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Avana

Post n°77 pubblicato il 24 Luglio 2008 da ileha
 
Tag: Etude

L'uso di arrotolare le foglie di tabacco e di fumarle appartiene alla tradizione indigena cubana, trasmessa ai conquistatori che la fecero conoscere al mondo intero.

Da allora la produzione dei famosi AVANA (si chiamano così perchè si fabbricavano nella capitale) ha sempre avuto una lavorazione artiginale:

Ogni sigaro viene fabbricato da foglie accuratamente selezionate, arrotalate a mano e misurate al centimetro.

La produzione, insieme alla coltivazione delle pianta di tabacco, che si concentra nella provincia del Pinar el Rìo e nella zona di Vuelta Abajo, è una vera e propria arte.

Nel 1810 venne registrato il primo marchio di sigaro della Real Fàbrica de Tabaccos, da allora comparvero numerose altre marche (Bolivar, H.Upmann, Ramon Allones, Romeo y Julieta).

Nessuno saprebbe affermare con certezza quando è iniziata la coltivazione del tabacco, ma non si possono avere dubbi sul dove… Con la scoperta dell'America si viene infatti a conoscenza di una tradizione secolare per le popolazioni indigene: il fumo.
Prima dell'avvento degli europei nel Nuovo Continente sono i Maya a coltivare la pianta del tabacco e ad utilizzare le sue foglie per confezionare i sigari (dal termine maya "sikar" che significa "fumare" deriva infatti la parola spagnola "cigarro"). Le tecniche di semina vengono in seguito esportate in tutte le regioni del continente come dimostra la pratica del fumo da parte dei pellerossa.
Agli inizi del XVI secolo i Conquistadores diffondono in Spagna e in Portogallo l'abitudine di fumare il sigaro che diviene un simbolo di benessere e ricchezza. Nel secolo successivo è la volta della Francia tramite il suo ambasciatore in Portogallo Jean Nicot (dal quale deriva il termine nicotina), della Gran Bretagna grazie all'esploratore Sir Walter Raleigh e infine dell'Italia.
Nel XVIII secolo un comandante dell'esercito degli Stati Uniti di ritorno da una campagna militare a Cuba introduce nell'area dell'attuale Connecticut la pianta del tabacco: la sua coltivazione fa sì che quella regione diventi uno dei principali produttori mondiali di fascia per sigari.
E' nuovamente grazie ai soldati di ritorno dalle campagne militari nelle colonie spagnole che nella prima metà dell'800 il fumo del sigaro da la sua comparsa in tutti i salotti europei: in Francia, Spagna e Gran Bretagna vengono istituite apposite sale per fumatori e si confeziona uno specifico abbigliamento (la giacca per fumare si chiama "smoking", dall'inglese "fumare", ed in Italia e in Francia il termine è tutt'oggi associato agli abiti da sera maschili).

Nella seconda metà del XIX secolo è l'isola di Cuba il principale produttore di sigari con le sue circa 1300 fabbriche: dalla coltivazione del tabacco al confezionamento del sigaro la produzione viene eseguita totalmente a mano. Agli inizi del nuovo secolo vengono però introdotti nuovi macchinari in grado di aumentare la produzione ma a discapito dell'occupazione. A Cuba c'è infatti una forte opposizione al nuovo modello produttivo che porta in pochi decenni all'emigrazione di alcuni marchi verso le vicine regioni del Messico, dell'Honduras, della Repubblica Dominicana e riduce drasticamente il numero delle fabbriche a meno di 130.
Nel 1959 c'è una svolta epocale con l'avvento di Fidel Castro che insorge contro il generale Batista e prende il potere: il nuovo regime procede alla nazionalizzazione delle società cubane e di quelle estere con l'esproprio delle fabbriche e l'istituzione del monopolio di stato, la Cubatabaco. Questo processo porta i principali proprietari e le proprie famiglie ad espatriare nella vicina Repubblica Dominicana per riprendere la produzione lontano da casa.
Per ritorsione si arriva nel 1962 ad un embargo degli Stati Uniti che consentono l'importazione di piccoli quantitativi di sigari cubani solo per uso personale. Quest'ultimo è un duro colpo per le attività produttive isolane che fino a quel momento esportavano in nord America gran parte dei 250 milioni di sigari prodotti in un anno. Dopo la rivoluzione si passa a circa 30 milioni di sigari all'anno e occorrono alcuni decenni per arrivare ai 350 milioni di sigari attuali, di cui 100 milioni destinati all'esportazione.
Anche la qualità dei sigari subisce all'inizio una flessione: la razionalizzazione della produzione operata dal governo fa sì che si passi dai quasi 1000 tra marchi e varietà ai soli 35 attuali (alcune fabbriche infatti accorpano vecchie varietà sotto un unico marchio), ma contemporaneamente diventano disponibili le migliori produzioni al pubblico. Il sigaro è da sempre un simbolo di ricchezza e di potere ed è un ironia della sorte che il migliore prodotto provenga da uno dei pochi bastioni del comunismo.

Fumare un sigaro e’ un’arte, ma prima di tutto e’ gioia.

Si comincia a gustarlo con gli occhi, si continua con le dita, si prosegue preparandolo, si assapora tirandolo a crudo e si finisce accendendolo e fumandolo.

 

 
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