Rubra domus

Sempre aperte.


Si fa presto.Si fa presto a dire: rimandateli indietro.Come in una partita di tennis.O di ping pong.Di pallavolo, al limite.Prendi palla.Rinvia palla.Al giocatore di turno.Prendi. Rinvia.Prendi.Rinvia.Ops.Liscio.La palla è sfuggita. Rimbalza a terra.Fine dei giochi.Anzi no.C'è sempre un'altra partita da giocare.Innumerevoli le partite.Innumerevoli le palle.Facile a dirsi.Rispediteli a casa.Certo, se uno la casa ce l'avesse.Il conforto di un letto comodo.Un pasto caldo, almeno un pasto caldo ogni sera.La televisione. Perché no?La televisione e poi a letto, a dormire sonni tranquilli.A sognare sogni tranquilli.Facile a dirsi.Rispediteli a casa.Dove le macerie fanno pendant con la polvere.Dove si va a letto senza cena.E ci si alza senza colazione.E si fa pranzo senza pranzo.Dove i sonni sono disturbati dal sibilo delle granate.Dove mamma e papà adesso ci sono e un istante dopo non ci sono più.Spariti.E non stanno giocando a nascondino.Dove i sogni sono popolati dall'uomo cattivo.E si è fortunati se l'uomo cattivo lo si sogna e basta, perché è più facile che l'uomo cattivo lo si incontri lungo la strada, se c'è ancora una strada da percorrere, ed è tremendamente più cattivo dell'uomo cattivo degli incubi peggiori.Facile a dirsi.Rispediteli a casa.Come le palline da ping pong.Brevi esistenze che hanno trasceso la fame, la violenza, la morte.Hanno trasceso la morte per uno scherzo del destino che li ha permesso loro di aver salva la vita.Non un gesto di compassione, che lungo la via della fuga di compassione non se ne trova, ma uno scherzo del destino.Uno è morto affogato. L'altro si è salvato.Dieci sono morti asfissiati in un camion frigorifero. Altri dieci, non si sa come, si sono salvati.Mille sono morti sotto le bombe. Altri mille si sono salvati.Non per un gesto di compassione, che di compassione non se ne trova lungo la via della fuga, ma per uno scherzo del destino..Un istante. Un istante solo, per capire di aver schivato la morte.Un istante, meno di un istante per continuare a scappare. Scappare.Fuggire.Una fuga scomposta, disordinata, la fuga di chi ha il terrore negli occhi.La fuga di chi non ha niente da rimpiangere.Perché mai ha avuto qualcosa da rimpiangere.L'uomo cattivo non si rimpiange.Non si rimpiangono le bombe.La fame.Le macerie.Si scappa, dunque.Scompostamente, disordinatamente.Senza pensare che la via di fuga è più infida di un campo minato.Arriva, chi arriva, stremato dalla paura di oggi, e dal terrore di ieri.E di ieri l'altro.Non ci pensa, neppure un istante ci pensa,  a tornare a casa. Perché non c'è, la casa.Non c'è più.O non c'è mai stata.Si va avanti, dunque.Avanti, senza voltarsi indietro, perché non c'è nulla da guardare, se si guarda indietro.Allora si fa presto a dire: rispediteli a casa.O la si ricostruisce, la casa, per quei milioni di uomini, donne e bambini che il terrore ha spinto alla fuga, o bisogna trovare una nuova casa che li possa accogliere.E per costruire o ricostruire una, due, mille, milioni di nuove case, bisogna che si operi con il concorso di una, due, milioni di volontà tese alla pace e alla costruzione di un presente di solidarietà, conditio sine qua non di una terra che non diventi il campo di una fuga infinita, senza tregua e senza speranza, per un numero in crescita di esistenze prive di pace.Una terra dove ogni essere avesse una casa, sarebbe una terra dove ogni casa avrebbe porte ma nessuno avrebbe bisogno di chiuderle  a chiave.E ogni casa avrebbe le finestre.Sempre aperte.