterici di una scienza sempre meno traducibile al comune sentire. Dietro al vetro opaco o alla porta di un reparto di rianimazione, precisano gli autori, "si muove una affiatata comunità di lavoro che conquista di frequente guarigioni impensate, che allevia la sofferenza della vita in declinare, che accompagna con decoro il passaggio della morte, che, nel caso, compie la rispettosa procedura del prelievo degli organi per la donazione". Il libro racconta di "quell'ospedale di Lecco dove, in una fredda notte di gennaio, arrivò, ferita, una giovane di nome Eluana Englaro..." e riflette sull'impegno di giorno e di notte, tutti i giorni e tutte le notti, dei medici e del personale sanitario che è ben consapevole "che ogni persona è unica e irripetibile e per ognuna c'è un tragitto peculiare da seguire nel vincolo di Ippocrate e nel possibile supplemento di umanità". Cesana ricorda nella prefazione che gli ospedali sono nati all'inizio del Medioevo e non "perché si sapessero curare le malattie", visto che "fino all'inizio del secolo scorso le possibilità di trattamento erano risibili". Gli ospedali sono nati per "ospitare", per accogliere e assistere gli uomini e le donne in difficoltà, colpiti dalla sventura, in cui spesso malattia e miseria facevano tutt'uno. "Con la Risurrezione di Cristo - ha sottolineato Cesana -, la morte, di cui la malattia era massimo presagio, non era più l'ultima parola sulla vita, ma la certezza - o la speranza, che è lo stesso - della vittoria della vita era diventata dominante. Malattia e morte non avevano perduto il loro carico di dolore e di spavento, ma si potevano affrontare. Di più: erano partecipazione alla sofferenza salvatrice di Cristo". "Il merito di questo libro - ha concluso Cesana - è di mostrare come la potenza medica, pur migliorando non poco l'esistenza, non sposti di una virgola il problema originale. Proprio laddove l'intervento è più sofisticato, per le caratteristiche di urgenza e gli strumenti utilizzati, è anche richiesta l'ostinazione della assistenza, spesso contro ogni immediata evidenza". Il libro "Se la vita si rianima" verrà presentato a Lecco martedì 9 febbraio alle ore 21.00 nell'Auditorium Casa dell'Economia, in via Tonale 30. A presentare il testo ci saranno il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, il prof. Giancarlo Cesana, Presidente della Fondazione Irrccs Ca' Granda - Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, il prof. Biagio Allaria, direttore del board scientifico di Medical Evidence Italia, e Marco Tarquinio, direttore di ''Avvenire'', che modererà l'incontro. L'iniziativa è stata sostenuta anche dal Centro Culturale Alessandro Manzoni e dall'Associazione Liberi di educare - Liberi di costruire, così come dalla FederVita Lombardia, con il concorso particolare del Movimento per la Vita di Lecco. - Antonio Gaspari - Zenit -

 
 
 

