Creato da: piccodgl il 29/04/2006
AFFERMANDO LA MARGINALITA' DELLA META; A PATTO CHE SI PERCORRA ONESTAMENTE LA STRADA.

 

 

Post N° 259

Post n°259 pubblicato il 26 Aprile 2008 da piccodgl
 

Penso che nel momento in cui accade quello che è accaduto a me; sia il caso di mettersi seduti in poltrona, accomodarsi un caffé, accendere una sigaretta e ragionare.



In linea generale credo che la vita di una persona "tenda all'infinito": l'accumularsi delle emozioni, del tempo, degli individui che accompagnano il nostro percorso; tende a elevare  -per l'appunto - all'infinito le situazioni.
Mi spiego meglio. Ci provo.
Nulla si ripete uguale a sé stesso, banalmente. E non è possibile rivivere esattamente la stessa situazione, nello stesso modo, con le medesime -soprattutto- premesse.
Ciò non si discute, è innegabile, è così e basta dandoci la sensazione endemica, sottile, costante, non negoziabile che la nostra vita vada avanti.
Ecco.

Ieri, mentre la mia vita andava avanti - e ci andava; prendevo il sole al parco assieme ad una persona che nel giro di un anno è diventata presenza costante, assieme ai suoi amici che sono diventati i miei amici, in una città che non era la mia città ma ora è come se lo fosse... - nella mia testa l'evolversi di una situazione mi ha riportata innegabilmente al principio d'inizio della medesima.
Agghiacciante.
Come allora, è sceso un brivido caldo da sotto il mento fino al basso ventre. Ho abbassato lo sguardo, rigorosamente a sinistra. Sentivo cavalcare il sorriso dagli occhi, agli zigomi, alle narici del naso fino agli spigoli delle labbra e poi illuminarmi tutto il viso. E di nuovo gli occhi bassi, a camuffarlo in colpetto di tosse.
...era ancora giorno pieno.

Poi ha cominciato a scrosciare. In cinque minuti netti centinaia di persone a taccheggiare rapide sotto i primi goccioloni, altrettante centinaia a correre senza troppa convinzione sbrodolandosi (ma è italiana questa parola?) col gelato -colpito anche lui dal mutamento climatico improvviso- tutta la mano sinistra.
...dopo è arrivata la notte. Sei arrivato tu.

Lì ho capito, nel riflesso di quello specchio, che sì era tutto vero.
Che la mattina non avevo sognato mentre dormicchiavo sotto un albero coccolata dal sole e dal vento... no. Era reale, eri tu che tornavi con tutte le sfumature, tutte le tonalità, tutti i sapori di prima.
...sì, ho visto tutto questo nel riflesso di un oblò, nella sincerità spudorata di uno specchio: non può essere falso.



...Eccomi quindi alla fine della sigaretta, dopo essermi anche sfilata le pantofole, a chiedermi: ma è mai possibile che nel suo tendere all'infinito la mia vita mi riporti sugli stessi passi di -quasi- un anno fa?
Perché era veramente quasi un anno fa! E questi qui sono i miei passi, cammino sulle mie orme di allora...e questo è possibile?




 
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Post n°258 pubblicato il 23 Aprile 2008 da piccodgl
 
HORROR VACUI.
Ed i termini sono innegabilmente questi: si parla di orrore e non di paura, si parla di vuoto e non di assenza.
...sicché, tanto semplice, ne viene fuori HORROR VACUI.


Arrivano questi momenti e non è vero che ti prendono alle spalle, che ti catapultano tuo malgrado nel vuoto -giustappunto!- attorno a te: no.
Loro strisciano e s'insinuano da prima, e le avvisaglie -come del resto quelle dei temporali in avvicinamento- ci sono.
Senso di smarrimento.
Timore di non farcela.
Malinconia latente.
Cambi di rotta frequenti, effimeri, liberatori.


Perché io potevo anche dirti tutto, sai?
Ho iniziato ad essere deliziosamente sincera, quando la sensibilità altrui me lo concede. La tua me lo concedeva; io lo potevo fare. Metterti al muro con una di quelle verità che avrebbe smontato pezzettino per pezzettino il tuo -apparentemente- incrollabile edonismo.
Pfiu. Non vali la mia schiettezza, non avrai il mio sangue. Accontentati del pallore che emana, la mia verità: non la dividerò con te nemmeno fosse il tuo ultimo pasto.


