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Un senso. O la banalità del male.

Post n°2394 pubblicato il 30 Aprile 2019 da gratiasalavida
 

Una cifra interpretativa.

Della realtà.
Al momento mi sfugge.
Probabilmente è questo che m'impedisce di tornare a scrivere quotidianamente su questo blog, dove ho tracciato per anni riflessioni, propositi, versi, dubbi e incertezze.
Una cifra interpretativa.
Mi sfugge.
Le cronache quotidiane sono piene di orrori.
Certo, lo sono sempre state: narrazioni dell'orrore quotidiano, del quotidiano stillicidio di stupri, violenze, assassini, rapine, ammazzamenti, sbudellamenti vari.
Pure, in un passato ancora piuttosto recente, esisteva, a orientarti nel labirinto delle ombre che si allungano, sinistre, nelle retrovie dell'apparenza, una prospettiva cui ricorrere per arginare lo smarrimento.
Ci credevo, nella possibilità di una trasformazione dell'esistente.
Ci credevo, nella forza di valori che mi davano modo di discernere, qui e ora, ma anche in vista della costruzione del futuro, il senso da dare alle cose, alle azioni, ai comportamenti.
Il senso da dare alla realtà.
Il senso.
Oggi.
Oggi mi è difficile guardare alla realtà e restituirle un senso.
Oggi mi riesce difficile arginare le ombre.
Ho letto qualche giorno fa la notizia di un gruppo di minorenni che si sono accaniti su un uomo indifeso e l'hanno tormentato per mesi, fino a rendergli la vita intollerabile, fino al punto da minarlo nel fisico, oltre che, irreparabilmente, nella psiche.
Lo deridevano, lo bastonavano, lo perseguitavano, gli rubavano i soldi, si intrufolavano nella sua casa per stanarlo.
L'uomo è morto.
Il suo fisico e la sua psiche, logorati fino a un punto di non ritorno, hanno scelto per lui.
Hanno scelto, forse saggiamente, di non protrarre una condizione di vita intollerabile.
Sembra che uno dei colpevoli abbia detto che faceva tutto questo per passare il tempo.
Passare il tempo.
Ecco. Questo è un esempio di ciò che intendevo dire, quando ho parlato dell'incapacità di restituire un senso alla realtà.
Un'affermazione come questa, sulle labbra di un ragazzino non ancora pienamente sbocciato alla vita, suona come un colpo di fucile alla speranza.
Un ragazzino non ancora sbocciato alla vita, per "passare il tempo" non trova altro di meglio da fare che torturare un uomo fino a togliergli la sua dignità.
In un passato orribile, oltre settanta anni fa, lo facevano i Nazisti: togliere a un essere umano la sua dignità.
Oggi lo hanno fatto dei ragazzini imberbi. 
E lo hanno fatto in forma conviviale, insieme a un folto gruppo di coetanei.
Un'allegra brigata di ragazzini che, per "passare il tempo", ha consapevolmente scelto di impegnarlo, quel tempo, nella demolizione di un uomo.
Perché, quando a un uomo si toglie la dignità, quando un uomo si toglie la libertà, quell'uomo lo si condanna alla morte.
Questa vicenda mi ha sconvolto, perché dietro l'insensatezza di atti gratuitamente volti a compiere il male, si coglie il senso del vuoto che animava le menti e lo spirito di questi ragazzini.
La banalità del male non è una frase ad effetto, una pura astrazione da assumere quale corollario di una riflessione oziosa sull'esistente.
La banalità del male è perfettamente incarnata da un gruppo di ragazzini che non solo hanno compiuto un gesto orribile, ma lo hanno motivato ricorrendo alla più insensata delle ragioni.
Volevano "passare il tempo".
Si annoiavano e hanno pensato bene di trasformarsi in carnefici.
Hanno pensato bene.
No. Non è corretto.
Non hanno pensato.
Hanno agito in preda a un istinto alimentato dal vuoto pneumatico delle loro menti incapaci di partorire idee, progetti, speranze, sentimenti, amore.
Ragazzini vuoti.
Completamente vuoti.
Ragazzini preda di un vuoto che urlava il bisogno elementare di essere colmato.
Lo hanno colmato, quel bisogno, trasformando un altro essere umano nel giocattolo che avrebbe riempito il loro tempo morto.
Tutto questo mi riempie di orrore, anche perché non si tratta di un caso isolato.
La cronaca recente è piena di narrazioni di comportamenti simili, agiti da ragazzini vuoti, che più vuoti non si può, magari in molti casi non si è arrivati al risultato estremo di provocare la morte della vittima di turno, ma le modalità di comportamento risultano accomunate dalla crudeltà, dalla gratuità, dalla insensatezza, dalla incapacità di discernere.
Tutto questo mi fa orrore.
Il vuoto mi fa orrore.
Ho visto crescere generazioni e generazioni di ragazzini.
Ho sempre visto in loro, nonostante le manchevolezze che sempre contraddistinguono il comportamento degli adolescenti, il germe della bellezza.
Non mi sfuggiva la luce dei loro occhi, quella luce particolare che rende belli gli occhi dei ragazzini, perché emana gioia, curiosità, amore,  generosità, voglia di spendersi per migliorare il futuro, voglia di scoprire il mondo, di aprirsi al nuovo, voglia di vivere, di amare, di condividere.
Per anni ho letto questo, negli sguardi dei ragazzini.
Oggi, di fronte a episodi come quello avvenuto a Manduria, vengo sopraffatta dall'orrore.
Cosa poter leggere in quei ragazzini, se non il vuoto?
Il vuoto delle menti, il vuoto dei sentimenti.
Il vuoto dell'anima.
Il tempo, il loro tempo, quello dell'adolescenza, trasformato dal vuoto in tempo morto.
Un tempo morto in cui solo la morte si può rincorrere.
Ragazzini vuoti che saranno gli uomini di domani.
E che uomini avremo, domani?
Una generazione di esseri che hanno perso nel vuoto la loro umanità.
Una generazione di uomini non umani non può non lasciar presagire l'incombere, sulla società del futuro, di terrificanti sviluppi.
Scenari di morte e devastazione inimmaginabili.
No. non voglio immaginare.
Non posso immaginare.
Non voglio.
Non posso.
Allora chiudo questo lungo sfogo, perché di sfogo si tratta, con una domanda.
Come siamo arrivati a questo?
Come abbiamo, noi, adulti di oggi, potuto permettere che il vuoto si radicasse nelle menti, nei cuori, nei comportamenti, nelle azioni degli adolescenti che abbiamo generato?
Una pianta, se non viene curata, muore.
Allora, fino a che è possibile, fino a che c'è ancora del tempo, curiamola, questa pianta.
Diamole amore, speranza, ascolto, ma anche dei valori.
Che li aiutino a discernere.
E a riempire il vuoto.
Il valore della cultura.
Perché senza amore per la cultura il vuoto si dilata all'infinito.
Il senso della storia.
Perché senza la considerazione del passato si è condannati a una dimensione di eterno presente che annienta lo spessore dell'esistenza.
Il senso della dignità umana.
Il senso della solidarietà umana.
Il senso della fratellanza.
Il senso dell'amore.
Il senso del futuro.
L'importanza della progettualità.
Il valore del risultato conseguito con il proprio lavoro.
Il senso della responsabilità delle proprie azioni.
La fiducia nella possibilità di trasformare il mondo, e di trasformarlo in un luogo più bello e vivibile, dove ci sia spazio per tutti.
Ecco.
Forse questo è un senso.
E' "il" senso.

