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Gesù è davvero morto sulla croce?

Post n°22 pubblicato il 06 Luglio 2009 da marcalia1
 

 

     Uno dei guai letterari degli ultimi tempi è stato, a mio giudizio, il romanzo Il codice da Vinci scritto da Dan Brown. E' stato un guaio non solo perché la massa dei lettori si è lasciata irretire dalle fumisterie intellettuali di questo mediocre scribacchino, quanto (e soprattutto) perché il sedicente studioso di misteri cristiani ha scopiazzato ipotesi contenute in due libri "seri", rispettivamente La rivelazione dei Templari di Picknett&Prince e Il Santo Graal di Baigent et alii. Ora, al di là dei miei pregiudizi di poco conto, è davvero possibile che Gesù non sia morto sulla croce? Stando a quanto raccontano gli Ahmadis, una setta eretica musulmana, Gesù subì il martirio ma a differenza di quel che si è creduto fino ad oggi non morì sulla croce. Rianimato nel fresco della notte da decesso apparente, egli fu aiutato invece a rifugiarsi fra gente di etnia giudea nel Kashmir ed in Tibet dove visse ancora per molto tempo conducendo una santa esistenza (diverse leggende tibetane conoscono infatti la figura di Gesù sotto il nome di Issa). Giunta la vera morte naturale fu poi seppellito a Srinagar mentre Maria, sua madre, venne tumulata a Kashgar. Tale supposizione potrebbe apparire ridicola se non blasfema agli occhi di moltissimi cristiani, ma basandoci sui Vangeli canonici, carichi di notizie sfuggenti e spesso contraddittorie, qualsiasi congettura presa sotto esame ne giustifica l'ovvietà. Mani, principe persiano e fondatore della dottrina manichea, nato nel 214 d.C., conosciuto tra l'altro come «Salvatore», «Apostolo», «Signore» e «Illuminatore», sosteneva che Gesù non era morto sulla croce, ma che era stato all'opposto rimpiazzato da un sostituto, di solito identificato in Simone di Cirene il quale, come raccontano gli stessi Vangeli, si accollò il peso della croce aiutando Gesù verso il Calvario. Basilide, gnostico alessandrino del II secolo, rimettendoci al giudizio di Ireneo, propugnava ugualmente un'eresia terribile: cioè che la crocifissione era una frode, che Gesù non era morto sulla croce, e che il suo posto era stato preso da un altro. In un codice non datato ritrovato tra i rotoli di Nag-Hammâdi, dal titolo il Secondo trattato del Grande Seth, Gesù parla in prima persona: «Io non soccombetti a loro come essi intendevano... E non morii in realtà ma solo in apparenza, perché essi non gettassero vergogna su di me [...] Essi mi percossero con la canna; fu un altro, Simone, che portò la croce sulle spalle. Fu un altro, colui al quale imposero la corona di spine... E io ridevo della loro ignoranza». Quanto affermato da Mani e da Basilide concorda anche con un versetto della quarta sura del Corano, in riferimento a Gesù: «Non lo uccisero né lo crocifissero, ma così parve loro» (157); i commentatori islamici spiegano come egli si fosse nascosto in una nicchia da dove avrebbe assistito alla crocifissione del sostituto, che spesso viene indicato appunto in Simone di Cirene. Secondo certe leggende islamiche e indiane Gesù dunque morì vecchio, in Oriente, e i membri della setta eretica degli Ahmadis raccontano la stessa cosa: rianimato da morte apparente, egli sarebbe stato aiutato a fuggire in Kashmir dove finì i suoi giorni predicando e conducendo una santa esistenza. Questi ultimi tuttavia affermano che sulla croce salì proprio Gesù. In ogni caso, sussistono anche altre considerazioni (che traggo dal saggio di Baigent et al., già citato). Innanzitutto Gesù non fu crocifisso sul Golgota, una collina di roccia glabra già mal interpretata dagli evangelisti come "il luogo del cranio" a ragione della sua conformazione. Golgota infatti non deriva da gulgōleth ("località del teschio") ma significa "collina di Goath", Gol-Goath, menzionata anche dal profeta Geremia (31,39). Giovanni 19,41 poi sostiene con maggior puntiglio che la condanna venne eseguita dentro o nei pressi di un giardino dove c'era un sepolcro nuovo di cui il vangelo di Matteo 27,60 ne attribuisce la proprietà a Giuseppe d'Arimatea, ricco ed influente seguace di Gesù che taluni sostengono essere