Quella donna è un incubo, un incubo.
Dato che non ha un cazzo da fare dalla mattina alla sera, ha tutto il tempo di depilare, colorare, tonificare,massaggiare, stagliuzzare, riempire, strizzare, tirare, acconciare il suo corpo che invecchia...Fingendo che no, non lo sta affatto facendo.
Cade, miseramente cade, ogni giorno è più cadente e lei non si rassegna. Con una costanza da premio stakanov.
...E si incera tutta, tutte le mattine, sempre più vecchia, sempre più strega; e non s'accorge che tutti la deridono.
Cristo che brutto quando non sei più obiettivo. Io se dovessi invecchiare male, e prendermi una brutta malattia, preferirei di gran lunga un cancro a quelle cose mentali che poi non capisci più niente e non realizzi quanto puoi diventare ridicolo.
E' evidente che quella donna non ha la minima lucidità altrimenti non lo farebbe di certo, quello che fa. Lei crede di essere elegante, di essere bella. O quantomeno, non bruttissima come la maggior parte delle vecchie della sua età -quelle megere, che invece non hanno vergogna di andare in giro palesemente vecchie!- .
E' sinceramente convinta della sua normalità.
Questa è la cosa più agghiacciante dell'intera faccenda.



 
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Post N° 257

Post n°257 pubblicato il 21 Aprile 2008 da piccodgl
 

 "Ora giustamente eravamo lì, nel grigio di un abitacolo rintronato di pioggia, senza nessuna promessa da scambiarci, nessuna parola da pronunciare, nessun futuro, e anche solo guardarsi risultava penoso.
[...] Anche lei capiva che non c'era niente da fare, perché più finita di così tra un uomo ed una donna non poteva essere".

"La gente pensa a noi infinitamente meno di quanto crediamo.
Non ci pensa affatto, questa è la verità".

-Veronesi, Caos Calmo-



 

 
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Post N° 256

Post n°256 pubblicato il 19 Aprile 2008 da piccodgl
 

Ma voi, quando comprate qualcosa, non la provate prima?


La morte arriva quando meno te l'aspetti; ma arriva anche quando ti eri preparato a lei.
Ed è arrivata la morte, perché doveva arrivare, ieri notte.
Fino all'ultimo sei rimasto lucido, hai vissuto il dolore senza cedere.

Pochi minuti prima di lasciarci hai chiesto di andare in bagno. E non era normale perché la morfina era finita e tu soffrivi. E non
riuscivi a respirare, proprio non ce la facevi e ogni respiro ti costava una fatica immensa, enorme, e rantolavi in un mugugno che non
mi dimenticherò mai per tutto il resto dell'esistenza.
Non muovevi gli arti se non nelle contrazioni del dolore, avevi la maschera di ossigeno appoggiata alle labbra e con una mano serravi il triangolo metallico che spenzolava dall'impalcatura del letto.

Perché i letti del quinto piano sono diversi dagli altri: a quel piano ci mettono a morire la gente: così assieme a te, separato solo da un ventaglio di tela bianca; stava un'altro essere umano che morirà, fra poco tempo, come te. Forse del medesimo male che s'è impossessato quattro anni fa del tuo stomaco e ti ha costretto ad asportarne un pezzo enorme e quando sei tornato a casa dalla degenze ti sei fatto fare i gnocchi e per poco non ci lasci le penne in quell'occasione, quattro anni fa, perché i gnocchi non sapevano dove depositarsi e ti hanno riportato di fretta in ospedale.
Quell'altro, insomma, stava lì accanto. E sentiva te, sentiva noi.

Sentiva lei, la morte, ne sono sicura.

La stretta del mio babbo che ha afferrato la mia mano, in un gesto che non ci appartiene ma che s'è innescato come se lo facessimo da sempre. In quella stretta tutte le strette, nella sua mano tutte le mani e mentre camminavo verso la tua camera mi sentivo fortissima, comandante di un esercito immenso come Serse, come Gengis Khan. Tutto il mio esercito racchiuso nelle dita ruvide, calde, forti del mio babbo.