A UN ANNO DALLA MORTE, MAI PIU' UN'ALTRA ELUANA: LA CONFERMA ANCHE DALLE ULTIME SCOPERTE SCIENTIFICHE

Post n°3073 pubblicato il 09 Febbraio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Oggi anche chi spesso tergiversa su questi temi non può trovare scappatoie, le parole di Benedetto XVI sono forti e chiare: "Il sostegno all'eutanasia colpisce il cuore stesso della concezione cristiana di dignità della vita umana. Gli sviluppi recenti nell'etica medica e alcune pratiche propugnate nel campo dell'embriologia sono motivo di preoccupazione. Se l'insegnamento della Chiesa è compromesso, anche solo leggermente, in una di queste aree, allora diventa difficile difendere la pienezza della dottrina cattolica in modo integrale". E’ urgente che anche nella pastorale e nelle comunità ecclesiali locali si mettano al centro i temi antropologici come richiamava anche l’EV n. 95: "si deve cominciare dal rinnovare la cultura della vita all’interno delle stesse comunità cristiane". In Italia proprio il 9 febbraio ricorre l’anniversario dei tragici fatti che hanno portato alla morte di Eluana. Ancora una volta si deve alzare forte il richiamo ad approvare una legge che impedisca in Italia ogni forma di eutanasia. Prima della morte di Eluana appariva ragionevole contrastare ogni intenzione di intervento legislativo. L’ordinamento sanciva già il principio di indisponibilità della vita umana. Ma dopo la morte di Eluana la legge è divenuta indispensabile. Una parte della magistratura ha scavalcato il diritto, norme costituzionali e codice di deontologia medica, posti a difesa dell’inviolabilità e indisponibilità della vita umana. Il "testo Calabrò" è una buona proposta di legge perché salva il principio di indisponibilità della vita umana, interpreta correttamente l’art. 32 della Costituzione: il preteso "diritto alla morte" non è compreso nel diritto alla salute ed anzi è con esso in radicale antitesi. Deve riconoscersi l’esistenza di un principio di preferenza per la cura, piuttosto che per la non cura; l’art. 32 presuppone che l’attività del medico sia un’attività doveristica in quanto il medico opera la tutela della salute. Il DDL dice esplicitamente "no all’eutanasia" e attribuisce alle dichiarazioni anticipate di trattamento un ruolo di continuazione nel tempo dell’alleanza terapeutica "tra medico e paziente, escludendone ogni efficacia vincolante per il primo nel caso di perdita di coscienza del secondo", recependo così quanto scritto dal CNB nel 2003 e nel Codice di Deontologia Medica del 2006 (artt.16 e 17 e 22 ). Riconosce il carattere non terapeutico della idratazione e alimentazione conformemente alla loro natura di mezzi di sostegno vitale, come indicato anche nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (New York 2006). Riguardo al dibattito bioetico in cui vengono normalmente contrapposti il valore della vita e quello della libertà, tale contrapposizione è impropria e fuorviante. L’autodeterminazione non è sinonimo di individualità autosufficiente. La libertà non è solo libertà-di-scelta, libertà è una dote intrinseca all’uomo, la libertà di scelta è e deve essere la libertà-per il bene, è libertà-con gli altri cioè relazione, una dimensione intrinseca dell’uomo infatti è il suo essere in relazione con gli altri e con Dio, la libertà non può quindi prescindere da questo essere in relazione con, e quindi ad esso deve essere commisurata. Riguardo poi allo scottante problema della perdita di coscienza, e quindi al caso di stato vegetativo permanente, innanzitutto bisogna chiarire che in questi casi non c’è la morte cerebrale, le cellule cerebrali sono vive e mandano segnali elettrici. Il paziente può respirare in modo autonomo, «mantiene una vitalità circolatoria, respiratoria e metabolica e un controllo sulle cosiddette funzioni vegetative (esempio temperatura corporea, pressione arteriosa, diuresi, ecc...)». I riflessi dei nervi cranici e i riflessi respiratori sono mantenuti; le funzioni cerebrali «mantengono una certa vitalità, sebbene ridotta». Colpisce che proprio ad un anno dalla morte di Eluana gran parte della stampa dia grande risalto ad un recente lavoro scientifico che, confrontando le reazioni cerebrali alle stesse domande, da parte di un paziente in stato vegetativo e di un soggetto sano, ha riscontrato attraverso la risonanza magnetica funzionale che erano uguali. Hanno chiesto ad un paziente in stato vegetativo di pensare di giocare a tennis o di stare in casa e hanno così visto che si «accendevano», rispettivamente, la corteccia motoria (quella appunto legata ai movimenti) e quella spaziale (che colloca una persona nello spazio) proprio come in un paziente sano; è stato dimostrato che se si mette davanti agli occhi di uno di questi malati una fotografia di persone care, e si fa una risonanza magnetica funzionale, si vede l’accensione di una attività cerebrale. Questi studi sono stati pubblicati anche su "The New England Journal of Medicine". Che impatto avrebbero avuto queste notizie nei giorni in cui invece molti giornali parlavano solo di "staccare la spina" ad Eluana? Perché tacere verità già note? In un altro studio firmato per la rivista scientifica «BioMedCentral Neurology», uno specialista ha scritto di ritenere tutt’altro che isolate le circostanze in cui si è trovato un suo giovane paziente belga: urlava ma nessuno lo sentiva, fino a quando con nuove tecniche hanno scoperto che l’attività cerebrale non era interrotta e sono riusciti a mettersi in contatto con lui. «Al 41 % di chi è in stato di minima incoscienza viene diagnosticato erroneamente uno stato vegetativo - sostiene il medico - mentre sappiamo che tutti coloro che risultano consapevoli possono essere curati e compiere progressi significativi». L’imprecisione delle diagnosi in questi casi come in molti altri, in cui si diagnostica una morte prossima, e poi vengono smentite dai fatti, devono richiamare che il vero pericolo è l’abbandono terapeutico del malato, come mostrano l’esperienza inglese dopo l’approvazione del Suicide Act e la deriva olandese o dell’Oregon dove le morti per suicidio assistito sono quadruplicate dopo approvazioni di leggi che ne hanno legalizzato la pratica. E’ urgente un impegno educativo e di formazione che coinvolga tutti, le parrocchie e le associazioni. La misericordia non va confusa con la mancanza di coraggio. Sono ancora oggi attuali le parole di Giovanni Paolo II nell’Evangelium Vitae (EV n. 95) : "Urgono una generale mobilitazione delle coscienze e un comune sforzo etico, per mettere in atto una grande strategia a favore della vita. Tutti insieme dobbiamo costruire una nuova cultura della vita. […] L'urgenza di questa svolta culturale è legata alla situazione storica che stiamo attraversando, ma si radica nella stessa missione evangelizzatrice, propria della Chiesa. Il Vangelo, infatti, mira a «trasformare dal di dentro, rendere nuova l'umanità»; è come il lievito che fermenta tutta la pasta (cfr. Mt 13, 33)". - Tanduo, Luca e Paolo - culturacattolica -

