Creato da: piccodgl il 29/04/2006
AFFERMANDO LA MARGINALITA' DELLA META; A PATTO CHE SI PERCORRA ONESTAMENTE LA STRADA.
Ma voi, quando comprate qualcosa, non la provate prima? La morte arriva quando meno te l'aspetti; ma arriva anche quando ti eri preparato a lei. Ed è arrivata la morte, perché doveva arrivare, ieri notte. Fino all'ultimo sei rimasto lucido, hai vissuto il dolore senza cedere. Pochi minuti prima di lasciarci hai chiesto di andare in bagno. E non era normale perché la morfina era finita e tu soffrivi. E non riuscivi a respirare, proprio non ce la facevi e ogni respiro ti costava una fatica immensa, enorme, e rantolavi in un mugugno che non mi dimenticherò mai per tutto il resto dell'esistenza. Non muovevi gli arti se non nelle contrazioni del dolore, avevi la maschera di ossigeno appoggiata alle labbra e con una mano serravi il triangolo metallico che spenzolava dall'impalcatura del letto. Perché i letti del quinto piano sono diversi dagli altri: a quel piano ci mettono a morire la gente: così assieme a te, separato solo da un ventaglio di tela bianca; stava un'altro essere umano che morirà, fra poco tempo, come te. Forse del medesimo male che s'è impossessato quattro anni fa del tuo stomaco e ti ha costretto ad asportarne un pezzo enorme e quando sei tornato a casa dalla degenze ti sei fatto fare i gnocchi e per poco non ci lasci le penne in quell'occasione, quattro anni fa, perché i gnocchi non sapevano dove depositarsi e ti hanno riportato di fretta in ospedale. Quell'altro, insomma, stava lì accanto. E sentiva te, sentiva noi. Sentiva lei, la morte, ne sono sicura. La stretta del mio babbo che ha afferrato la mia mano, in un gesto che non ci appartiene ma che s'è innescato come se lo facessimo da sempre. In quella stretta tutte le strette, nella sua mano tutte le mani e mentre camminavo verso la tua camera mi sentivo fortissima, comandante di un esercito immenso come Serse, come Gengis Khan. Tutto il mio esercito racchiuso nelle dita ruvide, calde, forti del mio babbo. Mamma dice che probabilmente eri cianotico già quando t'ho visto io da vivo, ma era davvero penombra inoltrata e a me non sembrava. Io vedevo i tuoi occhi ribaltarsi e riconoscevo il loro celeste, che fuori dalla chiesa di Cerbara il giorno della comunione di Veronica era quasi verde e io te l'avevo fatto notare e tu non ricordo, cos'hai risposto. Ma di sicuro hai sorriso. Sicché non ho visto il colore del tuo viso, perché gli occhi ti risplendevano dal dolore e dalla fatica: vedevo solamente loro. Erano belli, in un certo modo che non capisco. Erano sinceri, e stavano combattendo. E noi col nostro esercito, io il mio babbo mio fratello e mio cugino vicino a te e tutti quanti noi a piantare gli scudi a terra mirando il nemico dalle fessure dell'elmetto. Ho sfiorato la tua mano tendendo il braccio in una posizione abbastanza innaturale per non staccare l'altro mio braccio arpionato in vita al mio babbo. Io avevo la mano umidiccia e sostanzialmente fredda; mentre la tua era pulita, liscia e calda. Così ho sfiorato la tua pelle, sentito le tue ossa -perché di te ne era rimasto poco, in questi uiltimi mesi-, e continuato a sfiorarla, ad accarezzarla. Tu non hai avuto nemmeno la percezione che lì con te ci fossi io. Almeno penso. C'era tuo figlio, e anche tuo fratello, loro sapevi che c'erano perché stavano lì da prima, da quando ancora cosciente hai chiamato mia mamma per nome da dietro la mascherina, da quando hai guardato dritto negli occhi mio fratello. Di me, invece, non ti sei accorto: il dolore era troppo per lasciare spazio all'ultimo sguardo fra me e te. ... ... ... Ci fermiamo a fumare una sigaretta