Sangue ed anima

SFONDARE UNA PORTA APERTA


Pochi minuti dopo era già dentro, zuppo, curioso e incazzato.-  Sto aspettando. Parla.- disse Grant. Anche lui era arrabbiato. Arrabbiato per la visita inattesa che     gli aveva sporcato la vetrata e il pavimento, arrabbiato per l’ospite non molto desiderato. -  Parla? E’ il modo di parlare a un figlio di puttana che si è girato tutta la fottuta città sotto la     pioggia per cercarti? Mi devi almeno del lei, cazzo! – gli gridò contro Lodge-   Io non do del lei a persone che non rispetto e che non mi rispettano, quindi, se vuoi uscire.. la     porta è aperta.- rispose con tono stizzito Colbain, strattonandolo e spingendolo per la schiena     piano piano verso l’uscita.-   No, no, aspetta – disse Brian, puntando i piedi sul pavimento e bloccandosi sull’uscio – il foglio..      il foglio.. l’ho letto.La giacca era zuppa e aveva macchiato il pavimento con piccole gocce zampillanti. Il ragazzo era stato innervosito dal carattere scontroso del professore e da quella nuova macchia che avrebbe dovuto essere pulita da lui medesimo tra qualche minuto, ma decise di lasciare le spalle dell’uomo e farlo parlare.-    Ah, bene.. – disse Lodge, aggiustandosi la giacca umida all’altezza del petto mostrando le spalle       bagnate al giovane – Ora, se non ti dispiace..Lo storico si voltò, dirigendosi piano verso una sedia del bancone e scostando la spalla ferma dell’ancora leggermente sbarbatello. -    Ora, se mi servissi un drink..- affermò sdegnosamente lo scrittore, mostrando a Colbain un       bicchiere e indicando con un dito una lontana bottiglia di Rhum. -    Stai giocando con la mia pazienza. Ancora così e ti butto fuori – dichiarò tronfio Grant. -    Ok, ok. Non immaginavo lavorassi in un bar. Ti credevo.. che so.. uno di quegli sfigati       universitari mantenuti..- disse Brian, poggiando il bicchiere. -    Ti sembro un universitario?- rispose stizzito il ragazzo.-    … - qualche secondo di silenzio e un lungo sguardo di sfida passarono nel vuoto della stanza –      Ho capito, non sono ben accetto – affermò lo storico, alzandosi e lasciando, grazie alla giacca       annacquata, una pozza di liquido sulla seggiola e sul tavolo. Colbain non lo toccò e non cercò di fermarlo. Il dibattito sembrava concluso. Lo studioso si stava ormai dirigendo alla porta senza trovar alcun ostacolo, lasciando una scia di gocce sul terreno. Passò sotto il portone e, sbuffando, guardò il plumbeo cielo. Pioveva piano, come se l’acredine stemperata tra i due avesse calmato il diluvio. Le pozzanghere contenevano echi di cerchi infranti che risuonavano nelle poche gocce cadenti qua e là. Era ancora notte, e la città dormiva. Il fumo bianco dello sbuffo del professore si sparse nell’aria, come un segnale di vita verso entità morte. Sbuffò ancora e sospirò, dicendo:-    Credo.. credo che.. – disse Lodge, con tono sincero e aperto. Passò qualche attimo di silenzio.       Qualche sbuffo, qualche sospiro. Lo scrittore era muto come un pesce, bloccato dopo tutta        quella veemenza. Grant guardava  l’uomo voltato di spalle come un toro guarda la banderilla –       …. Claire ti saluta.. o almeno credo.. CiaoLe parole, dette piano, lentamente, risuonarono nel completo silenzio della città come martelli. Chissà come stava Claire.. Solo per lei, solo per lei sarebbe andato anche a casa di quell’odioso professore. Odioso. Vedeva i suoi passi allontanarsi nella notte e un po’ gli dispiaceva. Se lui si fosse posto diversamente, avrebbe potuto porgli le domande. Ma ora questo non lo interessava più. La verità, per il ragazzo, vagava nelle parole di un bar. La verità sarebbe arrivata presto, come una freccetta sul cerchio concentrico. La verità sarebbe arrivata. Prima o poi.