 
 
 

CRESCE LA DEVOZIONE PER GLI ANGELI CUSTODI

Post n°3072 pubblicato il 09 Febbraio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Seppure l'esistenza, la presenza e la realtà degli angeli custodi sia espressa chiaramente nelle Sacre Scritture e nella tradizione millenaria della Chiesa, la devozione agli angeli, soprattutto nel periodo post-conciliare è stata banalizzata e addirittura respinta. Nel mondo secolarizzato gli angeli sono addirittura diventati oggetto di spiritualismo, irenismo e la loro banalizzazione ha preso piede anche all'interno dei movimenti "new age". Per far conoscere la realtà angelica, il loro ruolo nella realtà, nella tradizione e nella devozione cattolica, don Marcello Stanzione, parroco dell'Abbazia di santa Maria Nova nel comune di Campagna (SA) ha rifondato l'Associazione Miliziadi San Michele Arcangelo, e ogni anno organizza un convegno internazionale e pubblica libri sull'argomento. Uno dei suoi ultimi volumi si intitola proprio "Invito alla devozione degli angeli custodi" (Edizioni Villadiseriane).

Per approfondire la conoscenza degli angeli custodi e della loro devozione, ZENIT lo ha intervistato.

Chi sono gli angeli custodi? Esistono veramente?

Don Marcello: Sono una particolare categoria di creature di Dio, spiriti incorporei che hanno il compito di proteggere singolarmente ogni individuo. Ci sono diverse categorie di angeli che hanno differenti mansioni. Per esempio gli angeli del Padre, gli angeli del Figlio, gli angeli dello Spirito Santo e gli angeli della Madonna. Vi sono poi, ad esempio, gli angeli che reggono gli elementi del cosmo. Gli angeli esistono veramente perché lo afferma Gesù Cristo, lo ribadisce il Magistero della Chiesa, tutta la Tradizione teologia e, a livello logico-razionale, sono uno degli anelli della Creazione, insieme al regno minerale, vegetale, animale ed umano.

Eppure dopo il Concilio Vaticano II, soprattutto nel Catechismo scritto dalla Chiesa olandese si negava l'esistenza degli angeli custodi. Che cosa dicono le Sacre Scritture a proposito? E la Tradizione?