Mamma dice che probabilmente eri cianotico già quando t'ho visto io da vivo, ma era davvero penombra inoltrata e a me non sembrava. Io vedevo i tuoi occhi ribaltarsi e riconoscevo il loro celeste, che fuori dalla chiesa di Cerbara il giorno della comunione di Veronica era quasi verde e io te l'avevo fatto notare e tu non ricordo, cos'hai risposto. Ma di sicuro hai sorriso.
Sicché non ho visto il colore del tuo viso, perché gli occhi ti risplendevano dal dolore e dalla fatica: vedevo solamente loro.
Erano belli, in un certo modo che non capisco.
Erano sinceri, e stavano combattendo.

E noi col nostro esercito, io il mio babbo mio fratello e mio cugino vicino a te e tutti quanti noi a piantare gli scudi a terra mirando il nemico dalle fessure dell'elmetto.

Ho sfiorato la tua mano tendendo il braccio in una posizione abbastanza innaturale per non staccare l'altro mio braccio arpionato in vita al mio babbo. Io avevo la mano umidiccia e sostanzialmente fredda; mentre la tua era pulita, liscia e calda. Così ho sfiorato la tua pelle, sentito le tue ossa -perché di te ne era rimasto poco, in questi uiltimi mesi-, e continuato a sfiorarla, ad accarezzarla.
Tu non hai avuto nemmeno la percezione che lì con te ci fossi io. Almeno penso.
C'era tuo figlio, e anche tuo fratello, loro sapevi che c'erano perché stavano lì da prima, da quando ancora cosciente hai chiamato mia mamma per nome da dietro la mascherina, da quando hai guardato dritto negli occhi mio fratello. Di me, invece, non ti sei accorto: il dolore era troppo per lasciare spazio all'ultimo sguardo fra me e te.


... ... ...

Ci fermiamo a fumare una sigaretta all'ingresso del parco. C'è un lampione dietro la casa del custode che illumina il verde denso della notte che abbraccia gli alberi.

E si vedono le foglie, si alza il vento.
.Sei morto.
Eppure non mi scorrono davanti le immagini -poche, tutto sommato- che ho di te, le tue parole, le tue risate. Considerazione: dovrebbero?
...però ti vedo piangere.

Ti ho visto quasi sempre piangere: quando gli altri tuoi fratelli se ne sono andati, quando sen'è andata tua moglie. Ma anche piangere di gioia alla nascita di un nipote, ai tanti matrimoni che ci hanno riuniti, agli indimenticabili pranzi dell'epifania. E in tutte quelle migliaia di occasioni in cui -inevitabilmente lo penso- avrei potuto vederti e non t'ho visto perché sempre troppo indaffarata, sempre troppo svogliata, sempre troppo boriosa...
Piangevi perché esprimevi così le tue emozioni. Avevi sempre il fazzoletto dietro, gli occhi lucidi, tiravi un pò su col naso.

Un' ombra lentamente passa a fianco del mio occhio sinistro. Presente no, quando guardi dritto e con la coda dell'occhio ti accorgi che qualcosa che sta fuori dalla tua visuale -eppure, la vedi- si muove. Ecco.
E a muoversi era nientedimeno che una cerva. Sì, dentro il parco. C'era. Ed io l'ho vista solo perché invece che camminare sul vialetto, o immezzo alle fronde, era andata a curiosare proprio sotto il lampioncino.
Ha fatto due giri in tondo e si è eclissata nel buio; e andarsene l'ho vista distintamente, mi dava le spalle e muoveva il corpo con l' andatura cadenzata e regolare.


Mi hanno detto i miei zii che quando sei morto, l'hai fatto nel tentativo di respirare. Mi hanno detto che stamattina il quadro clinico ti dava il 35% delle capacità polmonari- che già, lei capisce, sono quelle di una persona anziana e malata...ha detto il dottore a mio cugino; sicuramente.
Non ha esalato poeticamente l'ultimo respiro mio zio, no: lui l'ha strenuamente cercato quell'ultimo respiro. E' andato nel tentativo di raggiungerlo. Perché sì che era attaccato alla vita, sì che un'ora prima di morire sen'è uscito con un bel ma in quest'ospedale non si mangia? -lo sapeva lui, lo sapeva che non avrebbe mangiato più i suoi strozzapreti-o-quel-che-sono al sugo d'oca nella trattoria sotto Anghiari e si sarà detto in tutta quella lucidità che aveva che meglio la minestrina schifosa dell'ospedale che niente, come ultimo pasto- sì che è andato di corpo poco prima di morire.

