Sogno e realtà

Apollo e Daphne tra mito arte e poesia


Sottotitolo Ogni tanto mi autopremio con i classici....Ovidio-Le metamorfosiChe cosa vuoi fare, fanciullo smorfioso, con armi così grosse?...Accontentati di fomentare con la tua fiaccola qualche amoruccio, e non competere con le mie prodezze!Allora Amore, in risposta, estrasse dalla faretra due frecce di opposto potere; contro Dafne, figlia del dio fluviale Peneo, lanciò una delle sue frecce di piombo, che provocavano il rifiuto d'amore in chi ne veniva  trafitto; contro, Apollo, invece, scagliò una freccia dorata, dalla punta aguzza e splendente, che suscitava il sentimento amoroso in chi ne era colpito.Il tuo arco trafiggerà tutto, o Febo, ma il mio trafigge te…Innamoratosi, così, della ninfa, Apollo cominciò a seguirla incessantemente.Ma ormai il giovane dio non ha più la pazienza di perdersi in lusinghe  e come lo spinge a fare appunto l'amore, si mette a incalzarla  da presso. Come quando un cane di Gallia scorge una lepre in un  campo aperto, e scattano, uno per ghermire, l'altra per salvarsi, quello sembra già addosso, e già è quasi convinto di aver preso e tallona col muso proteso, quella non sa se è già presa e sfugge  ai morsi all'ultimo istante, distanziando la bocca che la sfiora: cosi il dio e la fanciulla, lui veloce per bramosia, lei per paura. L'inseguitore però, aiutato dalle ali dell'amore, corre di più e non dà da tregua ed è alle spalle della fuggitiva, ansimandole sui capelli sparsi sul collo. Allora Dafne invocò l’aiuto del padre, che accolse la sua preghiera e, quando il dio stava quasi per raggiungerla, la trasformò in alloro.Stremata essa alla fine impallidita dalla fatica di quella corsa disperata, rivolta alle acque del fiume Peneo: «Aiutami, padre,— dice. - Se voi fiumi avete qualche potere, dissolvi, trasformandola, questa figura per la quale sono troppo piaciuta! ».Ha appena finito questa preghiera, che un pesante torpore le pervade le membra, il tenero petto si fascia di una fibra sottile, i capelli si allungano in fronde, le braccia in rami; il piede, poco prima cosi veloce, resta inchiodato da pigre radici, il volto svanisce in una cima. Conserva solo la lucentezza. Apollo, disperato, decise che, non potendo mai avere Dafne come sposa, avrebbe avuto l’alloro come pianta a lui sacra.Anche cosi Febo la ama, e poggiata la mano sul tronco sente il petto  trepidare ancora sotto la corteccia fresca, e stringe fra le sue braccia i rami, come fossero membra, e bacia il legno, ma il legno si  sottrae ai suoi baci. E allora dice: «Poiché non puoi essere moglie mia, sarai almeno il mio albero. O alloro, sempre io ti porterò sulla mia chioma, sulla mia cetra, sulla mia faretra. Tu sarai con i condottieri latini quando liete voci intoneranno il canto del trionfo e il Campidoglio vedrà lunghi cortei. Tu starai pure, fedelissimo custode, ai lati della porta della dimora di Augusto, a guardia della corona di foglie di quercia. E come il mio capo è sempre giovanile, con la chioma intonsa, anche tu porta sempre, senza mai perderlo, l’ornamento delle fronde!” Qui Febo tacque. L’alloro annuì con i rami appena formati, e agitò la cima, quasi assentisse col capo.  
Della mito narrato da Ovidio il Bernini rappresenta il momento in cui dio riesce a raggiungerla e a cingerne il fianco, ma proprio allora avviene la trasformazione.Le figure risultano quasi volare nell’intenso slancio; Dafne, toccata dalla mano di Apollo, mentre avviene la metamorfosi grida forse perché comprende che la sua corsa è alla fine, esaudito il suo ardente desiderio di castità, o forse perché già si accorge dei rami che le spuntano dalle dita, del tronco che le avvolge il bellissimo corpo.C’è tutto in quella scultura: l'ansia della fuga, il languore della carezza di Apollo che sta per afferrarla, l'orrore per la metamorfosi, un lampo di vita nel tentativo di liberarsi dalla trasformazione in vegetale.Da sempre immagine amata perché considerata la vittoria della castità sull’amore sensuale, in realtà io credo che sia anche un po’ la rappresentazione della naturale trasformazione dell’amore che da iniziale passione diviene attaccamento anche quando si passa dalle morbide e tornite forme alla corteccia avvizzita di un tronco ben radicato.E forse non a caso l’albero di alloro che resta  il simbolo dei vincitori, la vittoria di un amore che resta tale nella sacralità.