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The Queen of Spades - Capitolo I

Post n°3 pubblicato il 03 Agosto 2009 da raccontando2009

La fissava da sopra gli occhiali ovali senza montatura, con le gambe accavallate e le mani l'una sopra all'altra ad avvolgere il ginocchio. Lei non aveva detto una parola fino ad allora, ma stavolta intravedeva nello sguardo di quell'uomo l'ardone della sfida o, ancor perggio, la consapevolezza di aver trovato il capo della matessa del suo silenzio. La osservò ancora qualche istante prima di allungarsi sulla scrivania dinanzi a sè per prendere un libro che le altre volte lei non aveva visto, dalla copertina in pelle marrone chiaro e le scritte dorate incise in rilievo. Nello stesso istante in cui le scarne ed affusolate dita stringevano il libro per sollevarlo dal pianale in vetro del tavolo, lei strizzò gli occhi per focalizzarlo meglio e lo riconobbe, trasalendo. Allora, con una punta di sarcasmo, lui glielo mostrò sventolandolo in aria come a dirle "lo rinosci?", nonostante già sapesse che quella Sacra Bibbia fosse proprio della sua paziente: per diversi anni la madre della ragazza si era ostinata a tenerla sopra il comodino della figlia, benchè lei, ogni sera prima di coricarsi, aprisse il primo cassetto e la gettasse lì dentro.
Certo che lo riconosco, confermò la ragazza incurvando le labbra verso la parte destra del viso, in un futile tentativo di tener testa a quel sarcasmo sfrontato. Tuttavia, sebbene dentro di sè sentisse di aver inizato a perdere quella sfida, si sorprese ad al contempo si impaurì che la cosa non le desse alcun fastidio.
Che fosse un altro piano della sua mente?, si domandò tra sè e sè, mentre intanto l'uomo aveva iniziato a sfogliare il libro senza alcuna logica, casualmente andando avanti ed indietro senza nemmeno soffermarsi a leggere le scritte in neretto dei capitoli e dei paragrafi per capire in che punto della narrazione si trovasse. Giocherallava con le pagine così come, con quegli stessi gesti, riusciva a giocherellare con le emozioni della ragazza,  che vedeva trepidare ad ogni velo rigato d'inchiostro che cadeva lentamente a destra o a sinistra. Poi, d'un tratto, si soffermò incuriosito sui lembi zigghezettati a filo della costola di alcune pagine che era state strappate, come se, dopo tanto rimuginare, ancora non avesse ben chiaro il motivo di quella mancanza. Così, subito lo richiuse, lasciando ad un altro momento quei dubbi prematuri sia per porserli che per risolverli, e lo riaprì sulle prime: queste le voltò velocemente, già sapendo dove andare a cercare e quando arrivò al figlietto rosso che fuoriusciva dalla parte alta del libro con cui aveva segnato ciò che lo interessava, bloccò la pagina col palmo della mano destra, si tolse gli occhi ed infine lesse.
"Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi quanto a conoscenza del bene e del male. Guardiamo che egli non stenda la mano e prenda anche del frutto della vita, e ne mangi, e viva in perpetuo."
Alzò lo sguardo sulla ragazza, cercando la reazione che credeva potessero aver cagionato in lei quelle parole e, semmai l'avesse scovata così come supponeva, annotarserla nella testa per poi dedurne qualcosa; invece, non scovò altro che l'apatia di chi conosceva a memoria quella frase e per la quale non nutriva più alcun interesse.
