LO SCRIGNO

ricordi, quella sera, 16 settembre 2005


Stasera, dopo cena, oppressa dall'afa, sono uscita a far quattro passi. Ho camminato, persa nei miei pensieri, fino a che mi sono resa conto di essere arrivata al parco. In quel momento nella mia mente sono affiorati ricordi di una sera di alcuni anni fa, e per una strana alchimia, i ricordi non erano solo ricordi, ma realtà, un deja vù, riportato al presente. Ti ho riconosciuto subito, anche se camminavi svelto, sul marciapiede meno illuminato, diretto come quella sera, alla solita pizzeria. Ti sei fermato sotto la pozza di luce giallastra del lampione guardantoti attorno, come se avessi percepito una presenza, ti osservavo. sorridendo, perchè stavo rivivendo esattamente quella sera, Non ti sei accorto di me, ferma dall'altra parte della strada, accanto al cancello, sotto i rami del nostro pino. La strada deserta, non una macchina o un passante, solo voci lontane portate da una brezza leggera che increspa appena la superficie del lago. Ti chiamo, esattamente come allora, ma non mi vedi, esco dal buio e ti vengo incontro. Sembra che il tempo si sia fermato a quella sera. Mi guardi stupito, e sono certa che anche tu, hai ripensato a quella sera. Stavi andando in pizzeria, perchè rincasando avresti trovato il solito concerto di urla e improperi, e nulla di pronto per cena. Ti guardo fisso negli occhi, quel mare azzurro in cui mi perdevo guardandoli, è diventato grigio, e la tua chioma leonina è quasi tutta bianca. Eppure non sono passati secoli, nemmeno 4 anni, ma su di te il tempo non è stato magnanimo. Non che m'importi il tuo aspetto, per me sei e sarai sempre il ragazzo che mi spiegava le equazioni, e io la ragazzina, che ti correggeva i temi. Mi riproveri per i capelli troppo corti, e per quel paio di chili in più. Anche tu  non hai proprio un fisico scultoreo, ma cosa importa. Anche stasera la pizza salta, ci inoltriamo nel parco, ti cammino a fianco, e quando la tua mano casualmente sfiora la mia, un brivido mi corre lungo la schiena. Ci siamo conosciuti ragazzini, abbiamo camminato sulla strada della vita per un po', poi gli eventi hanno diviso le nostre strade. Ci sediamo su una panchina, sotto ai rami di un salice, la brezza ogni tanto porta goccioline d'acqua dal lago. C'è pace e silenzio. Ci raccontiamo le cose succedute da quella sera ad oggi, mi racconti dei tuoi genitori ormai molto malati, e quando ti dico che la mia mamma se n'è andata da quasi un anno vedo una lacrima brillare nei tuoi occhi. Ti ha sempre voluto bene, mia madre. Poi il presente lascia posto al passato. i "ti ricordi" si susseguono, ridiamo ricordando cose successe, le voci s'incrinano ricordando amici che non ci sono più. Non digerisci proprio i miei capelli corti, riesumando il ricordo della mia lunghissima chioma corvina che ti divertivi a scompigliare. Accidenti sono passati 36 anni, i capelli che arrivano sotto al sedere sarebbero ridicoli e non sarebbero nemmeno più corvini. Starti vicino, sentire il tuo calore, il tuo profumo, sempre lo stesso, da 30 anni, mi fa girare la testa. Perchè abbiamo permesso che gli amici si mettessero di mezzo, perchè non abbiamo creduto in noi stessi??? Eravamo ragazzi....Ed ora siamo adulti intristiti, prosciugati, dalle nostre "non vite". Ti sfioro la mano, è gelida, i tuoi occhi persi chissà dove. Improvvisamente una lacrima inizia a scendere sul tuo volto, sono impietrita, vorrei dirti tante cosa, ma la voce non esce. Mi abbracci, la tua guancia sulla mia spalla, sento le tue lacrime scendere, la voce spezzata dal un pianto che quasi mi spaventa. MI chiedi "perchè abbiamo buttato via le nostre vite", ti rispondo che non le abbiamo buttate, forse solo vissute male. Mi geli con una frase che mi hai detto il giorno del mio matrimonio, il tuo "perchè l'hai fatto?" è una pugnalata. non ti rispondo, volto il capo, mi impongo di non piangere. Ho fatto una scelta, allora mi sembrava quella giusta, avevo 18 anni, mi sentivo grande e c'era una creatura in arrivo. Io non te l'ho l'ho potuto chiedere "perchè l'hai fatto", l'ho saputo quando tuo figlio era già nato. Un silenzio opprimente scende tra noi, vorrei alzarmi e andare via, ma la tua mano si stringe sul mio polso. Sussurri "non andare via, non ancora, per favore" , rimango seduta accanto a te, a fissare la superficie del lago. Il cielo è un manto nero, steso sopra di noi. Come quella sera. Mi abbracci di nuovo ma questa volta è un abbraccio tenero, non c'è più la disperazione di qualche minuto prima. Mi abbandono tra le tue braccia, sento il tuo cuore battere contro il mio petto. Starei così da qui all'eternità se potessi...Ti sciolgi dal mio abbraccio, ti alzi e mi sollevi di peso, stringendomi forte. Vorrei che questo abbraccio non finisse mai.  Altro dejà vù. Estate 1973. Lungomare di Cesenatico. Jeans e camicia azzurra, allora come adesso,  mi hai presa in braccio mentre la gente ci guardava con disapprovazione...Ma chi se ne frega della gente,  e se qualcuno ci ha visti, avrà pensato a due che....ma che pensino quello che vogliono, io tra le tue braccio ci sto d'incanto. Ci stavo bene 30 e passa anni fa, ci sto bene ora, ci starò bene ogni volta che capiterà. Stasera, come quella sera, ti ho detto che ho capito d'amarti troppo tardi. Adesso vado, prima che mi si spezzi il cuore davvero. Ti poso un bacio sulle labbra, sono ancora morbidissime, uno solo. La tua mano tiene ancora la mia , non posso rimanere ancora. Lasci libera la mano, mi avvio lungo il sentiero, percepisco il tuo sguardo su di me.. Cammino svelta, imponendomi di non voltarmi indietro. Sono al cancello, ma non resisto, mi volto. sei ancora li, sotto il vecchio salice, le braccia abbandonate lungo i fianchi, la testa china. Mia fa male da morire vederti così, ma ci faremmo ancora più male se tornassi indietro..La nostra stagione l'abbiamo vissuta, ed è stata meravigliosa. le nostre strade hanno corso parallele per un po', poi si sono divise. Quei giorni, mesi, anni vissuti non torneranno mai più, resteranno sempre chiusi nel malinconico scrigno della memoria.  Sei stato l'unico uomo che ho mai amato davvero.