Lo zibaldone

menù di mare stellato a un dodicino d'eurini


Pasqua a tavola è sinonimo di uova e agnello ovvero menù di terra; ma come può uno che mangia la pastasciutta a colazione, restare ancorato alla tradizione culinaria? Ed ecco allora che, avvolti fra le sponde di Bisenzio ed Arno, ci sentiamo più vicini al Tirreno ed oggi (qualche giorno fa per chi ha la pazienza di leggere) si mangia menù di mare!Materie prime sono il polpo, le cicale ed i branzini. Il costo? un dodicino dì eurini a testa, se le pance non sono pance da ribollita ma da stellati!Bando alle ciance e via con la pentola!ANTIPASTI: Il polpo lo si fa bollire per una trentina di minuti e poi si lascia diacciare nella su acqua: l'è morbido e pronto ad essere tagliuzzato e rifatto in un battuto di aglio/peperoncino e prezzemolo con la sfumatura di un mezzo bicchiere di bianco (l'altra metà non la buttate ma bevetela!) e due cucchiai di polpa di pomodoro a seguire. Mi raccomando, attenti al becco e non mi riferisco ai mariti, ma alle parti terminali della bocca del polpo, quella che serve a rompere le conchiglie ed il carapace dei crostacei dei quali si nutre. Qualche minuto per far ritirare il tutto e poi lo si serve in mini terrine accompagnato da cubetti di pane saltati in un filo d'olio. Per quattro persone un mezzo kilino di polpo basta, per un costo compreso del pomodoro di non più di 6 eurini
I soliti contorti si eccitano col solo nome, ma le cicale di cui trattasi sone quelle di mare conosiute anche con il nome più asessuato di canocchie. Per condire la nostra pasta, prendiamone almeno tre a commensale per un costo totale di una decina di eurini. Lavate bene, incidetele lungo tutto il dorzo in maniera tale che la polpa sia accessibile facilmente e via in padella dove già il soffritto faceva il suo dolce stridolio. Manco a dirlo, un passaggio veloce e poi la solita sfumatura di mezzo bicchiere di bianco. Non per ripetermi, ma l'altra metà del bicchiere non buttatela, ma bevetela! Nel frattempo in una bella pentola d'acqua mettiamo a cuocere la nostra pasta, le linguine o tagliatelle del Cav. Giuseppe Cocco mi raccomando! Mentre la pasta cuoce i suoi tredici minuti anche meno per lasciarla bene al dente, spolpiamo le nostre cicale ed al momento giusto, le linguine si saltano in padella con il nostro sughetto. Se siete dei veri signori, dovreste avere due gocce di brodetto da aggiungere al sugho in maniera tale da far terminare in padella la cottura della pasta che così assorbe tutto il liquido. Ricordatevi, la buona pasta non lascia liquido in padella.
Non resta che impiattare.
Una nota di storia locale, per un negozio storico. La pasta del Cav. Giuseppe Cocco, che viene utilizzata in gran numero di ristoranti stellati, a Sammoro è venduta all'alimentari Andrea, in via delle Molina, già negozio dei mitici genitori Ordenzo e Guglielmina, lui fornaio dell'ultimo forno a legna locale, dove la mattina nel mio recarmi alle elementari a piedi, come si faceva un tempo, mi fermavo per comprare la strisciolina di schiacciata con i ciccioli. Non di rado alle 8 di mattina, si godeva lungo la strada del profumo di quel sugo nero (non ragu!) che le nostre nonne facevano sobbollire nelle cucine a legna non meno di quattro ore; storie di mezzo secolo fa. 
Avanti, non dimentichiamo il passato ma andiamo avanti ed ecco che ci troviamo con due branzini di un kiletto a testa. Pescati nel tirreno o allevati a Orbetello, costano circa un 18 eurini al Kg
La ricetta, come tutte le altre ed anche più, è ultra semplice. Puliti che saranno direttamente in pescheria, facciamo un letto di patate affettate sul quale vi poniamo i pesci speziati a piacere. Si possono aggiungere pomodorini, capperi e quant'altro vi pare, dando sfogo a alla vostra fantasia, il tutto condito con un filo d'olio. La cottura sarà al forno per una trentina di minuti e il piatto è pronto.
A questo punto, non resta altro da fare che mangiare e non preoccupatevi, dopo il vino che avete bevuto a digiuno, anche la peggior ciabatta vi sembrerà mangiabile.