Don Marcello: Come ho sempre ribadito, l'infiltrazione teologica post- conciliare di alcuni professori "del Reno" che hanno protestantizzato la teologia cattolica ha portato alla marginalizzazione, se non addirittura, all'irrisione di alcuni temi specifici del cattolicesimo come ad esempio il Purgatorio e gli angeli, sia dei buoni che dei cattivi. Quasi ogni pagina della Bibbia parla degli angeli che non sono metafore ma persone reali, dotate di anima e di intelligenza. La Tradizione che conta è quella dei santi e gli angeli sono presenti in quasi tutte le agiografie dei mistici più importanti (San Giovanni della Croce, Santa Teresa d'Avila, santa Francesca Romana, san Pio da Pietrelcina, santa Faustina Kowalska, san Josémaria Escrivà de Balaguer...).

Perché il Signore ha creato gli angeli custodi? Quali sono i loro compiti?

Don Marcello: Siccome la vita sulla terra è esposta a gravi pericoli, sia per il corpo che per l'anima, e tutte le persone importanti hanno una scorta o delle guardie del corpo, siccome noi siamo importantissimi per Dio, il Signore ci ha messo a fianco uno Spirito celeste che, come dice la famosa preghiera "Angele Dei" ci illumina, ci custodisce, ci regge e ci conduce alla salvezza del Paradiso.

Come e quando è nata la festa degli angeli custodi?

Don Marcello: Il Vescovo di Rodez François d'Estaing aveva una particolare devozione verso gli angeli custodi e, dopo molte prove, contrasti e sofferenze, riuscì a far approvare dal papa Leone X, nel 1518, la Festa degli angeli Custodi da solennizzare il 2 ottobre che, allora, era il primo giorno libero dopo la Festa di San Michele.

In che modo ogni persona può e deve riferirsi al suo angelo custode?

Don Marcello: San Bernardo, nel XII secolo,a riguardo degli Spiriti celesti, parla di "riverenza per la persona; devozione per la benevolenza; fiducia per la custodia".

Può indicarci qualche gruppo o associazione cattolica promotrice della devozione agli angeli e alla pratica della pietà angelica?

Don Marcello: In Francia vi è l'Associazione dei Santi angeli Custodi, con sede centrale a Lione, ed è animata, fin dal 1891 dai Chierici regolari di San Viatore. Essa edita una rivista periodica mensile intitolata L'Angelo Custode, per averla si può scrivere a 21, montée saint.Laurent 60005 Lyon (F). vi è poi l'Opus Angelorum, fondato il 26 aprile 1949, in Austria da Gabriella Bitterlich. La sede italiana è a Roma in Via Antonio Musa, 8. Telefono 06-8968450 oppure 06-44251479. Vi è poi, la Confraternita di San Michele Arcangelo al Monte Gargano, attualmente guidata dai Padri Micaeliti polacchi. Infine, a Roma, vi è la Pia Unione di San Michele Arcangelo, che ha la propria sede presso la Collegiata di Sant'Angelo in Pescheria, al Portico di Ottavia, attualmente guidata dai Padri Caracciolini. Per chi volesse informazioni sulla Milizia di san Michele Arcangelo di cui sono l'Assistente Spirituale, può scrivere a Parrocchia Santa Maria La Nova 84022 Campagna (SA). - Antonio Gaspari - Zenit -

 
 
 

