Blog
Un blog creato da sangueedanima il 03/08/2008

Sangue ed anima

Un capitolo al giorno del mio primo libro

 
 

COMPRATE IL LIBRO

 

AREA PERSONALE

 

TAG

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Luglio 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30 31        
 
 

FACEBOOK

 
 

 

« IL VOLTO DEL SANGUEFUGA DA ATLANTIS »

L'OASI NEL DESERTO

Post n°9 pubblicato il 11 Agosto 2008 da sangueedanima
 

Tornato a casa da quella visita infernale che lo aveva condotto su una via oscura e solitaria, si tolse le pesanti scarpe e si accorse subito che il suo profumo non era certo il migliore del mondo. Appoggiò i calzari sul tappeto e salì piano, con moto scanzonato e svogliato, le lunghe scale ripide. Guardò l’ampia finestra di fronte a lui e si diresse alla sua camera, dove si rinchiuse immediatamente a pensare. Il freddo della casa gelida lo avvolgeva in un manto di brividi e singhiozzi, tipici di qualsiasi ragazzo che perda ogni punto di riferimento. Il materasso duro e umido su cui si era seduto stava inzuppando ogni fibra dei suoi jeans, regalo di una madre ormai persa. Pensava a quando era piccolo e suo padre, prendendolo per le mani, lo faceva volare in alto, come gli aeroplani. Pensava a quando suo padre lo sgridava per le marachelle. Lui era piccolo e si infilava sempre nello sgabuzzino a nascondersi, facendo cadere dalle mensole un po’ di tutto. Il papà lo prendeva da parte togliendolo dallo stanzino, lo fissava con sguardo severo e gli faceva una lunga ramanzina. Pur essendo momenti brutti, si ricordava che anche in quegli istanti lo sguardo del padre era pieno di amore e tenerezza, colmo di fragile insicurezza paterna e di grande dolcezza. Sua madre era sempre stata un po’ in disparte. Pur avendo modi molto teneri e ragguardevoli, ovviamente materni, aveva sempre dimostrato una certa freddezza nella comprensione e nell’allevamento del figlio, che a tutti gli effetti gli preferiva il padre. Ricordando tutto questo Grant si ritrovò a piangere come un bambino,- quale in effetti era -disteso sul letto bagnato. Cole, noncurante del suo stato emotivo, era rimasto al pianoterra a preparare la cena della sera. Colbain si sfogò completamente, tirando fuori tutta la rabbia per quel Dio che gli aveva dato una bellissima famiglia per poi togliergliela crudelmente. Poteva esistere una divinità così cattiva? In cosa aveva creduto in tutti questi anni? Si sentiva stupido, stupido e incompreso. E piangeva, come le nuvole nere di un temporale, come una fontana zampillante. Come un bambino.

