SCRITTO SUL CORPO

Post N° 170


Giorgio De Cesario “Ogni istante dei nostri incontri lo festeggiavamo come un’epifania,soli a questo mondo. Tu eripiù ardita e lieve di un’ala di uccello, scendevi come una vertigine saltando gli scalini, e mi conducevi oltre l’umido lillà nei tuoi possedimential di là dello specchio.Quando giunse la notte mi fu fattala grazia, le porte dell’iconostasifurono aperte, e nell’oscurità in cui lucevae lenta si chinava la nudità nel destarmi: “Tu sia benedetta”, dissi, conscio di quanto irriverente fosse la mia benedizione: tu dormivi,e il lillà si tendeva dal tavoloa sfiorarti con l’azzurro della galassia le palpebre,e sfiorate dall’azzurro le palpebrestavano quiete, e la mano era calda.Nel cristallo pulsavano i fiumi,fumigavano i monti, rilucevano i mari,mentre assopita sul tronotenevi in mano la sfera di cristallo,e – Dio mio! – tu eri mia.Ti destasti e cangiasti il vocabolario quotidiano degli umani,e i discorsi s’empirono veramentedi senso, e la parola tu svelò il proprio nuovo significato: zar.Alla luce tutto si trasfigurò, perfinogli oggetti più semplici – il catino, la brocca – quando,come a guardia, stava tra noil’acqua ghiacciata, a strati.Fummo condotti chissà dove.Si aprivano al nostro sguardo, come miraggi,città sorte per incantesimo,la menta si stendeva da sé sotto i piedi, e gli uccelli c’erano compagni di strada,e i pesci risalivano il fiume,e il cielo si schiudeva al nostro sguardo…Quando il destino ci seguiva passo a passo,come un pazzo con il rasoio in mano.”Primi incontri (Pervye svidanija, in A. A. Tarkovskij, Poesie scelte , Milano 1989), traduzione di G. Zappi