UN FRATELLO DI NOME KAROL WOJTYLA

Post n°3071 pubblicato il 09 Febbraio 2010 da diglilaverita
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E' arrivato in libreria l'ennesimo libro dedicato a Giovanni Paolo II: un grosso volume di 640 pagine pubblicato dalle Edizioni San Paolo con il titolo "Diario di un'amicizia" e il sottotitolo "La famiglia Poltawski e Karol Wojtyla". Tra i numerosi libri che sono stati scritti sul Papa polacco, questo è una cosa a se stante. Autrice, Wanda Poltawska, medico psichiatra polacca, che fu amica e collaboratrice di Wojtyla fin dal 1950, quando il futuro Papa era un semplice sacerdote, assistente spirituale dei giovani universitari, amicizia che è continuata fino alla morte del grande Pontefice. E' un libro fuori dai normali schemi, che contiene molti scritti inediti di Wojtyla, riflessioni, appunti, suggerimenti per la vita spirituale e soprattutto parecchie lettere. Non è una biografia. Non ha niente a che fare con la storia pubblica e cronologica di Wojtyla. Non è neppure stato scritto per essere pubblicato. Si tratta di una raccolta di appunti, di impressioni, che la dottoressa Poltawska ha fissato in vari quaderni nel corso degli anni, una specie di diario, dal quale ha tratto questo libro, utilizzando, in pratica, una piccola parte dell'enorme materiale che possiede. E fu lo stesso Giovanni Paolo II, che aveva letto i quaderni di appunti, a suggerire che se ne facesse una pubblicazione, ritenendo che sarebbe stata utile. Nel giugno dello scorso anno, quando il libro venne pubblicato in Polonia, fece parlare i giornali di mezzo mondo, suscitando critiche e scandalo. Molti giudicarono sconveniente che Karol Wojtyla avesse coltivato una amicizia così profonda con una donna al punto da continuare a scriverle lettere anche da Papa. Altri condannarono la dottoressa Poltawska, accusandola di protagonismo e smania di pubblicità, per aver rese pubbliche quelle lettere che, secondo loro, dovevano rimanere segrete e affermando che la pubblicazione poteva addirittura nuocere alla causa di beatificazione. Per fortuna, questo non è accaduto. La Chiesa, nei suoi rappresentanti qualificati allo scopo, era al corrente del contenuto del libro, lo aveva già esaminato, e nessun riverbero negativo si è avuto sul processo che, per la parte dell'esame della vita e degli scritti di Wojtyla, è stato concluso con il decreto di riconoscimento delle virtù eroiche firmato dal Benedetto XVI a metà dicembre scorso. E si prevede che la solenne beatificazione possa avvenire ad ottobre o al più tardi nell'aprile del 2011. Leggendo questo libro con calma e attenzione, si rimane profondamente colpiti dal contenuto altamente spirituale. Scritto con uno stile asciutto, conciso, e pochi pochi accenni personali da parte dell'autrice, ha un fascino irresistibile. Fa scoprire innumerevoli dettagli dell'animo di Karol Wojtyla e di quello della dottoressa Poltawska. Le lettere di Wojtyla, non essendo ufficiali, ma destinate a una singola persona, palesano la sua straordinaria sensibilità, la grandissima umanità e soprattutto l'eccezionale santità. Svelano come egli fosse in continuo contatto con Dio. Non in forma pietistica, formalistica, ma concreta e permanente. Viveva come se camminasse davanti allo sguardo di Dio. Mai, in nessun momento della sua giornata, perdeva questa consapevolezza e la trasmetteva a chi gli era vicino. Per la quasi totalità, il libro è costituito da "esercizi scritti" per un cammino ascetico che la dottoressa Poltawska ha fatto sotto la guida del suo direttore spirituale che era appunto Karol Wojtyla. Lui le indicava i temi delle meditazioni quotidiane e lei metteva per scritto i pensieri e le riflessioni che faceva, inviandoli poi al direttore spirituale che valutava, suggeriva, guidava verso nuovi traguardi interiori. E inviava lui stesso i propri appunti sugli stessi temi, quasi a confrontarsi. Una lunga ascesi, precisa, quotidiana, costante, che la dottoressa Poltawska ha compiuto insieme al proprio marito, Andrzej, e alle proprie figlie, e, si può dire, anche insieme allo stesso Wojtyla che ha voluto farsi, con loro e per loro, "fratello", e " viandante" nel cammino verso Dio. Un'esperienza eccezionale, diventata nel tempo amicizia profonda. Scrivendo le sue lettere, Wojtyla chiamava la dottoressa con il diminutivo di "Dusia" (sorellina) e si firmava con la sigla "Fr", (fratello). Esperienza certamente originale e d'avanguardia, ma viva, concreta e sublime, che richiama la vita dei primitivi cristiani, di santi come Francesco e Chiara, e in particolare l'amicizia di San Francesco di