La cena fu squisita. Come l’ultima cena dei condannati, era rifornita di tutte le leccornie immaginabili. Forse, in fin dei conti, Cole si era accorto di quanto il ragazzo avesse sofferto e gli voleva dare una seppur minima soddisfazione rifornendolo di tutto il ben di Dio immaginabile. Il piccolo non faceva neanche caso al viso compiaciuto e curioso di Cole, intento a fissare il suo sguardo opaco e depresso. Appena finito di cenare, Grant si diresse di corsa verso il letto, preparato da poco nei minimi particolari dal suo tutore. Prima di dirigersi alla stanza pensò bene di farsi una doccia veloce e, tutto indaffarato, entrò nel bagno senza nemmeno accendere la luce e portandosi dietro solo un paio di slip. Fu allora che Cole commise l’Errore. Uscì in fretta di casa, sbattendo piano la porta. Credeva che il piccolo fosse già andato a dormire e fosse avvolto fino alle orecchie, per colpa del freddo, dalle coperte. Si diresse verso l’auto, parcheggiata nell’ampio garage; ne aprì con forza la serranda e, fugacemente, spalancò il portabagagli della macchina. Il piccolo era uscito dal bagno, in mutande, per accendere la luce e aveva inavvertitamente sentito quegli strani rumori provenire dal retro. Si mise allora alla grossa finestra e fu in quel momento che li vide: i grossi vermi neri, impilati l’uno sull’altro, erano adagiati di fianco al box macchina. E c’era anche il suo angelo nero. Il suo salvatore stava trascinando quegli esseri di plastica fuori dal garage con una smorfia compiaciuta dipinta sulla faccia. La luce del bagno era attutita dalla porta socchiusa e grazie a questo e ai lampioni il piccolo Grant riuscì a vedere la scena nei minimi particolari. Quelli non erano vermi. Erano sacchi. Sacchi grandi, neri, di quelli che si vedono all’obitorio o nelle fosse comuni. E lui, quell’omuncolo, come lo chiamava sua madre, li stava impilando l’uno sull’altro. Grant fu pervaso dal dubbio e ,lentamente , scese le scale. E vide che la cantina era aperta. Uno sciamare di mosche e moscerini ne circondava l’entrata ed un alone di gelo ne usciva potentemente, come quando si apre un congelatore e si sente il gelo penetrare fin dentro le ossa. Poteva finalmente scoprire il mistero di quella cantina. Risalì le scale e controllò alla finestra che Cole non lo avesse scoperto, quindi si voltò con le spalle verso la vetrata e raccolse tutto il suo coraggio per tentare l’impresa. Williams, intento ad accatastare i sacchi, gettò uno sguardo in direzione della finestra. Lo vide. Vide l’ombra di un fanciullo voltato di spalle che probabilmente lo aveva fissato fino a pochi momenti prima. Fu preso dal panico. Che fare? Che fare ora? Lo aveva visto, lo aveva visto sicuramente! Perché era sveglio? Non era a letto? Perché non aveva controllato prima di uscire? E ora? Mollò il sacco che stava trasportando nel bel mezzo del giardino e corse verso casa. Intanto Grant, diretto verso la cantina, aveva gettato uno sguardo nell’oscurità che la colmava. Afferrò con una mano il corrimano delle ripide scale che portavano allo scantinato e con l’altra tentò di farsi strada tra i vari insetti volanti che infestavano la stanza. Un odore di marcio e morto assalì le sue narici insieme al freddo rumore di un grande congelatore. Prese coraggio e scese il primo scalino verso l’oscurità del seminterrato. La porta dell’ingresso sbatté con forza e Cole, appena entrato, lanciò un urlo che invase tutta la casa – GRAAANT!

Colbain risalì il gradino e richiuse con forza la porta della cantina, serrandola con un giro di chiave. Riprese in mano il corrimano e scese rapidamente le scale mentre la porta sobbalzava sotto i pugni del suo angelo nero. Quasi cadde cercando di scenderle il più velocemente possibile, ma riuscì ad appendersi al corrimano, forse lussandosi una spalla. Saltò giù dall’ultimo gradino e voltandosi verso la scalinata che aveva appena percorso, vide la porta in legno gemere sotto le spallate di Williams. – GRAAANT! FAMMI ENTRARE! Il buio che lo circondava, le grida, i gemiti della porta, l’odore di marcio e putrefatto, il ronzio delle mosche che gli pungevano la pelle, il freddo che riempiva la stanza e quell’intenso rumore tipico di un climatizzatore facevano fremere il suo corpo di bimbo come una foglia. La porta sbottava insistentemente. Williams era arrivato a colpirla con un estintore – GRAAANT! DANNATO RAGAZZINO! Grant non vedeva nulla in quell’oscurità profonda. Sentiva sulla sua carne le mosche, le loro piccole zampette viscide, il loro corpo pungente. Sentiva le loro ali vibrare nel vuoto della stanza, invasa da quell’odore di morte profonda. Sentiva il freddo che gli gelava la cute, gli faceva battere i denti, gli faceva lacrimare gli occhi. Le mosche erano nervose e sbattevano con forza contro il suo corpicino. ZZZZ- le mosche, il climatizzatore, il freddo, avevano lo stesso rumore- ZZZZ. CLUNG- il rumore di un dondolante oggetto metallico pendeva sulla sua testa –CLUNG. – APRIIII! FIGLIO DI PUTTANA, APRI QUESTA FOTTUTISSIMA PORTA! Il grido lo spaventò profondamente, tanto da farlo arretrare di qualche metro. Cadde. Era inciampato su qualcosa di freddo e grosso. Era col culo a terra, la gamba poggiata sull’ostacolo e lo sguardo fisso alla porta. Poi lo sentì. Ciò che l’aveva intralciato aveva una mano. Una mano fredda, gelata e salda. Tolse la gambe immediatamente e fissò il punto dove la sua cute ne aveva incontrata un’altra, ma immensamente più ferma e secca. Lo guardò, e lo vide. Un viso. Bianco come la neve, glabro. Gli occhi a fissare il vuoto, la bocca leggermente aperta in una smorfia. I segni di un casco che gli aveva deformato il cranio. Scese con lo sguardo verso il torace. Lo vide. Nudo, niveo, gonfio, rigido come il cranio. Le braccia a stringerlo, quasi a contenere la sua espansione e a riscaldarlo dal gelo. Un conato gli salì per la gola, ma la curiosità era troppo forte. Scese ancora, cercando la vita e le gambe. Buio. Non c’erano. Una macchia scura sul pavimento all’altezza del busto, un insieme di frattaglie grigiastre, appallottolate come nei supermercati. Erano ferme, rigide, indurite dal gelo. Il vomito gli uscì potentemente dalla bocca, raggiungendo la macchia rossastra che circondava il cadavere. Si mise una mano sullo sterno e fece uscire ogni frammento di ripugnanza allungando la lingua verso il labbro inferiore. La sua bocca, spalancata dal disgusto, era rivolta verso il basso. Le mosche continuavano a tormentarlo mentre infestavano la salma. – APRIII!!! APRI, O DOVRO’ SFONDARLA! A sentire il suo angelo nero, per lui un idolo fino a poco tempo prima, la sensazione di rigurgito si fece più forte. Come aveva potuto affidarsi ad un tipo del genere? Quello davanti a lui era un cadavere! Perché aveva un cadavere in casa? Colpi. Colpi fortissimi alla porta, che reggeva agli urti in modo eroico. Le lacrime cominciarono a cadere sul pavimento insieme al vomito e a quella macchia scura.