suo parente. Inoltre Luca 23,49 afferma che i presenti alla crocifissione assistevano da lontano, sicché tutto fa sembrare l'esecuzione un fatto intimamente famigliare e riservato a pochi privilegiati, eseguita dentro una proprietà privata, probabilmente identificabile con l'Orto di Getsemani. Secondo il vangelo di Giovanni i piedi di Gesù vennero fissati al legno della croce, alleviando in tal guisa la pressione sui muscoli pettorali, il che gli avrebbe permesso di respirare, e le sue gambe non subirono il crurifragium, ossia non vennero spezzate: si tenga in conto che spezzare le gambe non era un atto di ulteriore sadica degradazione verso il condannato, ma un gesto di clemenza per accelerare la morte e sgravarlo dalle sofferenze (per i romani infatti la crocifissione era considerata un crudelissimum teterrimumque supplicium). Sulla croce, un uomo con i piedi fissati al legno poteva resistere per un giorno o due, ma in alcuni casi di eccezionale robustezza fisica il patimento avrebbe potuto prolungarsi per anche una settimana. Ora, pur sollevando l'obiezione dello sfinimento corporeo e della debilitazione a causa della flagellazione, è strano che Gesù muoia solo dopo poche ore, tant'è che lo stesso Pilato (come narra Marco 15,44) si meraviglia e chiede la conferma del decesso ad un centurione. In tutti i Vangeli, tranne quello di Luca, Gesù muore immediatamente dopo la somministrazione della spugna imbevuta di aceto. Hugh J. Schonfield, un famoso biblista, avanzò nel suo libro del 1965 The Passover Plot (tr.it. Gesù non voleva morire, Tindalo, 1968; Il complotto di Pasqua, Endas Libri, 2004) la tesi stravagante, in verità abbastanza verosimile sotto la luce della narrazione evangelica, che Gesù sarebbe stato fatto addormentare con un potente narcotico sulla croce al momento di calmare la sua sete, tale da apparire a tutti come morto, e trasportato poi, verso il cader della notte, da un gruppo di discepoli in un luogo opportunamente vicino e sicuro, da dove sarebbe uscito per le sue fugaci apparizioni riportate dai Vangeli. Per il professor Schonfield quello di Gesù sembra dunque piuttosto il finto scenario di un decesso opportuno, fatto per evitare che gli rompano le gambe e realizzare così una profezia dell'Antico Testamento. Inoltre, per la legge romana di quei tempi, a un uomo crocifisso veniva negata la sepoltura. Eppure Pilato concede subito a Giuseppe d'Arimatea, potente membro del sinedrio, di portar via il corpo di Gesù. E non basta. Nell'originale greco del vangelo di Marco, quando Giuseppe chiede il corpo, usa la parola soma, la quale indica esclusivamente un corpo vivo: kai etésato to soma toù Iesoù (15,43). Pilato, acconsentendo alla richiesta, si esprime col termine ptoma che invece significa salma, cadavere: kai gnoùs apò toù kenturìonos edorèsato to ptòma tò Ioseph (15,45). Secondo il testo greco, quindi, Giuseppe domanda per ottenere il corpo vivo di Gesù mentre Pilato lo esaudisce concedendogli quello che egli ritiene, o finge di ritenere, un cadavere.


 

 
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marcalia1
marcalia1 il 08/07/09 alle 17:55 via WEB
Certamente. Maria era l'Apostola Apostolorum. Se come dice la Chiesa lei era un personaggio del tutto ininfluente nella vita religiosa del Cristo, perché mai allora è presente in tutti gli episodi centrali delle narrazioni evangeliche (non ultimo, quella della resurrezione, che è il mistero fondante del cristianesimo?). Perché a lei l'annuncio, e non ai discepoli maschi, come Pietro? Sul fatto poi che Gesù fosse sposato o avesse avuto dei figli io non mi pronuncio, ma non mi sorprenderebbe. Di sicuro posso però dire che lui e Maria formavano la diade misterica di un culto di salvezza sulla scia di quello costituito da Ishtar e Tammuz. Il rito prevedeva non solo la morte simbolica e la resurrezione del re- sacredote per ordine della sua "sposa", ma soprattutto la consumanzione ritule di un atto celebrativo basato sulla sessualità sacra. Ecco la ragione per cui Maria è stata volutamente additata come una puttana redenta, snaturando la portata sacrale della sua figura sacerdotale.
 
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