Rubra domus

Ciò che resta dell'uomo.


Quello che mi ha fatto più male è stato vedere le fotografie.Le fotografie dei cinque attentatori.Cinque ragazzi. Nei tratti del volto i resti di un'adolescenza ancora non del tutto trascorsa.In posa, con un sorriso bonario stampato sul volto.Cinque ragazzi nel fiore degli anni.Il loro sorriso: come una promessa di vita.Invece no. Erano pronti a dare e a ricevere la morte.Hanno dato la morte: ad altri, giovani e meno giovani, le cui foto in evidenza sui quotidiani, sinistramente affiancate a quelle dei loro assassini, offrono alla vista un sorriso.Sorridono, gli assassini, prima di dare la morte.Sorridono, le vittime, poco prima di essere uccise.Quando ci si mette in posa si sorride.Un riflesso istintivo?Si vuole mostrare il meglio di ciò che si è o si vorrebbe essere.Un istante per raccontarsi in un fotoritratto.Un istante congelato per sempre, a Dacca, dove cinque ragazzi dai tratti ancora adolescenziali hanno cancellato le loro vite e quelle di venti persone.Un altro aspetto della vicenda mi ha fatto male.Quando i telegiornali hanno cominciato a dare le prime notizie, hanno parlato di una festa di compleanno in corso, prima della strage, nel locale preso di mira dai terroristi. La festa di compleanno di un bambino di tredici anni. Una notizia della prima ora. Nessun notiziario l'ha approfondita in seguito. Nessun notiziario ha dato seguito alla storia.La storia di un ragazzino di tredici anni in procinto di festeggiare il suo compleanno.Mi ha fatto male.Ammesso che la notizia fosse vera, ho pensato a quel bambino, sul punto di sbocciare alla vita. Un bambino interrotto.Sia che faccia parte di coloro che si sono salvati, sia che faccia parte di coloro che hanno perso la vita, quel bambino è oggi un bambino "interrotto".Non si può sopravvivere alla propria festa di compleanno bagnata dal sangue di una inesplicabile coazione a dare la morte.O forse si può sopravvivere, ma mutilati.Mutilati, di dentro, di un'attitudine che è un prezioso antidoto alle inevitabili difficoltà che s'ncontrano nel cammino della vita.Un'attitudine, quella che ci vuole aperti alla fiducia nel prossimo e nella vita, che fatti del genere spengono per sempre.Vorrei poter dire a quel bambino di tredici anni, ammesso che davvero un bambino di tredici anni stesse festeggiando il proprio compleanno in quel locale reso un macello dall'inesplicabile coazione a dare la morte di cinque ragazzotti di poco più grandi di lui, vorrei dirgli che la fiducia negli altri e nella vita è ancora possibile.Vorrei dirgli che in ogni essere vivente c'è una parte sana, e che quella parte sana va cercata e curata e fatta emergere, e fatta parlare.E fatta urlare.A dispetto del mostro che talora, sempre più spesso, abita dentro gli uomini.Persino in uomini che da poco sono diventati adulti e che nei tratti del volto ricordano ancora i bambini che erano.La parte sana che c'è in ogni uomo, oggi, più che mai, deve emergere e deve parlare, ad alta voce.Urlare, persino.Bisogna ricordarlo. Sempre.Se in ogni uomo abita un mostro, in ogni uomo abita anche una parte sana.A quella bisogna parlare.Quella parte va coltivata in ciascuno di noi come un fiore prezioso.Un fiore che potrebbe sbocciare, prima che il mostro lo recida e lo soffochi.Il mostro che è cresciuto in quei ragazzi che hanno dato la morte si deve essere nutrito di un vuoto incolmabile e solo apparentemente colmato da progetti e scopi estranei alla dimensione della solidarietà, estranei alla dimensione della fratellanza che dovrebbe legare gli uomini tra di loro, estranei, in parole povere, alla dimensione umana.Il problema è come riportare gli uomini alla loro parte sana.Ognuno di noi dovrebbe ogni giorno esercitarsi a dare voce al fiore che, forse inconsapevolmente, si porta dentro, e dargli visibilità, e dargli amore.Ogni comunità dovrebbe, allo stesso modo, far prevalere nel proprio ambito non la tendenza a isolarsi nella propria illusoria convinzione di essere migliore delle altre comunità della terra, ma, al contrario, dovrebbe ostinatamente inseguire e far emergere quei comportamenti e quegli atti che rinsaldano i legami con le altre comunità della terra.Se a livelo personale e a livello collettivo si tendesse a mettere in evidenza quanto ci lega agli altri, quanto ci rende simili agli altri, prima ancora di sottolineare quanto ci separa, quanto ci rende dissimile, forse un passo sarebbe stato compiuto nella direzione della crescita dell'uomo nell'uomo.Solo parole. Probabilmente.Pure le ho scritte perché ci credo.E vorrei che quel bambino di tredici anni potesse credere che c'è un fiore, un meraviglioso fiore in ogni essere umano.E che ha ancora la possibilità di sbocciare.E di rendere il mondo più bello.Più bello e, soprattutto, più abitabile.