        Perché?- gemette Grant

     Passi. Pesanti, forti. Colbain si abbandonò sul pavimento sporco sulle mutande messe la mattina.

     Piangeva, come poche ore prima. Piangeva di terrore.

     Uno sparo. La serratura si sbriciolò in mille pezzi. La porta, gemendo un ultima volta, si aprì. La

     luce del piano di sopra, lontana, illuminò la figura dello scassinatore. Williams scese piano le

     scale, fissando i lineamenti del bimbo seduto. 

     Accese la luce. Il bambino era adagiato sul pavimento, vicino al putrido cadavere. La luce bianca

     e vitrea illuminò la salma, mostrando le interiora riverse sul suolo e il volto bloccato in una

     espressione dolorosa e verdognola. Il viso del bimbo era sconvolto e fremente di terrore. Cole si

     avvicinava a passi lenti.

-         Tu.. devi capire- disse Williams,  approssimandosi a Grant. Il gelo Bloccava i muscoli e le mosche annebbiavano la vista, illuminate da quella luce candida e forte. Lo sguardo del suo tutore era fermo e sicuro, tanto da sembrare sclerotico - Se.. se capissi.. se solo capissi- Colbain lo vedeva sempre più vicino, sempre più folle. Fissandolo, percepì il gancio alle sue spalle. E la salma che vi era appesa. Un altro corpo umano esanime.

L’angelo nero gli allungò la mano aperta, come quella volta vicino alla stazione dell’autobus. Una mosca vi si posò sopra, sporcata da un recente sangue. Il palmo vibrava al freddo della stanza.

-         Noi.. noi non abbiamo libertà..- disse l’uomo- Come.. come può l’uomo essere libero se è costretto a rispettare la legge di Dio?- il suo sguardo diveniva sempre più forte ed esasperato- Quale libertà è più grande del trasgredire le leggi di Dio? Quale libertà è più forte dell’esser liberi da qualsiasi vincolo, persino da quello col nostro creatore?

Le parole dell’invasato colpivano l’animo del piccolo come potenti battiti di campana. Era questa la risposta che cercava? Era forse questa?

-         Uccidere.. uccidere non è nulla… perfino un agnello può uccidere..- sussurrò il pazzo- ma nutrirsi.. nutrirsi del corpo e dell’animo dei propri simili, del popolo eletto! Chi può questo? Neppure il diavolo! Quale libertà è più grande? Quale p-POTERE?

Il giovane fissò quello che a lungo era stato il suo supereroe. Lo guardò come fosse un pazzo, pieno di sdegno. Cole afferrò le sue spalle e lo scosse con forza.

-         Capisci? L’uomo! L’uomo che diviene più grande di Dio! Del Diavolo! Chi può fermarmi? Guarda!- girando le spalle del giovane, gli mostrò l’intera stanza. L’antro, bianchissimo, era pieno di corpi vitrei e ripuliti dal sangue, appesi al soffitto da grossi ganci infilati nella schiena- Questa.. gente.. queste nullità.. hanno peccato alle leggi di Dio.. in cerca dell’ebrezza di una libertà che hanno provato solo per un istante, bloccati dalla legge…ma io.. io.. sono libero!

