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Sant’Antonio Abate: l’Ar trasloca, 500 operai a rischio


La storica fabbrica conserviera va a Foggia. L’allarme dei sindacatiFRANCESCO FUSCO Sant’Antonio Abate. La storica industria conserviera «Ar» decide d’investire sulla città di Foggia e circa 500 operai stagionali residenti nell’area dei Lattari rischiano di restare senza lavoro. L’allarme è stato lanciato dalla Fai-Cisl di Napoli in seguitoa seguito del maxi investimento profuso nel tavoliere delle Puglie dalla più importante azienda abatese, che da sola trasforma circa 4 milioni di quintali di pomodoro ogni anno. Quanto era già nell’aria da tempo dunque diventerà cosa concreta già dalla prossima estate. Il trasferimento a Foggia del gruppo «Ar» lascia l’amaro in bocca tra gli addetti al settore. Circa cinquecento persone infatti si troveranno senza lavoro, in una zona dove le occasioni sono ben poche e dove tutto è reso più difficile dalla permanente crisi economica. Immediata la proclamazione dello stato di agitazione e la richiesta di aprire un tavolo di concertazione con istituzioni e organi interessati. «Nonostante le nostre innumerevoli denunce che partono dal 2003 - afferma Francesco Fattoruso, segretario provinciale della Fai-Cisl di Napoli - quest’anno il gruppo Ar avvierà le sue attività nel nuovo stabilimento di Foggia. Centinaia di stagionali dislocati negli stabilimenti tra Sant’Antonio Abate, Angri e Scafati non troveranno così più lavoro in fabbrica». Si tratta di operai residenti nei comuni dell’area stabiese e in particolare tra Gragnano, Casola di Napoli, Sant’Antonio Abate e Pimonte. «Questo è soltanto il primo passo – continua Fattoruso – di un lento e inesorabile esodo totale di tutto il settore conserviero verso la Puglia. Nulla ha potuto la politica locale e regionale, che se da un lato vuole incentivare le attività produttive, dall’altro finanzia la delocalizzazione delle aziende e, quindi, l’impoverimento del territorio». Una crisi irreversibile quella dell’oro rosso abatese. Già dalla scorsa estate il Comune di Foggia aprì le porte al gruppo «Ar». E adesso l’intenzione di lasciare la Campania sembra più forte. Una scelta dettata da maggiori incentivi, più infrastrutture e drastica riduzione dei costi di trasporto, che incidono per circa il 40 per cento sul prezzo del prodotto finito. Nei prossimi giorni i sindacati invieranno una lettera alle istituzioni locali e agli altri organi competenti, anche in vista della ormai imminente campagna elettorale abatese per il rinnovo del Consiglio comunale. Tra le richieste c’è il vincolo alle aree dismesse al fine di poterle riutilizzare per nuove iniziative imprenditoriali a basso impatto ambientale. Non è questa però l’unica novità. Nelle prossime settimane il tribunale di Torre Annunziata metterà all’asta anche lo storico opificio «Rosanova spa», con il rischio di ulteriori perdite nel campo lavorativo. «Anche in questo caso - conclude Fattoruso - ci troviamo dinanzi a poche idee e allo scarso interesse per il futuro di quest’area. Il nostro auspicio è che le forze politiche e istituzionali non speculino sul futuro di centinaia di famiglie che con la chiusura delle fabbriche rischiano seriamente di finire sul lastrico». il mattino