Papaveri ed ombre

Amore e assenzitudini


Sai, sabato ho trovato nell’armadio la tua vecchia camicia blu e l’ho indossata sui vestiti logori del fine settimana, quando sembro un miscuglio fra una senza tetto ed una sopravvissuta alla legge 180.La camicia però mi stava bene, incredibilmente sono riuscita a chiudere tutti i bottoni e ci sono andata in giro. Adoravo il modo in cui portavi le camicie blu, ammetto che ancora adesso un uomo che indossa questo capo mi commuove e mi costringo a cedere un secondo sguardo in cambio della malinconia struggente che mi si tuffa nel cuore. Gli anni passano e l’amore non cede il passo. Si dice che il tempo faccia dimenticare ogni dolore, credo piuttosto che si limiti a smussarne gli angoli come recita la trita metafora del mare che leviga le rocce. Ma questa è una roccia pesante, che anche tonda, si ferma sul mio stomaco chiudendone la bocca e gli occhi. E ancora il tuo sorriso, specchio del mio, e le tue braccia prima scontrose e poi pronte ad afferrarmi ed il tuo non esserci quando ogni mia fibra gridava il mio bisogno di te. I grandi amori sono basati sulla assenza, sul vuoto che scavano, sul silenzio che producono, su quella vertigine triste che ti coglie bambina sull’altalena nel parco. L’eco amplifica la distanza fra me e te, e non c’è logica che resista alla mia voglia assoluta di sentire ancora il tuo odore. Detto tra noi, non c’è un cazzo da fare, mi manchi da morire, papà.