Sangue ed anima

IL VOLTO DEL SANGUE


Si svegliò di soprassalto. Il suo volto dolorante era trafitto da miriadi di pezzi di vetro fini come la pioggia. Uscendo di strada, il parabrezza si era frantumato ed aveva penetrato in piccole schegge il viso putrefatto di Grant Colbain, intento a scappare verso il Canada. Probabilmente il sonno e i viaggi mentali, ispirati dalla strada lunga, larga e buia, avevano distratto completamente l’autista dalla guida. Sollevò una mano e tocco il suo viso lanciato dal dolore, togliendo pezzo per pezzo, lentamente, i piccoli frammenti di vetro. Ad ogni scheggia tolta uno zampillo di sangue usciva dalla carne putrida, sporcando i vestiti e lo sterzo di un rosso scarlatto. La carne grossolana e rigonfia che costituiva quello che si poteva difficilmente definire il suo viso attutiva il dolore dell’estrazione. Gli occhi, incastonati nelle guance gonfie e negli zigomi  dilatati, vedevano a malapena in ciò che restava dello specchietto retrovisore il volto del conducente. Colbain prese il cappello, caduto insieme alla valigia sotto il sedile anteriore destro, se lo ficcò bene in testa e, dando una potente botta alla portiera, uscì dalla macchina arrugginita. Il cofano era totalmente accartocciato sul lampione davanti a quella che un tempo era un auto e i fanali anteriori erano praticamente l’uno di fronte all’altro. Maledicendo la sua vecchia auto e tirandole dei calci ben assestati, Colbain si scordò del suo dolore. Prese la valigetta sotto braccio e lasciò il luogo dell’incidente incamminandosi nella foresta vicina alla strada. Benedisse sé stesso per aver impattato vicino ad una boscaglia e non in piena cittadina, cosicché il suo incidente passasse inosservato. L’accaduto poteva anche essere a suo favore: lasciando l’auto in quel luogo Grant avrebbe fatto perdere completamente le tracce di sé. Penetrò nel fogliame velocemente lasciandosi l’auto alle spalle e cercando un posto isolato in cui riposare. Un piccolo albero rinsecchito, nascosto tra grossi alberi, gli si presentò dinnanzi come il giaciglio perfetto per la sua schiena martoriata. Appoggiò la schiena al fusto e socchiuse gli occhi, cercando un temporaneo riposo in quella fuga senza sosta. La mattina seguente un carro attrezzi era intervenuto per rimuovere l’auto dal percorso stradale e per facilitare la circolazione. Per fortuna nessuno riconobbe che quella era l’auto del famigerato omicida Grant Colbain, appena scappato dal luogo del delitto. Neppure lo sceriffo, giunto a sincerarsi che nessuno fosse coinvolto nell’incidente, pensò all’eventualità che il ferito potesse essersi riparato nella foresta. Ipotizzando che fosse andato all’ospedale sulle proprie gambe, salì sulla sua tipica auto blu e marrone e fuggì all’orizzonte. Intanto Grant si era risvegliato, dolorante più della notte precedente. Qualche scheggia era penetrata in profondità e se non si fosse fatto curare avrebbe rischiato la cancrena. Si alzò dal suo giaciglio e si diresse, attraverso la conoscenza degli indizi che svelano i punti cardinali, a nord, verso il Canada. Trascinando il suo corpo dolente, raggiunse un sentiero, probabilmente usato dai contrabbandieri della zona, e calpestando con i grossi piedi il suolo battuto, continuò la sua marcia verso la salvezza. Dopo aver percorso qualche chilometro, si rese conto che i piedi e le gambe, abituate a lunghe fughe sedentarie su quel catorcio che chiamava macchina, non gli reggevano più. Si sedette sulle sponde di un fiumiciattolo a bagnare i piedi doloranti nell’acqua fresca, fissando il suo volto nello specchio vitreo del liquido. Come aveva potuto essere così sfortunato? Che la dannazione e la maledizione del Dio in cui da tempo non credeva più fossero ripiombate su di lui? Non poteva. Non poteva essere. Sapeva che ciò che tutti chiamavano Dio nella sua mente non esisteva più. Lo aveva arginato ad un ruolo marginale per poi farlo sparire nel nulla, insieme alla sua infanzia tormentata. Quell’infanzia che lo aveva portato a conoscere la sua futura moglie. Quell’infanzia che lo aveva tormentato a lungo e che era finita con la nascita di sua figlia, svanita per sempre in un mare di felicità. Quell’infanzia che ora era tornata a tormentarlo, quasi fosse tornato bambino. Quasi fosse tornato all’inferno dell’angelo nero.