"Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti." Cesare Pavese
Post n°586 pubblicato il 03 Luglio 2022 da Vilma63
Sono stata vittima di un incantesimo, cristallizzata nel segno di una luna. Se me l'avessero raccontato non ci avrei creduto. In quersti giorni giro, ascolto, leggo, cercando di riappropriarmi di una visione libera e critica del mondo come usavo fare prima dell'incantesimo. La Poesia, amica mia, non mi ha mai abbandonata, mai, ed io l'ho custodita gelosamente. Nel mondo incantato tutto è cristallizzato e niente e nessuno mantiente intatta la capacità di accogliere altro; se qualcosa dell'altro penetra non risplende quasi mai autonomamente ma solo per l'incidenza di una luce riflessa, stanca e opaca, livida. Questa scrittura da blog è piccina, infantile , chissà che non mi restituisca un po' della sua ingenuità. Chissà che non riesca a ridere di quell'incantesimo...chissà. Ho scritto qui per non rispondere a C., amica mia, che diversamente da me ha reagito all'incantesimo lanciando strali di pixel avvelenati. Non le fa bene, glielo vorrei dire ma reagirebbe male, somiglia al mio Fred, è nata lo stesso giorno <3. Metto qui un video bello, profondo e allegro come piaceva a me.
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Post n°584 pubblicato il 29 Ottobre 2019 da Vilma63
Non so elaborare, penso io non debba. Il dolore è l'unica maniera di trattenerti a me. Nessuna parola è propria, nessuna adatta ad invocare sangue e nutrimento. |
Post n°583 pubblicato il 29 Maggio 2016 da Vilma63
L’arte è utile? La cultura può cambiare il mondo? La poesia serve? Partire dagli interrogativi alla maniera di Jaar. Marinella Polidori
“È responsabilità del poeta essere donna tenere d’occhio Grace Paley
Una realtà costellata di battenti chiusi la nostra, come nell’illustrazione di copertina; battenti dietro ai quali si intravedono i mille occhi dell’ostinazione più cieca, del giudizio aprioristico, del pre.giudizio appunto. Atteggiamento mentale non ascrivibile soltanto, come spesso si è portati a pensare, a situazioni culturalmente svantaggiate, arretrate, ma diffuso in larga parte in tutti gli ambienti, tanto che rintracciare sguardi curiosi e coraggiosi è impresa ardua anche nel nostro settore, dove capita che lo sguardo arrivi solo poco più in là della propria formazione, delle frequentazioni, poco più in là di orizzonti amici o amici di amici. E’ l’atto dell’aprire che darebbe invece inizio al cambiamento, favorendo il contatto con l’esterno e ridimensionando quel microcosmo di certezze che mai abbiamo vagliato […]. L’arte migliore, l’arte che serve, in questo senso è allora quella che favorisce questo tipo di apertura e che partecipa, agendo, a quel faticoso e lento processo che chiamiamo cambiamento culturale, quel processo, appunto, che “cambia il mondo una persona alla volta” come afferma Alfredo Jaar. Proprio in riferimento agli interrogativi che questo artista politico si pone, abbiamo indirizzato le nostra piccola mappatura di buone pratiche, di pratiche artistiche utili, iniziando dalla scelta di una cornice iconografica significativa nella quale inserire altri esempi di arte, vorremmo azzardarci a dire, politica. L’opera raffigurata in copertina è tratta da “Munnizza”, rielaborazione creativa di un’esperienza vissuta da tre artisti, Licio Esposito, Andrea Satta e Marta dal Prato, in una Cinisi invasa da giovani per il concerto omaggio dei Têtes de Bois nel giorno del trentesimo anniversario dell’omicidio di Peppino Impastato. […] Questo tipo di arte è indiscutibilmente utile e serve, non ce ne voglia Baudelaire, perché apre al cambiamento, favorisce la diffusione di una cultura in grado di sbrigliare la nostra umanità, di scuoterci dal torpore come direbbe Bachmann, perché alza la voce, “suona un campanello d’allarme” (Vezzali in questo numero), e non ci lascia “parziali” tra la vita e la morte, corresponsabili di un mondo buzzianamente di mezzo. Ma i poeti, ugualmente, possono qualcosa per mettere alla luce questa dissociazione etica che si è attuata tra il dire ed il fare, per sminuire il valore assolutorio dell’indignazione? Noi pensiamo di si. Servono però strumenti e processi utili alla disautomatizzazione della parola, utili a riattivarne la sensitività nella sfera della comunicazione, come ricorda Franco (Bifo) Berardi. La poesia è utile e allora serve, se restituisce la parola alla sua funzione pienamente espressiva, comunicativa, se la libera da quella speculazione “informativa” che l’ha gonfiata a dismisura, se la sottrae a quella bolla semantica che ne ha svalutato l’unico valore reale, il valore di scambio, di comunicazione appunto. E’ utile quella poesia che non segue i tempi svelti della produzione, che non si “festivizza” nel dopo lavoro, che non si consuma come qualsiasi spettacolo ma che sa progettare a lunga scadenza, un impegno in progress, una poesia che sa riappropriarsi di una funzione sociale, traducendo valori, necessità e denunce, entro un sistema simbolico fàtico, misurabile nella sua efficacia “retorica”, nella sua capacità di dire “a” e “per” gli altri, restituendo al più forte tra i leganti sociale, la lingua, il suo reale valore d’uso. E’ utile quella poesia che aiuta il rinnovamento dei mezzi di comunicazione e diffusione, che sperimenta strade di scrittura collettiva, editoria autoprodotta, indipendente, coerenti con quella visione antiliberista che i più dichiarano di professare, a parole. […] Arte “espansa, diffusa”, plurilogica, plurilinguistica, collettiva, fors’anche anonima; poesia che si fa laboratorio creativo partecipato […]. estratto da "Le Voci della Luna" 52 e in rete su Nazione indiana