-         Tu.. tu..- sussurrò Grant, fissando sconvolto i cadaveri che cigolando dondolavano nella stanza bianca come animali da macello.

-         Chi? Chi in questa vita può fermarmi? Forse il Diavolo, che schernisco ogni giorno? Forse Dio? Perché non interviene, perché non appare? Perché non appari, DIO ONNIPOTENTE?- gridò il pazzo

Un suono. Uno sparo. Il volto di Williams paralizzato in una smorfia di disgusto. Il torace di Grant ricoperto di sangue.

-         Mi cercavi?- una voce. Un poliziotto, in divisa completa, era fermo sulle scale, le braccia dritte davanti al volto ad impugnare una pistola fumante.

      Cole toccò tremante il buco da cui il sangue fuoriusciva zampillando copiosamente. Lo sguardo

      fisso nel vuoto, vitreo come i suoi cadaveri. Le dita, scostate dalla ferita, piene di sangue. Di un    

      sangue che stavolta apparteneva a lui e non alle sue vittime.

-         Come?- sussurrò, svenendo a terra di fianco al suo ultimo pasto. Grant fissò la scena, poi si riprese e corse verso il poliziotto, che lo accolse con un forte abbraccio.

-         Va tutto bene- disse l’agente – va tutto bene.

Lo sbirro lo avvolse in una coperta e lo portò al piano superiore, mentre il suo angelo nero pronunciava, stringendosi la mano al petto e alla ferita, le sue ultime parole: - E’ dunque.. la mia.. libertà.. già.. cough cough.. è.. dunque.. la mia libertà.. già.. finita?

Il suo corpo morto, disteso a terra, per ironia della sorte, in quella stanza, faceva compagnia a tutte le sue vittime.

Grant, avvolto in una calda coltre di lana, attendeva, lo sguardo fisso nel vuoto, un prossimo evento. La sua fede, le sue speranze, il voler ricambiare quell’uomo che tanto gli sembrava buono, svanirono nel nulla. L’inferno a cui era condannato l’aveva appena vissuto. Tutto ciò in cui credeva, tutto ciò che lo sosteneva, tutto quanto svanì nel nulla. Dio? Dio non esisteva più. Come poteva permettere ad un uomo in apparenza tanto buono di fare tanto scempio della vita? Come poteva essere una tale divinità un’entità buona? Non poteva esistere. Dio non c’era. Dio non c’era più. Era morto in quella stanza, in quella cantina, nell’antro dell’angelo nero, nella caverna dell’angelo di Norwich.

 

 

 

 

Da un estratto dei verbali della polizia di Norwich city:

Il beneamato Cole Williams, direttore del carcere penitenziario, è stato rinvenuto insieme al suo figlio adottivo nella cantina di casa sua in compagnia di molteplici salme trafugate dallo stesso carcere penitenziario tra i condannati a morte per sedia elettrica. Il sergente Winston, sentendo uno sparo provenire dalla casa del suddetto, vi si è subito precipitato per controllare l’accaduto, trovando il suddetto in atteggiamenti poco ragionevoli. E’ stato costretto a sparare per liberare il piccolo adottato dalla morsa del tutore, che lo avrebbe probabilmente reso la sua prossima vittima.

                                                                              Maggio, 13 1996, Norwich City

 

 

 
Commenta il Post:
* Tuo nome
Utente Libero? Effettua il Login
* Tua e-mail
La tua mail non verrà pubblicata
Tuo sito
Es. http://www.tuosito.it
 
* Testo
 
Sono consentiti i tag html: <a href="">, <b>, <i>, <p>, <br>
Il testo del messaggio non può superare i 30000 caratteri.
Ricorda che puoi inviare i commenti ai messaggi anche via SMS.
Invia al numero 3202023203 scrivendo prima del messaggio:
#numero_messaggio#nome_moblog

*campo obbligatorio

Copia qui:
 
 

COMPRATE IL LIBRO

 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

ULTIME VISITE AL BLOG

Volo_di_porporaMacchiavelli3ghonim2paneneroroberta.palma2008cristiano.cannataSky_Eagle
 

ULTIMI COMMENTI

anche il mio
Inviato da: Volo_di_porpora
il 27/01/2015 alle 22:42
 
grazie....meme a toi..:)
Inviato da: sangueedanima
il 07/08/2008 alle 13:43
 
dolce serata
Inviato da: writerwoman
il 05/08/2008 alle 19:24
 
 

CHI PUò SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963