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Commenti al Post:
aliasnove
aliasnove il 03/05/19 alle 15:45 via WEB
Applausi!!!
 
Roberta_dgl8
Roberta_dgl8 il 05/05/19 alle 22:24 via WEB
Cara Cinzia. Innanzitutto grazie del tuo passaggio. Ho letto qualche giorno fa, questo tuo scritto. A caldo. Sono stata male, per la vicenda. Proprio per la cattiveria gratuita proprio per il vuoto di chi non ha provato pietà alcuna verso un essere umano disumanizzato solo per protagonismo tecnologico. Io non ho niente altro da aggiungere che tu non abbia già ben scritto. Ho solo da sperare in un ottimismo, a che' l'episodio doloroso ed aberrante (laido per usare parole non mie, ma che condivido), possa essere di monito soprattutto a chi dovrebbe monitorare forze dell'ordine in primis - e servizi sociali in seconda. Non può essere solo un caso isolato da ricondurre a deriva e mancanza di valori. Ci sono responsabilità oggettive.
 
 
Roberta_dgl8
Roberta_dgl8 il 05/05/19 alle 22:24 via WEB
il senso è per noi di trovare ancora un senso, e non farci abbattere. Sono stata male giorni,credimi.
 
lorifu
lorifu il 06/05/19 alle 21:21 via WEB
È sempre bello leggerti. I tuoi post inducono alla riflessione e anch'io mi sono interrogata, m'interrogo di continuo sul senso. Il senso è andatp perduto in una società dove la parola stessa non ha più senso, svilita, emarginata, cancellata, condannata a non esistere per far emergere il nulla o il finto pieno. Parafrasando il titolo di un film Non è un mondo per vecchi, direi che non è neppure un mondo per giovani, persi nel loro vuoto esistenziale dove la cultura non esiste e non esiste neppure la percezione del male. È in famiglia che avviene l’imprinting e la cattiveria, la crudeltà, l’amoralità, non nascono dal niente ma si respirano e si alimentano dai discorsi, i gesti, l’assenza, la mancanza di riconoscimento, attenzione che un genitore dimostra verso i propri figli. Ecco allora che il confine tra il bene e il male si confonde e l’amoralità che ha avuto modo di radicare non è altro che il risultato del vuoto affettivo. Un saluto affettuoso.
 
pippi_lu
pippi_lu il 28/05/19 alle 23:59 via WEB
Anche a me sono venuti pensieri disfattisti... per contro ci sono ragazzi fantastici che vanno veloci, molto più di noi. Il motivo? la famiglia di origine, il padre la madre l'amore che hanno ricevuto o lo schifo della loro infanzia
 
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