Sales e Santa Giovanna di Chantal. Solo un uomo come Wojtyla, santo e poeta, drammaturgo e mistico, grande e umile, poteva realizzare un'esperienza del genere, che diventa ora, attraverso il libro, un vero "patrimonio spirituale" per chi ha il coraggio di leggere e di lasciarsi conquistare. Per capire bene questa meravigliosa avventura umana e spirituale, bisogna conoscere la storia che l'ha originata. In particolare quella dell'autrice, donna molto nota in Polonia per la mole di iniziative cui ha dato vita nella sua ormai lunga esistenza, ma anche, in un certo senso, "sconosciuta" perché riservata, chiusa, gelosa della propria esistenza privata. Consapevole, però, del ruolo che le è stato riservato dalla Provvidenza, giunta a un'età che si avvicina ai novant'anni ha ceduto alle pressioni degli amici e al desiderio che aveva già espresso Wojtyla, mettendo a disposizione in questo libro le esperienze fatte accanto a un grande uomo e un grandissimo santo. Wanda Poltawska conobbe Karol Wojtyla nel 1950, a Cracovia. Lei aveva 29 anni, lui 30. Wojtyla, sacerdote da quattro anni, era assistente dei giovani studenti universitari, e Wanda, già laureata in medicina, frequentava i corsi di psicologia e psichiatria. Aveva alle spalle una terribile esperienza. Nata a Lublino, in una famiglia molto cattolica, aveva avuto una infanzia e una prima giovinezza serene, impegnata nel movimento degli Scout. Nel 1939, quando i nazisti invasero la Polonia, Wanda, che aveva 18 anni, come altri suoi coetanei era entrata nella Resistenza partigiana, per difendere la patria. Ma venne scoperta e arrestata e inviata nel famigerato campo di concentramento nazista di Ravensbriick, dove visse uno spaventoso calvario durato oltre quattro anni. Anni di autentico martirio. Non solo per le umiliazioni, la fame, i lavori pesanti, il freddo, le violenze fisiche e morali, pane quotidiano in quei luoghi di sterminio, ma perché, ad un certo momento, lei e alcune altre compagne furono scelte come cavie per misteriosi esperimenti medici. Trasferite in una specie di infermeria, erano sottoposte a interventi chirurgici, ad orribili mutilazioni, asportazioni di pezzi di ossa, iniezioni di batteri nelle ferite per provocare infezioni e cancrene, che erano poi trattate con altri prodotti chimici. Un calvario spaventoso e interminabile. Quasi tutte le ragazze morirono una dopo l'altra e Wanda sopravvisse per miracolo. Tornata a casa, era una larva umana. Riprese a studiare, si laureò in medicina, ma dentro di lei il tarlo degli incubi continuava a roderla e a tormentarla. Si sentiva una donna finita, che lottava disperatamente con i fantasmi del passato, senza riuscire a sconfiggerli. Aveva paura di se stessa, degli altri, della vita. I principi cristiani che aveva ricevuto da bambina cozzavano spaventosamente con la crudeltà che aveva subito nel Lager. Cercava aiuto. Lo cercava soprattutto dai sacerdoti, ma non trovava nessuno disponibile ad ascoltarla e a capire i suoi problemi. Nel 1950 incontrò Karol Wojtyla, e rimase colpita dal fatto che era una persona che "ascoltava". Divenne il suo confessore e direttore spirituale. Fu lui a "guarire" la sua anima, ad aiutarla a ritrovare se stessa e la fiducia nei propri simili. E, mano a mano che la conosceva bene, Wojtyla capì che quell'incontro non era casuale. Abituato a vedere le cose da un punto di vista mistico, si convinse che le terribili sofferenze che quella giovane donna aveva subito e sopportato non erano cosa che riguardasse solo lei stessa. Per il mistero del "Corpo mistico di Cristo", riguardavano tutti, in particolare forse proprio lui, che dalla guerra era stato risparmiato. Negli anni in cui Wanda "moriva" nel Lager, egli aveva scoperto la propria vocazione al sacerdozio. E poi, era toccato a lui, sacerdote, il compito di "curare" le ferite che il Lager aveva lasciato nell'anima di quella persona. Non erano coincidenze casuali, c'era un nesso, un legame, e questa sua convinzione divenne, a poco a poco, consapevolezza. Lo rivelò lui stesso alla dottoressa Wanda in uno dei momenti più importanti della sua esistenza, il 20 ottobre 1978, quattro giorni dopo essere stato eletto Pontefice della Chiesa. In una lunga e bellissima lettera, la prima che le scrisse da Papa, volle affrontare apertamente il tema della loro amicizia. Amicizia che ora, dopo che lui era diventato Papa, poteva anche essere giudicata male da estranei. Ma era un'amicizia "radicata e fissata in Dio, nella sua grazia", come egli scrisse, e quindi doveva continuare. Ecco la parte di quella lettera che parla esplicitamente di questo argomento:

