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« ALLE PORTE DELL'INFERNOL'INFERNO CHE ATTANAGLIA »

NELLA GROTTA DEL DRAGO

Post n°5 pubblicato il 07 Agosto 2008 da sangueedanima
 

La casa, al ritorno del sergente, era vuota come la botte di un ubriaco. Quell’aria di gioia e vita che si respirava fino a pochi anni prima era svanita nel nulla. Mike guardò l’attaccapanni, su cui poggiava ancora un pesante cappotto verde tonso di polvere. Restò a fissarlo pochi attimi, poi poggiò il suo impermeabile sul supporto libero e si avviò verso la cucina. La moglie lo sentì entrare, ma non pronunciò nessuna parola. La tavola era perfettamente preparata alla cena e le sedie, leggermente scostate, attendevano i glutei degli inquilini. Baptista si sedette, senza parlare, tenendo lo sguardo basso. I suoi occhi fissarono per un attimo sua moglie, seduta di fronte a lui, per poi abbassarsi nuovamente. Un pasto povero, caldo solo in apparenza, inondava la stanza di profumi tenui. La terza sedia, vuota e serrata al tavolo, faceva da commensale alla coppia. Non era il sonno ad annebbiare la mente del sergente, ma la malinconia che si nascondeva nei suoi occhi. Quella sedia vuota, ricordo di qualcuno che non c’era più e avrebbe dovuto esserci, si stagliava contro la sua anima come un pugnale. Si dice che l’assenza uccida. Di certo al sergente bene non faceva.

Intanto, Grant continuava a correre sulla lunga via verso il Canada, con la mente ormai in ostaggio della velocità. Quella strada, lunga e ampia, senza svolte, trasportava la sua mente verso i luoghi più disparati. Verso i giochi, verso la scuola, verso i profumi di una tavola imbandita e di un vero pranzo, verso la comodità di un letto, verso Cole, l’angelo nero di Norwich.

 

Dopo qualche giorno, Grant si rese conto che Williams non era altri che il direttore del carcere penitenziario della città, rinomato per la sua severità e per la sua intransigenza in tutta la nazione. Fu un giornale a raccontarglielo, attraverso quegli ampi titoli accattivanti, quelle strisce di pensiero e quei fiumi di parole che dominano ormai l’opinione dell’uomo. “Il giovane Cole Williams, menzionato al governatore per la perfezione del suo lavoro, è stato premiato con un riconoscimento alla carriera. Sotto la sua giurisdizione i crimini sono diminuiti del 40%. Il futuro promette bene per la nuova classe dirigente”. Colbain rimase colpito da questa enorme e prolissa lode e cercò di capire meglio in cosa consisteva il lavoro del suo tutore. Informandosi attraverso la biblioteca, i professori e Internet, a cui accedeva grazie all’ora di Informatica, Grant venne a sapere che quello che stava ormai diventando il suo idolo mandava alla sedia elettrica migliaia di persone all’anno. Convincendosi che il suo angelo non potesse agire contro il volere Divino, a cui il bimbo credeva ancora fermamente, Colbain costruì attorno a Williams un mondo di malvagi intenti a distruggere lui e il suo bambino. Cole stava diventando, agli occhi del giovane, un vero e proprio supereroe.

Grant ricominciò a credere in sé stesso, a trovar la forza per andare avanti, a mangiare e bere con gusto, a porre domande, a vivere. Il suo tutore fu stupito dalla reazione inspiegabile del piccolo, risollevatosi dal suo guscio di silenzio e cieca obbedienza senza un’apparente ragione. Preoccupato sul da farsi, finì per non far nulla di diverso da quello che faceva abitualmente.

Il piccolo dormiva di gusto, addormentandosi sempre prima delle undici. Le sere passavano velocemente, come una dolce brezza sul selciato di un parco in primavera. I giorni felici passano in fretta e si può ben dire che quello fu uno dei periodi più veloci della vita di Colbain. Almeno finché non cominciarono a spuntare i ‘ vermi oscuri ’,  grossi sacchi neri che apparivano ogni notte nel giardino di Cole per poi sparire nel nulla la mattina. Quegli esseri attanagliavano la mente di Grant scatenando la sua morbosa curiosità infantile e da quel momento in poi le cene con il suo angelo nero sarebbero state piene di domande. 

 

 
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