Papaveri ed ombre

Post N° 369


1978La mattina di Pasqua mi alzavo sempre con un vago senso di nausea.“E’ Pasqua.” Sentenziava mia madre, come se non fosse ben impresso nella mia mente da settimane.“ E a Pasqua si fa la colazione di Pasqua, è una tradizione di famiglia.”La tavola era apparecchiata per bene. Nei nostri piatti: uova sode ( che odiavo ), un pezzetto di torta di formaggio ( che mi faceva schifo ), un pezzo di colomba ( idem ) e fette di corallina. Ricordo che passavo la prima mezz’ora a togliere il grasso dai buchi. “ Ma non potevi prendere almeno un cacciatorino?” Mia madre mi guardava come se avessi bestemmiato in chiesa: “ a Pasqua si mangia la corallina!”.Amen. Non era importante che fossimo solo noi due, che mio padre chissà dietro quale chimera fosse perduto, che avremmo passato una festa solitaria perché nessuno ci avrebbe mai raccattato, che la vita andava avanti infilandomi in testa pensieri tremendamente autonomi.Se andavo a scuola in kilt, perché non dovevo piegarmi alla Tradizione? 2008Mi sveglio ascoltando il respiro del gatto, sono sola a casa, ricordo il 78 e mi lascio sorridere. Non c’è nessuno stamani che mi costringerà a mangiare nulla. Nessuna tradizione scolpita e scesa da una montagna. Nessuna corallina, o colomba, solo la voce di Margherita a cui ho bussato dalla porta del bagno.“Vieni a prendere il caffè?” “Arrivo!” le grido al di là del muro.Ciabatto di là ancora gonfia di sonno, con il pigiama e l’anima scompagnati. La pioggia incalza, ma noi ci godiamo in silenzio il primo caffè accarezzando i cani. Non ci vuole molto per sentirsi diversi.Buona Pasqua.