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Pompei e il Grand Tour, museo in Comune


L’annuncio del sindaco al convegno sulla città raccontata dai grandi viaggiatori: un contenitore per tutte le testimonianzeCARLO AVVISATI Pompei. Nascerà nelle sale situate al secondo piano di Palazzo de Fusco, il Museo pompeiano del Grand Tour. Ovvero, nelle stanze della casa comunale sarà attrezzato «un atlante storico - culturale unico nel suo genere», come hanno annunciato il sindaco Claudio D'Alessio e l'assessore alla Cultura Antonio Ebreo, salutando gli intervenuti all'apertura del convegno internazionale «In viaggio a Pompei, scrittori, artisti e giornalisti raccontano la città (1861-2009)». La due giorni di incontri si è aperta ieri sotto l'alto patronato del presidente della Repubblica e ha visto unite l'Università di Napoli Federico II, l'Istituto universitario Suor Orsola Benincasa e la città di Pompei. Un museo totale, dunque, da allestire nelle sale attualmente in fase di restauro e la cui consegna non dovrebbe slittare oltre il novembre di quest'anno. «Sarà un contenitore - ha sottolineato ancora D'Alessio - nel quale troveranno posto tutte le testimonianze culturali, dalla letteratura alla musica, dalla pittura alla scultura, alla poesia, alla fotografia e al cinema che dal 1860 a oggi hanno avuto Pompei sacra o archeologica quale tappa del percorso italiano di intellettuali, artisti, scrittori, politici, musicisti e religiosi». Di più, il Museo sarà tutt'uno con una biblioteca-mediateca sia cartacea sia consultabile on line la cui realizzazione sarà affidata ad un apposito comitato scientifico, su cui ricadrà l'onere della realizzazione del piano, e alle due università napoletane partner del Comune per progetto e convegno. Incontro in cui si è ripercorsa, e lo sarà ancora nella giornata odierna, la storia degli ultimi centocinquanta anni del territorio vesuviano-pompeiano, visto un poco in tutta l'Europa come una sorta di scrigno prezioso. E questo essenzialmente perché dal 30 marzo del 1748 in avanti gli Scavi sostenuti dai re Borbone sull'area sud del vulcano svelarono una città fermata da una catastrofe in un fotogramma unico e drammatico. Chi arrivava a Pompei, che tuttavia fu riconosciuta tale solo più tardi in quanto all'inizio si pensò di aver trovato Stabiae, e visitava gli Scavi, si aggirava tra le rovine, sentiva la città vivere attorno a sé. A tanti parve persino di intravedere ombre e di sentire voci e suoni. Sensazioni che alimentarono la leggenda e il bisogno di possedere qualcosa che a quella città fosse legato. «Tanto che - come ha ricordato Umberto Pappalardo, archeologo e pompeianista - Ludovico di Baviera si era fatto costruire ad Aschaffenburg una palazzina del tutto simile alla Casa dei Dioscuri scavata a Pompei». Un fascino che è stato maggiormente descritto negli interventi di Cesare De Seta (ha definito la scoperta di Pompei come «un terremoto nella cultura europea»), Antonio De Simone e Maria Concolato. E che oggi sarà ribadito negli interventi di Pasquale Sabbatino, Valerio Caprara, Claudio Carabba, Giuseppina Scognamiglio e Andrea Milano che relazionerà sui «Pontefici pellegrini», Benedetto XVI e Giovanni Paolo II. Una magia che negli ultimi anni è stata ancor più alimentata dalla televisione che ha fatto prepotentemente entrare in tutte le case la storia di Pompei e dei suoi abitanti. «I motivi di tanto successo - ha sottolineato Alberto Angela, da più di un decennio testimonial degli Scavi e dei loro segreti - credo siano contenuti nel fatto che Pompei è un sito unico del patrimonio culturale mondiale. Il linguaggio e le strategie usate per comunicare la città e gli scavi sono il continuo parallelo tra la vita quotidiana di allora e quella di oggi e il suscitare curiosità, magari su cibo e profumi: chi guarda le immagini deve sentirsi parte del viaggio. Pompei è l'unico luogo che ti parla. Devi solo ascoltare e mai crederla una città morta perché Pompei, oggi, è più viva che mai». il mattino