Mio zio e l'andatura regolare di quella cerva ieri sera erano gli opposti poli della medesima sensazione. Lui non s'è arreso alla morte: ne ha semplicemente preso atto qualche mese fa, quando gliel'hanno detto che c'era poco da fare. Che c'era poco da vivere.
La sua è stata una presa di posizione, di coscienza. E saperla in cammino per raggiungerlo -la morte- non gli ha impedito di iniziare anche lui a camminare -evidentemente senza tenere il passo di lei, ma con altrettanta ineluttabilità- nella direzione opposta.


E io allora sono sollevata della sua morte, della fine del suo dolore, del suo trapassare aggrappandosi alla ricerca di quel finale, esile, importantissimo respiro. Perché ha vissuto la vita fino all'ultimo fiato; amandoci tutti anche se non ci vedeva mai, sentendosi sulle spalle la responsabilità di una famiglia grande perché era il più vecchio dei fratelli. Andando a Lourdes senza fare il bagno nelle piscine miracolose perché co sto freddo vacci te, comprandosi il forno al cimitero ed andandolo a provare -stendendocisi dentro, intendo - passando per pazzo agli occhi dei muratori al lavoro lì davanti ai quali aveva replicato ma voi, quando comprate qualcosa, non la provate prima?


 
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Post n°255 pubblicato il 14 Aprile 2008 da piccodgl
 
...E mentre i miei concittadini seguono concitati l'annuncio degli ultimi dati, io con un bicchiere di succo all'arancia ROSSA brindo alla disfatta.

Una volta è per caso, due volte è da recidivi; la terza significa solo che te la meriti.

Cin alla rocambolesca sculata di Walter (texas ranger paladino del "si può fare" che invece col cazzo che si poteva fare); ben gli sta.
Prima spacca la maggioranza che già era ben debole nell'ultimo governo Prodi inscenando questo spettacolino che puzza di vecchio; spacciandolo per nuovo. Il risultato è stato il crollo di Prodi e la novella "ri-discesa" in campo del nano che ci aveva promesso pietà per sempre.
Ottimo Wa(l)ter, ottimo davvero.
In chiusura si mette a novanta gradi indicando la via della coalizione a tutti: c'è chi entra (Radicali, ad esempio) e c'è chi si dissocia (i Socialisti): il risultato è quell'accrocchio informe dalla Binetti alla Bonino (che poteva essere un ottimo slogan elettorale). Il risultato è anche un partito in-credibile, in-consistente, in-ideale, in-concorrenziale...in-utile, parafrasando il nano.

...Cin, dunque, al nano di Arcore con la speranza che chi l'ha votato, di nuovo; si passi una mano sulla coscienza; di nuovo -ammesso e non concesso che cel'abbia ancora una coscienza sulla quale strisciare il palmo-.
Al mio nuovo presidente colluso con la mafia.
Al mio nuovo presidente ricco quanto...Quanto chi?
Al mio nuovo presidente misogino.
Al mio nuovo presidente fobico: comunisti, comunisti, comunisti, comunisti...
Al mio nuovo presidente "ad personam".
Al mio nuovo presidente da reality show che ha trasformato la scena politica nella finale di Amici.
Al mio nuovo presidente Mediaset, Mondadori, Blockbuster...
Al mio nuovo presidente lampadato, coi tacchi nelle suole delle scarpe, coi capelli staccati e riappiccicati, con i denti sbiancati con il Vim.

Cin a Bertinotti che a quanto sento, non entrerà in Senato nemmeno al suono delle trombe apocalittiche.
Cin a Bossi che invece richiamando alle armi i fedelissimi padani farà -ancora-la differenza. Sentivamo grande l'urgenza del senatur a Roma. Noi terroni di merda.
Cin a chi ci aveva creduto che "si poteva fare" e facendo ciò che non doveva fare ha cacciato sotto le scarpe ogni ideale, ogni sogno, ogni principio etico.
Cin alla democrazia, e all'alternanza politica.
Cin a quei due signori che m'hanno detto che se non si estirpa alla radice il fattore B. non si chiuderà mai la transizione italiana: oggi più che mai faccio miei i vostri dotti insegnamenti.
Cin al biondo che ha votato Silvio: non te la perdonerò mai.
Cin a Ja che non ha potuto votare. Stato bastardo.

...Fine del succo.

 
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