Rubra domus

Grazie!


Ricordo le estati romane di quando ero bambina: poche, per fortuna, perché solitamente in estate venivo spedita in una ridente località marina ove potevo selvaggiamente sguazzare in acqua per l'intera stagione estiva, senza altro controllo che quello delle anziane parenti che chiamavo "zie".In agosto, solitamente, si trasferiva tutta la famiglia, ma di soldi in casa ce n'erano pochi, pochissimi, allora capitava che in estate si rimanesse a Roma, o che a uno solo dei figli, uno per volta, fosse tributato il privilegio di sguazzare nelle tiepide acque costiere del paese natio.A Roma d'estate.Come dire: "Azzurro, il pomeriggio è troppo azzurro e lungo per me".Ho sempre amato odiato la famosa canzone, una delle poche che riesce, quando la ascolto, ad azzerare il tempo e a proiettarmi nel desolato e agonizzante deserto urbano che era Roma in agosto, all'epoca in cui l'estate romana non esisteva, e neanche i turni per la chiusura degli esercizi commerciali.Ricordo che dovevo inventarmi mille espedienti per non morire di inedia.Da sola, perché i bimbetti che frequentavo erano migrati in massa nei paesi natali.Scendevo in strada e la strada era deserta.Le saracinesche sbarrate.Neanche un passante, poiché il principale polo attrattivo dei passanti, cioè i negozi, era venuto meno con la chiusura estiva.Mi aggiravio desolata per le strade vuote, alla ricerca di una idea per trasformare il senso di solitudine in un fattore positivo.Nulla è più potente, tuttavia, della solitudine estiva urbana, se la consumi in una periferia degradata e priva di bellezza.Non un elemento su cui fermare lo sguardo per saziare la vista e attivare il senso della contemplazione che, da solo, ha il potere di colmare un'anima che si è svuotata come un pallone sgonfio.Ricordo, e qui la visione assume dei contorni quasi infernali, ricordo che mi divertivo a premere con il tacchetto del sandalo l'asfalto quasi disciolto dalla calura. Mi divertivo ad affondare con il tallone in quel manto stradale reso burroso dalla poca cura con cui era stato creato, e questo era tutto.Il mio unico divertimento, che mi veniva a noia, dopo un po'.Preferivo di gran lunga guardare a terra le mezze lune rilasciate dal tacchetto del sandalo nel bitume disciolto, comunque, piuttosto che guardarmi intorno a constatare che  quanto mi circondava era brutto e triste in una maniera superlativa, tanto che l'impressione complessiva che ne traevo era capace di lasciare in me una scia di noia che perdurava ben oltre il mio vagabondaggio nelle strade deserte.Poi tornavo a casa.All'epoca non c'erano molti libri da leggere, in casa, e quelli che c'erano li avevo già letti tutti, due o tre volte almeno.I programmi televisivi cominciavano nel pomeriggio.Di solito mi sdraiavo sul letto a guardare il soffitto e pensavo a quanto fosse azzurro il cielo.E a quanto fosse brutto quello che c'era sotto.E a quanto mi sarebbe piaciuto poter guardare il mare.Solo guardarlo.Solo per un istante.Tanto per rifarmi gli occhi.------------Perché l'ho scritto?Ah, già.Mi andava di annotare, tra un ricordo e l'altro, quanto fossero desolate, le estati a Roma, per gli sfortunati che non potevano permettersi una vacanza, prima che si affermasse l'idea che le città, durante i mesi delle ferie estive, non dovessero necessariamente trasformarsi in luoghi di pena e di mortificazione dell'animo, e che andassero invece restituite ai cittadini perché ne potessero godere a pieno titolo e gratuitamente.Ho sempre apprezzato Renato Nicolini e per anni, dopo la sua eclisse dalla scena pubblica, mi sono chiesta dove diavolo fosse scomparso e perché lo si vedesse tanto di rado,A me era simpatico, "con la sua faccia un po' così, con l'espressione un po' così", con la sua andatura dinoccolata e l'entusiasmo di un bimbo alle prese con il suo nuovo giocattolo.Credo che si divertisse a svolgere il proprio incarico.Lo si intuiva.Chi ama un lavoro lo svolge con amore.E l'amore è un potente fattore di trasformazione.Ha trasformato le squallide agonie di una città accaldata in un animato parco delle meraviglie.Con una ricetta semplice: la cultura non annoia.Non annoia mai.La cultura rende vivi e una città abitata da individui vivi è viva e si ravviva istante dopo istante.Le periferie non sono solo luoghi degradati ma possono divenire luoghi deputati della cultura.Anche la periferia diventa centro nel momento in cui ospita un evento che possa valorizzarla.Ecco.Ho scritto queste note solo per un motivo.Solo per dire: "Grazie".