Il Signore Gesù ha voluto che quello che a volte veniva detto, quello che tu stessa avevi detto il giorno dopo la morte di Paolo VI, diventasse realtà. Ringrazio Dio per avermi dato, questa volta, così tanta pace interiore - quella pace che mi mancava in modo evidente ancora in agosto - che ho potuto vivere tutto ciò senza tensione. Con la fiducia che Lui e sua Madre dirigeranno tutto, anche in queste relazioni, preoccupazioni e responsabilità più personali. Con la convinzione che - se non seguirò la chiamata - anche in questi rapporti posso rovinare tutto.

Capisci che, in tutto questo, penso a te. Da oltre vent'anni, da quando Andrzej mi disse per la prima volta: "Duska è stata a Ravensbriick", è nata nella mia consapevolezza la convinzione che Dio mi dava e mi assegnava te, affinché in un certo senso io "compensassi" quello che avevi sofferto lì. E ho pensato: lei ha sofferto al mio posto. A me Dio ha risparmiato quella prova, perché lei è stata lì. Si può dire che questa convinzione fosse "irrazionale", tuttavia essa è sempre stata in me - e continua a rimanerci. Su questa convinzione si è sviluppata gradualmente tutta la consapevolezza della "sorella". E anche questa appartiene alla dimensione di tutta la vita. Anch'essa continua a rimanere. Mia cara Dusia! Tutta quella dimensione rimane in me e deve rimanere in te. È sempre stata radicata e "fissata" in Dio, nella sua grazia - ora deve esserci fissata ancora di più.

Sono parole che spiegano in modo chiaro la natura e la qualità dell'amicizia che ha legato Karol Wojtyla a Wanda Poltawska. Un'amicizia così straordinaria e sublime che può nascere e crescere solo nel cuore e nell'anima dei grandi santi. - Renzo Allegri - Zenit -

 
 
 