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Post n°582 pubblicato il 28 Maggio 2016 da Vilma63
E poi ci sono quelli: - che "sentono" che la loro poesia non raggiunge per intensità il loro amore per la poesia e allora si attorniano di poeti che stimano per brillare,in qualche modo, di luce riflessa. Sono i poeti bardotti, essenzialmente sterili, emettono versi autentici, alla pari dei Poeti purosangue, ma non si incrociano. Sono, essenzialmente, sterili. Non t'infecondi/reggi meno la fatica e non t'incroci. Fai un verso un po' più dotto/neanche asino sei,/ forte, di raglio chiaro e fertile./ Fai il verso d'un cavallo/ma non lo sei e /se non sei asino o cavallo e neanche mulo/allora sarai... uno sterile bardotto. |
Post n°581 pubblicato il 24 Maggio 2016 da Vilma63
La riconoscenza può essere un peso o trasformarsi in un valore, dipende da come la si esercita in maniera più o meno spontanea. Ricordavo a mia madre, nei suoi amorevoli atti di generosità, che era necessario infatti non ricordare troppo spesso ai "beneficiari" di quali e quanti sacrifici era stata capace per amore: il valore dei suoi atti si sapebbe annullato, la riconoscenza se richiesta come corrispettivo affettivo, sarebbe diventata un "peso". Mannagggiammè
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Post n°580 pubblicato il 17 Gennaio 2016 da Vilma63
Basterebbe passare per i social in orario d'ufficio per accertare il grado di frustrazione ed insoddisfazione che produce l'attività lavorativa in molti. Molti sognano di fare altro, alcuni tra questi sognano di essere scrittori, poeti, di avviare una qualche forma di attività artistica remunerativa. La poesia come campo di battaglia, per pochi denari e per una qualche forma di prestigio; lo scissionismo è dietro ad ogni iniziativa di arte più o meno relazionale.Molti parlano di toni sopra le righe, di vere e proprie epurazioni...io sono stata fortunata, ho un lavoro che mi piace e non guardo alla poesia come realizzazione sociale. Anzi...Non ho neanche conosciuto i toni alti dell'acredine, per me solo il sussurro delicato della illazione. Qualcuno dopo qualche anno me l'ha finalmente confessato : "si diceva di te che volevi far fuori qualcuno perchè aspiravi a prenderne il posto". Dalle mie parti si risponderebbe per le rime ... madddechè ao ! brutti morti de fame ! De' mercificare li libercoli io non necessito. Chiedimi se sono editrice ? No, io no, io faccio altro ( e con piacere)- |
Su FB anche il like è tattico e per le "sentinelle ritrose" dai piedi in 10 staffe è opportuno non esporsi. Altra cosa sono le antologie ed il click attivism. Povere sorelline, amiche dell'editore markettaro.
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Post n°577 pubblicato il 05 Luglio 2015 da Vilma63
Non sentirsi a casa, neanche a Sasso Marconi. Sentirsi stranieri e per quello essere più in cerca di radici, più solidali e più comunitari, più giusti. Essere esuli e sradicati, oggi, è possedere un'anima. Gli altri ? Stranieri veramente, a loro stessi. Marinella Polidori lo scrive qui
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Post n°576 pubblicato il 30 Maggio 2015 da Vilma63
Il parodosso evidente è nelle occasioni d'incontro poetico, nel reading. Si è disposti a rinnegare la propria posizione intellettuale pur di esserci. Trasmettere nei versi il senso di un dolore profondo per un senso di vacuità che la società del disamore veicola e perdersi un attimo dopo tra chiacchere leggere e fragorose risate. Io del poeta so che non potrebbe, la sofferenza lo accompagna sempre e comunque. Questa specie di poeti è roba diversa, è frutto di una mutazione genetica intervenuta all'interno di un'anima sensibile trapiantata in ambiente iperproduttivo,digitalizzato,marcisizzato. Questa è la specie del poeta festivus. Io posso osservarlo da vicinissimo e penso di doverne descriverne le ambiguità. ...a breve. |
PENELOPE UN PO' RAPPER
IL SEGRETO DELLE FRAGOLE . CUORE DI PREDA
Poesie contro la violenza
sulle donne. Tra le 80
poete anche Mara Cini e
Marinella Polidori. Sassesi
Segreto delle fragole 2013
fragole@lietocolle.com
ULTIMO SCARTO. MALICUVATA
non è esattamente un libro di poesia,ci siamo.
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VIVERE CON PASSIONE
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