Rubella

Ferito in guerra e con una croce al valor militare.


Ferito in guerra e con una croce al valor militare. Ma ora Santino Cozzi festeggia 70 anni di matrimoniolug 29 2014Legnano – Pubblichiamo questa interessante intervista apparsa sulla rivista “Polis”: il racconto del legnanese Santino Cozzi, classe 1920, della sua avventura a bordo di un sommergibile e del suo matrimonio sotto le bombe nel pieno della Seconda guerra mondiale.Settant’anni di matrimonio festeggiati alla Canazza e una croce d’oro al valor militare per il cannoniere Santino Cozzi. Lui, Santino, è nato il 12 settembre 1920; lei, Vittorina Candiani, il 6 giugno 1926. Hanno una storia di amore e avventura che è un piacere ascoltare.“Allora: domanda precisa e secca”, chiarisce subito Santino. La domanda precisa e secca è questa: ci racconti il giorno del suo matrimonio.Seduto al tavolo Santino comincia a raccontare, mentre Vittorina ascolta rilassata sul divano. “Ci siamo sposati nella chiesa di Legnarello. Lei abitava in via Dante, io alla Canazza in via Comasina. Come si usava allora sono andato a piedi a prenderla a casa sua. Era là in mezzo al cortile con tutti i parenti e colleghi di lavoro intorno. Poi ci siamo recati in chiesa, lei accompagnata dal papà”.E proprio al momento del “sì” è suonato l’allarme aereo. E allora cosa avete fatto? “Niente, siamo rimasti in chiesa e dopo un po’ è suonata la sirena del cessato pericolo. Prima di tornare a casa abbiamo fatto sosta lungo via Sempione alla chiesetta della Madonnina. Per il pranzo nel cortile, un parente ha cucinato un ottimo risotto”. Era il 1944. Piena guerra.“Io ero a casa in licenza dopo essere stato ferito durante una esercitazione di guerra. Sono stato ricoverato a Cagliari. Ferito alle gambe mentre ero di vedetta sul sommergibile Otaria”.Un passo indietro per ricostruire la storia del militare. Subito dopo aver ricevuto la cartolina di precetto, Cozzi si era presentato al centro reclutamento di La Spezia: “Sono rimasto cinque giorni e dopo il giuramento tutti noi giovani marinai siamo stati imbarcati su un traghetto per le diverse destinazioni. Io sono stato sbarcato a Napoli nel settembre del 1940, associato alla caserma stazione sommergibili. Intanto era rientrato in porto il sommergibile Marconi che per trenta giorni è rimasto fermo per la revisione dei motori, prima di affrontare una missione nell’Atlantico”.Alla ricerca di marinai esperti da imbarcare, il comando tenta di selezionare i più adatti: “Il comandante mi ha chiesto se soffrivo il mal di mare, ma io ho risposto che non lo sapevo, perché quella era la prima volta in vita mia che lo vedevo il mare!”.Imbarco per il momento rinviato, dunque. E attesa al comando della marina di Napoli “Navarca” dal settembre 1941 al novembre 1942.Finalmente poi a casa, in licenza: “Era chiamata ‘licenza agricola’. Avrei dovuto stare a casa un mese e invece dopo venti giorni arriva il maresciallo dei Carabinieri che mi dice: ‘Devi partire subito, domani mattina alle 9 devi essere a Napoli’. Prendo l’unico treno a disposizione che partiva a mezzanotte e la mattina dopo mi presento al comando. E via, subito imbarcato sul sommergibile Otaria. Dalla stiva del sommergibile ricordo che abbiamo tolto alcuni siluri per fare spazio e caricare scatolette di carne da consegnare alle truppe sulle coste dell’Africa. E così siamo arrivati a Bardia, in Libia con i viveri”.E dopo Bardia, ritorno a Taranto dove il sommergibile aveva dovuto essere riparato per un’avaria al motore. Infine, tappa a Pola, in Istria, dove c’era una scuola di addestramento per marinai addetti ai sommergibili. Poi ancora Messina e Cagliari: “Una mattina alle 9.15 ero di servizio come vedetta ed è suonato l’allarme per un attacco dell’aviazione inglese, che allora era nostra nemica. Era una giornata di cielo coperto. All’improvviso è uscito dalle nuvole un quadrimotore ‘Sunderland’ inglese. In un primo momento abbiamo tentato un contatto radio per capire di chi si trattava, ma l’aereo non rispondeva”.Dall’aereo vengono lanciate quattro bombe. E colpi di mitragliatrice colpiscono la vedetta Santino Cozzi: “Io sono stato ferito alle gambe dalla mitraglia. ‘Comandante sono stato ferito!’, ho urlato. E subito sono stato trasportato sottocoperta, dove mi hanno curato per cinque giorni in mare, prima di sbarcare a terra per il ricovero a Cagliari: 90 giorni in ospedale e 60 giorni di convalescenza”.I polpacci e le caviglie mostrano ancora i segni delle schegge conficcate: “All’ospedale di Cagliari hanno dovuto tagliare per estrarre le schegge di piombo che mi avevano perforato le caviglie. Ho rischiato di perdere un piede”.Ma poi, a casa, in licenza in attesa del referto definitivo della commissione medica, ha incontrato la sua compagna di vita. Un matrimonio che adesso ha celebrato il settantesimo anniversario.Tra i documenti interessanti conservati in casa Cozzi, anche il brevetto 9573 datato 31 maggio 1942 che il Comando marittimo del basso Tirreno conferisce al cannoniere Cozzi Santino, matricola 522 della stazione sommergibili di Napoli, con cui lo si autorizza a “fregiarsi del distintivo della guerra in corso” nonché “ad applicare sul nastrino n. due stellette”. E naturalmente un posto d’onore sulle pareti di casa per la Croce al valor militare sul campo.Il documento del 7 marzo 1959 porta la seguente motivazione: “Imbarcato su sommergibile in missione di guerra attaccato da un aereo nemico accorreva per primo alle armi e iniziava la reazione di fuoco proseguendola con energia e fermezza d’animo, benché gravemente ferito da raffiche di mitraglia avversaria, fino all’annientamento delle sue forze fisiche (Mediterraneo occidentale, 13 giugno 1942); determinazione del 2 settembre 1942”.Piero Garavaglia