FRANCESCO SPERA SHOW

INTERVISTA A DARIO FO, PREMIO NOBEL PER LA LETTERATURA di Francesco Spera


1)    Maestro, qual è l’attualità del “ Mistero Buffo “ e il suo collegamento al diritto canonico?Bisogna, oggi più di ieri, essere sempre vigili per bacchettare il potere nel momento in cui diventa strapotere: questa è l’attualità della mia opera. Il collegamento, poi, con il diritto canonico,  funziona benissimo proprio perché moltissimi grandi giullari erano dei canonici. Lo stesso Sant’Abrogio quando faceva certi discorsi di attacco ai potenti era mazzolato dalla chiesa stessa e alla sua morte le sue opere furono disperse. Sono negli ultimi secoli le abbiamo riacquistate perché riportate alla luce. Il diritto canonico è insito  nel Mistero Buffo. Basta studiarlo un poco e studiare tutte le opere sia di Sant’Abrogio e dei santi che si sono mossi nell’ambito della teatralità e di intervento vocale, che hanno scritto canti e spettacolizzato il diritto canonico. C’è un pezzo eccezionale su San Domenico da Norcia dove i frati incominciano a volare presi dall’estasi e trattenuti malamente da chi non li comprende. Pasolini, in un suo film con Totò, ha preso proprio qualcosa di quello che recitavo su questo episodio di San Domenico. Perfetti i collegamenti tra il mio “Mistero Buffo” ed il diritto canonico sono anche i riferimenti alla simonia con Bonifacio VII, alla predicazione della parola di Dio, alle nozze di Cana per quanto riguarda il privilegio paolino e al sacramento dell’unzione degli infermi con la “Resurrezione di Lazzaro”, altro mio cavallo di battaglia.2)    Come mai la scelta, negli ultimi anni, di riportare in scena “Mistero Buffo” dopo tanto tempo?Non ho mai abbandonato veramente Mistero Buffo, l’ho recitato tante volte che non mi ricordo neanche più dove, come e quando. L’ultima messa in scena sarà tra pochi giorni alla “Comèdie Francaise”. Quest’opera, fingendo di sfottere i più deboli, mette alla berlina i potenti e i loro soprusi. Proprio come Ruzzante, il mio Maestro, che fingendo di sfottere i contadini in realtà faceva quello che aveva fatto Molière e tanti autori dopo di lui. Usavano l’ironia e la satira per colpire, apparentemente, i diseredati ma in realtà sottolineare le prepotenze del potere. Infatti in Mistero Buffo “Rosa fresca aulentissima” è proprio uno di questi momenti oltre ad essere un mio cavallo di battaglia; in questo pezzo c’è, infatti, la violenza, l’aggressività che non viene punita ma addirittura premiata. Ma la satira bisogna adattarla ai propri tempi. Uno degli errori più grossi della messa in scena di opere del passato e di volerle fare senza lavorarci sopra, tradurre il senso, il gusto, la grinta, con un linguaggio che sia adeguato e appropriato  ai nostri tempi, con riferimenti che si rifacciano al nostro quotidiano. In poche parole si deve fare un’azione di restauro altrimenti quello che si mette in scene è cotto, bollito, senza sapore.3)    Il suo teatro è fatto di corporeità, di parole. Perché?Il  mio teatro è soprattutto gestualità e linguaggi inventati, come il gramelot, per esempio. Questo linguaggio non linguaggio è stato inventato dai giullari che per farsi capire in vari parti d’Italia si inventarono questa loro lingua. Anche San Francesco, il giullare di Dio, usava una specie di gramelot per far capire la sua predicazione tanto in Francia quanto in Italia e nei vari regni che lui visitava. Francesco faceva una specie di analisi del territorio e, quando arrivava in un posto, chiedeva aiuto anche ad eventuali confratelli del posto. Era una specie di ricercatore e questa sua ricerca lo aiutava a farsi comprendere da tutti. 4)    Lei considera il premio Nobel che ha ricevuto come un omaggio all'oralità?La motivazione del mio premio Nobel dice tutto: Nobel per la letteratura a Dario Fo, che emula i giullari del Medio Evo in flagellazione autorità e il rispetto della dignità degli oppressi. 5)    Cosa pensa del filosofo Giordano Bruno e della sua opera?Era un personaggio grandissimo, straordinario istrione oltre che filosofo. Lui era ventriloquo e usava questa sua capacità per far parlare un cane, un uccello, facendo finta di parlare con loro e avere risposta. Un aneddoto racconta che una volta il Bruno era alla corte del re di Francia ed era attaccato da un cortigiano. Per metterlo alla berlina e difendersi il filosofo lo fece rispondere, tramite questa sua capacità, da un bambino. Quando alla fine tutti capirono il marchingegno, risero alle spalle del cortigiano ed il re cacciò questi in malo modo. Ma purtroppo i potenti non furono sempre così benevoli con  Il Nolano. Un nobile di Firenze, per esempio, lo portò in tribunale perché Giordano bruno gli aveva promesso di insegnargli la tecnica della memoria e, a parer suo, non lo aveva fatto.  Al processo Bruno si difese asserendo che lui aveva cercato di imparagli la tecnica ma senza un cervello che riceveva non era stato possibile. 6)    C’è una relazione tra lei ed Eduardo De Filippo?Una comunanza di origine, un fatto istintivo. Entrambi siamo attori-autori, registi, capocomici con mogli e parenti legati al teatro. Lui figlio d'arte, io legato alla figlia d'arte Franca Rame. C'è un rapporto più viscerale che intellettivo. Ogni attore che scrive e costruisce i propri testi si preoccupa di mette sempre il problema del racconto prima di tutto. Raccontare significa trasporsi dal personaggio a se stessi. Eduardo faceva Pulcinella ed era Edoardo. Io faccio Arlecchino e sono Dario.7)    Come vede la situazione generale delle nuove generazioni?Ci sono, come sempre i tutti gli stadi della vita dell’uomo, dei momenti in cui i giovani sono vitali, partecipano alla vita sociale e soprattutto intuiscono la falsità del sistema e lo combattono e lo mettono in crisi e altri in cui sono un po’ più dormienti. In questi ultimi tempi, però, ho visto le menti riattivarsi, specialmente per quanto riguarda il computer e i nuovi linguaggi che con esso sono nati. Addirittura i giovani stanno inventando un nuovo modo di parlare, comunicare. Ed è importante che c’è questa nuova voglia di partecipare cosciente.8)    Senza questa nuova voglia, allora, l’uomo rischia di  regredire?Certo. Stiamo veramente rischiando di regredire. La specializzazione ha determinato un abbassamento dei livelli delle conoscenze. Leonardo era musico, architetto, scultore, poeta, pittore, fabbricante di cannoni, di navi, di macchine volanti. Galileo Galilei scriveva teatro. Nessuno di loro avrebbe accettato di essere pittore e basta, o scienziato e basta. Era tipico del loro  periodo.9)    Che idea ha di questa grave crisi mondiale? E’ un disastro estremo.  C’è stata un’attività incredibile nel tormentare le coscienze, di togliere il sapere ma soprattutto la memoria storica del proprio passato e quindi svuotare l’orgoglio che è la macchina fondamentale del muoversi dell’uomo. Infatti non si crea niente se non c’è dignità. Si deve avere sempre in mente quello che è successo, la nostra storia per creare un futuro migliore, per confrontarsi e non cadere negli stessi errori.