"Quest'ultima parte l'hai cerchiata numerose volte", continuò allora, senza abbandoare un tono secco e distaccato. La sua voce, infatti, non concedeva emozioni, sebbene avesse scritte negli occhi tutte le domande che avrebbe voluto porle, quelle stesse che lei leggeva da giorni, fin dal loro primo incontro, nascoste nell'angolo più esterno dei bulbi oculari e che ora, invece, vedeva splendere al centro delle iridi verdastre, ilari del fatto che ognuna di loro avrebbe avuto ben presto la propria risposta. E lei sapeva che non era necessario dire null'altro per averle, tuttavia si costrinse a tacere, si morse la lingua per impedirle di muoversi tra i denti e cercò di distrarsi, di pensare a d altro; e soprattutto di non incrociare i suoi occhi così piccoli ed infimi dietro le spesse lenti. Ma la luce del sole brillava sulle finestre e lei si incantò ad osservarla filtrare fin sul pavimento in una strascia luminosa parallela ai suoi piedi, stretti l'uno all'altro come se le avessero legato le caviglie assieme.
Che l'avrebbe mai detto che avrei rivisto la luce del sole, pensò.
"Grammaticalmente sbagliato, non crede?", disse deridendolo con un sorriso. "Eppure, in ogni Bibbia è scritto così! Non sarebbe stato più corretto scrivere: prenda anche il frutto della vita, ne mangi e viva in perpetuo?"
Lui la fissò penetrandola nello sguardo, indagando le rughe d'espressione sul suo viso, cercando la chiave di lettura di quella frase, mentre volontariamente ometteva sul volto qualsiasi accenno d'interesse, benchè per un istante un luccichio discreto ed improvviso sul velo trasparente delle pupille avesse tradito la sua indifferenza. Con la mano, le fece segno di andare avanti. La paziente rimase attonita, quasi offesa da tanto disinteresse, ma soprattutto la irritava quanto quell'uomo ne sapesse gran lunga più di lei nel gestire le emozioni.
"No!", sputò con rabbia la ragazza. "Non è sbagliato! In quelle virgole, in quelle pause...", sospirò. "Lì emerge la paura di chi parla."
Sperò vivamente di avrelo intimorito. Invece, non corruppe alcuna delle sue inamovibili espressioni e, con una mano sul volto, si sentì costretta a celargli le proprie: aveva già detto troppo e non sapeva se sarebbe riuscita a fermarsi. L'altra mano, nel frattempo, le era lentamente scivolata dentro la tasca della felpa, quasi andando a cercar conforto in quello che avrebbe trovato lì dentro. E quando lo trovò, strinse nel pugno quel piccolo pezzo di carta liso e lo portò fuori alla luce: sospirò di timore e di gioia quando la vide, ancora lì con lei, con quel suo volto di profilo mesto ed austero, avvolta nei suoi colori rossi e i suoi simboli neri, i cuori invertiti di un desiderio malato, così com'era solita chiamarli.
"E' la prima ragola", sussurrò allora, come un pensiero scappato al controllo della mente, e chinò la testa verso i piedi, portando le dita a scompigliarle i capelli.
Non dir nulla. Non dir nulla...
Desiderò.
E lui nulla disse; se ne sorprese, ma non era più certa di ciò che avrebbe dovuto pensarne. Allora, alzò lo sguardo sull'uomo dinanzi a sè, che mal riusciva a focalizzare con i capelli sopar gli occhi; lo osservò in bilico tra sgomento e razionalità per secondi interminabili, mentre lui continuava ad osservarla con aridità e freddezza per quanto aveva da dirgli: ma mentiva, di questo ne era sicura. Ed infatti, lo seguì con gli occhi mentre prendeva la cartella con sù scritto a pennarello il suo nome, da giorni riposta sulla scrivania alla sua destra, assieme ad una pila verdastra di altre cartelle; poi, alzarsi, avvicinarsi e sedersi su una poltrona poco distante da dove era lei, adesso, non attendendo altro che le sue parole.
Lei riguardò il sole che brillava sui vetri delle finestre, sporchi della polvere che aveva portato la pioggia del giorno prima, dove i raggi del tramonto rossastro di quella sera disegnavano abbaglianti stelle dalle lunghe punte.
Strinse forte la carta nel pugno e mentre la regina di picche si accartocciava su sè stessa in un crepitio soffocato dal palmo della mano, lei diede inizio al suo racconto.

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Data di creazione: 29/07/2009
 

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