PEDOFILIE OCCULTE E AMORE AUTENTICO

Post n°3070 pubblicato il 09 Febbraio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Il Papa, potrebbe essere altrimenti? riconosce colpe gravissime e verga, di nuovo, una irrinunciabile linea rossa a sconfinare pedofilia e pedofili lontano dalla Chiesa e dentro carceri e ospedali. Tutti, compresi alcuni organi cattolici, risaltano le parole di Benedetto XVI sulla piaga pedofila, ma ne fanno il fulcro di un discorso nel quale però ha detto molto di più. Si trattava di famiglia e di preparazione al matrimonio dei fidanzati. In una parola: formazione. Essa parte dalla trasmissione della fede ai figli, nella quale "dovrà progressivamente emergere il significato della sessualità come capacità di relazione e positiva energia da integrare nell’amore autentico". Poi la preparazione specifica dei fidanzati che "dovrebbe configurarsi come un itinerario di fede e di vita cristiana, che conduca ad una conoscenza approfondita del mistero di Cristo e della Chiesa, dei significati di grazia e di responsabilità del matrimonio". Infine la preparazione immediata con l'approfondimento del Rito del matrimonio. Il fine di questa lunga preparazione, che si inscrive nella più generale iniziazione cristiana che riguarda ogni battezzato è, secondo il Papa, che la "vocazione dei coniugi diventi una ricchezza per l’intera comunità cristiana e, specialmente nel contesto attuale, una testimonianza missionaria e profetica". La famiglia cristiana è dunque un annuncio profetico. Perchè risponda a questa vocazione è decisiva la formazione. Solo una famiglia adulta nella fede, ancorata nell'amore di Dio, unita profondamente a Cristo, costituisce "l’aiuto più grande che si possa offrire ai bambini. Essi vogliono essere amati da una madre e da un padre che si amano, ed hanno bisogno di abitare, crescere e vivere insieme con ambedue i genitori, perché le figure materna e paterna sono complementari nell’educazione dei figli e nella costruzione della loro personalità e della loro identità. E’ importante, quindi, che si faccia tutto il possibile per farli crescere in una famiglia unita e stabile. A tal fine, occorre esortare i coniugi a non perdere mai di vista le ragioni profonde e la sacramentalità del loro patto coniugale e a rinsaldarlo con l’ascolto della Parola di Dio, la preghiera, il dialogo costante, l’accoglienza reciproca ed il perdono vicendevole. Un ambiente familiare non sereno, la divisione della coppia dei genitori, e, in particolare, la separazione con il divorzio non sono senza conseguenze per i bambini, mentre sostenere la famiglia e promuovere il suo vero bene, i suoi diritti, la sua unità e stabilità è il modo migliore per tutelare i diritti e le autentiche esigenze dei minori". La pedofilia è certo deplorata e condannata, ma lo sguardo del Papa, come al solito, vola molto più in alto. Esiste il modo migliore per tutelare le autentiche esigenze dei bambini, che sono loro diritti. La pedofilia non è l'unico problema; c'è qualcosa di più, sottaciuto da chi non riesce a vedere più in là del proprio naso. Occorre chiedersi quali siano le esigenze autentiche dei bambini; il Papa le sintetizza nel bisogno di essere amati "da una madre e da un padre che si amano", e nel bisogno "di abitare, crescere e vivere insieme con ambedue i genitori, perché le figure materna e paterna sono complementari nell’educazione dei figli e nella costruzione della loro personalità e della loro identità". La pedofilia, letteralmente amore all'infanzia (greco παῖς, παιδός-bambino e φιλία-amicizia, affetto), si annida, ideologicamente e non patologicamente che è molto più grave, nel divorzio, nelle adozioni da parte delle coppie omosessuali e nella fecondazione artificiale di cui beneficiano. La pedofilia è un reato, il divorzio e il matrimonio omosessuale sono, al contrario, in molti Paesi diritti stabilite per legge. La pedofilia è perseguibile, la Chiesa stessa riconosce gravissime colpe in alcuni dei suoi membri e, come disse il Papa a Sydney, «i responsabili di questi mali devono essere portati davanti alla giustizia». Il divorzio e le unioni gay sono, al contrario, diritti inalienabili, conquiste civili, anche il solo parlarne fa rischiare la galera per omofobia o, nella migliore delle ipotesi, la discriminazione per integralismo. Per non parlare dell'aborto, pedofilia perpetrata ai danni dell'infanzia più indifesa. Che succederebbe a chi, bisturi in mano, massacrasse il corpo di un bimbo di tre anni? Nel regime relativistico che governa il mondo il Papa sottolinea il criterio fondamentale per avvicinarsi alle problematiche dell'infanzia: l'autenticità. Occultando la verità antropologica sulle esigenze dell'uomo, infante o adulto che sia, si rende impossibile ogni attenzione e cura alla persona. Per questo il Papa ci ha detto, in sintesi, che solo la comunità cristiana può aiutare davvero la famiglia, perchè la guida ad essere secondo la volontà di Dio, l'unica che risponda alla verità e agli autentici desideri dell'uomo. La Parola di Dio, i sacramenti, la preghiera, il perdono sono i tesori che la Chiesa comunica ai suoi figli. Solo da essi può scaturire quell'amore autentico alla vita nella sua pienezza che è l'antidoto ad ogni violenza e pedofilia che devastano l'infanzia mutilando l'esistenza intera. - Antonello Iapicca Pbro- ISegnideiTempi -

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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