Sangue ed anima

RITORNO ALLA TANA


 L’uomo non potrà mai confutare una verità che in vita non gli è permesso analizzare. E’ a questo che penso ogni qualvolta la mia mente spazia verso locazioni infinitamente distanti dal nostro tempo, cercando nell’infinità del ricordo una motivazione alla mia piccola vita. Per molti anni ho tentato di capire cosa mi abbia portato a compiere azioni che ho già compiuto, cosa mi abbia trascinato verso situazioni che non mi aspettavo, cosa mi abbia spinto a pensare e a sprecare gran parte del tempo vitale concessomi dal Padreterno cercando uno scopo a questa esistenza. In realtà, come ho già detto, a noi uomini ciò è e dev’essere precluso. Perché dovremmo sapere il motivo per cui siamo nati? Perché dobbiamo conoscere lo scopo, e quindi le sue conseguenze sulla nostra vita? Per comportarci in modo diverso? Se sapessimo che siamo qui per costruire una casa, la costruiremmo forse più bella di come era destino che fosse? O forse sarebbe la stessa casa ispirataci e destinataci dal Padre? Per questi e altri motivi mi sono rassegnato a lasciar perdere ogni ricerca e a far solo ciò che penso sia giusto e ciò che penso possa migliorare la mia situazione agli occhi di Dio. Sapendo di non poter certo aiutare una creatura onnipotente, ho cercato di aiutare me stesso e in una misura un poco inferiore gli altri. Potrebbe e dovrebbe sembrare una ricerca della salvezza molto egoistica nei confronti dell’intera umanità, ma spero sempre che l’Eterno mi perdoni, prima o poi. Comunque, ho perso ogni speranza nel trovare una verità che solo il Padre conosce e forse ci farà sapere. L’ho fatto cercando di impegnare ogni mia forza nella fede e nella riconoscenza. Ho lasciato una ricerca esteriore per tentare una ricerca interiore che ancora cerco di migliorare. Ho lasciato perdere, appunto, la ricerca di un’origine. La ricerca di un’origine. Questa frase sembrava ormai persa dopo che Grant e Brian, intrisi di una furia reciproca inusitata, si erano abbandonati vicendevolmente in quello sperduto bar nella notte piovosa. Il professore temeva di aver perduto per sempre in quel locale la speranza di trovare quella tanto fantasiosa prova, quella dimostrazione che il mondo aveva un significato e uno scopo. Aveva vagato per il mondo in cerca di quella risposta, ma non l’aveva mai trovata da nessuna parte. Grant, d’altra parte, aveva capito che se voleva qualcosa, non poteva pensare di scovarla nella casa di un patetico scrittore. Quell’uomo, quel Lodge su cui aveva investito molte delle sue speranze, era solo riuscito a fargli saltare i nervi e a sporcargli il locale col suo impermeabile annacquato. Colbain dovette rimanere a pulire il pavimento del ristorante fino a notte tarda, sopportando il sonno e il pensiero di un prossimo rimprovero quando, all’indomani, si sarebbe presentato a lavoro con gli occhi sbarrati dalla stanchezza. Le macchie nere sparivano difficilmente, incrostate sulle mattonelle da grosse orme a forma di piede. Il moccio, impugnato saldamente dal ragazzo con ambo le mani,  passava lento e deciso nella vacua illuminazione della camera. La notte circondava la stanza penetrando dalle grosse lastre di vetro. Qualche d’uno passava, solitario e silenzioso nel buio, cercando nel bar un conforto che non avrebbe trovato. Grant si asciugò la fronte pulsante per il forte mal di testa e, alzando lo sguardo, guardò la strada vuota e oscura. Non pioveva più da qualche minuto e le pozzanghere cominciavano già, per il freddo, a indurirsi. Il gelo copriva le case e il blando fumo che saliva dal cemento, accerchiandoli con una nube bianca. Il sonno e la stanchezza, dipinte nell’ambiente cittadino, cominciavano a farsi sentire prepotentemente sul volto pallido del ragazzo. Colbain guardò la sua immagine riflessa e, facendosi forza, riprese a lavare il pavimento. Prima avrebbe finito, prima sarebbe andato a letto. Intanto lo storico camminava piano nella notte, meditando su cosa avrebbe fatto l’indomani mattina. Lo aspettava un convegno televisivo con altri esperti del settore sul suo ultimo libro, ‘Demoni a pranzo’, ma non aveva assolutamente voglia, dopo la notte passata sotto l’acqua scrosciante a vagare in cerca di una risposta, di presentarvisi. Guardava le sue scarpe bagnate e infreddolite scuotendosi a tempi regolari il vestito umido e riflettendo su quanto vane erano state le sue ultime pubblicazioni, date in pasto a critici e pubblico solo per ottenere soldi e fama, e non poteva che pensare a quanto immeritato era stato il suo successo. Tutto quel denaro, tutto quel riconoscimento, utilizzati solo per godersi qualche attimo fuggente in compagnia di avvenenti modelle e di importanti personaggi del mondo musicale, televisivo e cinematografico, usati solo per glorificare sé stessi e la propria popolarità davanti a giornalisti e fotografi. Come aveva potuto sprecare tutti quei fondi? Non avrebbe già potuto iniziare una vera e propria ricerca senza appellarsi a quell’idiota di un ragazzo, senza appendersi, come un barbone, alla maglia del primo passante? Doveva cambiare. Doveva investire su quell’idea. Doveva finanziarla, trovarla, studiarla e renderla pubblica al mondo. Ma da dove avrebbe iniziato? Forse da quella striminzita ipotesi? Doveva cercare, cercare e cercare. La ricerca doveva iniziare. E sarebbe iniziata. Presto.