all'ingresso del parco. C'è un lampione dietro la casa del custode che illumina il verde denso della notte che abbraccia gli alberi. E si vedono le foglie, si alza il vento. .Sei morto. Eppure non mi scorrono davanti le immagini -poche, tutto sommato- che ho di te, le tue parole, le tue risate. Considerazione: dovrebbero? ...però ti vedo piangere. Ti ho visto quasi sempre piangere: quando gli altri tuoi fratelli se ne sono andati, quando sen'è andata tua moglie. Ma anche piangere di gioia alla nascita di un nipote, ai tanti matrimoni che ci hanno riuniti, agli indimenticabili pranzi dell'epifania. E in tutte quelle migliaia di occasioni in cui -inevitabilmente lo penso- avrei potuto vederti e non t'ho visto perché sempre troppo indaffarata, sempre troppo svogliata, sempre troppo boriosa... Piangevi perché esprimevi così le tue emozioni. Avevi sempre il fazzoletto dietro, gli occhi lucidi, tiravi un pò su col naso. Un' ombra lentamente passa a fianco del mio occhio sinistro. Presente no, quando guardi dritto e con la coda dell'occhio ti accorgi che qualcosa che sta fuori dalla tua visuale -eppure, la vedi- si muove. Ecco. E a muoversi era nientedimeno che una cerva. Sì, dentro il parco. C'era. Ed io l'ho vista solo perché invece che camminare sul vialetto, o immezzo alle fronde, era andata a curiosare proprio sotto il lampioncino. Ha fatto due giri in tondo e si è eclissata nel buio; e andarsene l'ho vista distintamente, mi dava le spalle e muoveva il corpo con l' andatura cadenzata e regolare. Mi hanno detto i miei zii che quando sei morto, l'hai fatto nel tentativo di respirare. Mi hanno detto che stamattina il quadro clinico ti dava il 35% delle capacità polmonari- che già, lei capisce, sono quelle di una persona anziana e malata...ha detto il dottore a mio cugino; sicuramente. Non ha esalato poeticamente l'ultimo respiro mio zio, no: lui l'ha strenuamente cercato quell'ultimo respiro. E' andato nel tentativo di raggiungerlo. Perché sì che era attaccato alla vita, sì che un'ora prima di morire sen'è uscito con un bel ma in quest'ospedale non si mangia? -lo sapeva lui, lo sapeva che non avrebbe mangiato più i suoi strozzapreti-o-quel-che-sono al sugo d'oca nella trattoria sotto Anghiari e si sarà detto in tutta quella lucidità che aveva che meglio la minestrina schifosa dell'ospedale che niente, come ultimo pasto- sì che è andato di corpo poco prima di morire. Mio zio e l'andatura regolare di quella cerva ieri sera erano gli opposti poli della medesima sensazione. Lui non s'è arreso alla morte: ne ha semplicemente preso atto qualche mese fa, quando gliel'hanno detto che c'era poco da fare. Che c'era poco da vivere. La sua è stata una presa di posizione, di coscienza. E saperla in cammino per raggiungerlo -la morte- non gli ha impedito di iniziare anche lui a camminare -evidentemente senza tenere il passo di lei, ma con altrettanta ineluttabilità- nella direzione opposta. E io allora sono sollevata della sua morte, della fine del suo dolore, del suo trapassare aggrappandosi alla ricerca di quel finale, esile, importantissimo respiro. Perché ha vissuto la vita fino all'ultimo fiato; amandoci tutti anche se non ci vedeva mai, sentendosi sulle spalle la responsabilità di una famiglia grande perché era il più vecchio dei fratelli. Andando a Lourdes senza fare il bagno nelle piscine miracolose perché co sto freddo vacci te, comprandosi il forno al cimitero ed andandolo a provare -stendendocisi dentro, intendo - passando per pazzo agli occhi dei muratori al lavoro lì davanti ai quali aveva replicato ma voi, quando comprate qualcosa, non la provate prima?
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