Cornici Vuote

di campo - di Gionni b.


Condannata a questi venticinque anni di età come a una pena. Sarà la memoria a salvarmi: mio padre, col cappello inclinato sulla fronte come il grano nel vento del primo maggio, festa dei braccianti. Le bandiere della mia terra portavano del tricolore solo il rosso, il verde e il bianco già stavano nell’erba e nella povertà. Mio padre agitava parole alla folla, poesie proletarie. Poi silenzio, tanti anni. Ora studio geologia. Per ricamare di scienza le vecchie mezzadrie. Sono i sassi a tirarmi la volata. In ciascuno vedo il profilo di un uomo e la densità chimica dei corpi. Siamo tutti morti e nati qui, sul terreno di sodio e potassio. Vieni, fiore di campo, a bucare il bianco della neve. Io aspetto l’aurora dei verdi per fare di me stessa un ritiro. Non avrò altro da imparare dai libri. Ma ripetere il canto delle donne sul solco venoso d’autunno è gioia che mi basta. Solo la rabbia non si risolve in una fornace d’atomi. La rabbia è vita che non s’inchiostra in libri, che non si ferma in storie.