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Castellammare: Bobbio espugna nella ex roccaforte «rossa»


Adolfo Pappalardo INVIATO CASTELLAMMARE DI STABIA. Non c’è più la roccaforte rossa. Spazzata via. «Da un ex missino», dice sornione Luigi Bobbio, ex senatore An e ora sindaco. Che fosse una strada in salita per il centrosinistra era chiaro, ma tutti pronosticavano il ballottaggio nella ex Stalingrado del Sud. E, invece, già a tarda mattina Bobbio è oltre il 50 per cento. «Non brindo solo per scaramanzia», dice prima di rompere gli indugi alle 15. Un minuto dopo la telefonata dell’uscente Salvatore Vozza, per fargli gli auguri, quando ancora mancano oltre 20 sezioni. «Aspettiamo ’sta giornata da vent’anni», urlano nel comitato di Bobbio. Già. Perché a parte le vecchie giunte dc dei Gava, dal ’92 Castellammare è sempre stata a sinistra. Prima con Catello Polito, passando per la Salvato, e poi con Vozza. Sino a ieri. Sembra un secolo. Eppure negli ultimi mesi il Pd viene traumatizzato da fatti impressionanti. Il primo, di sangue, risale a 13 mesi fa e la città, anche se non l’ammette, è ancora scossa: quando il consigliere pd Luigi Tommasino viene ucciso in un agguato. Come un boss. E mesi dopo, si scoprirà che uno dei presunti killer era iscritto al Pd. Troppo. Senza contare un’indagine in corso su rimborsi gonfiati da alcuni consiglieri uscenti e gli atti di una commissione d’accesso. Carte chiuse in un cassetto del Viminale ma per questo più pestilenti perché scatenano veleni pericolosi e incontrollabili. «È ora di leggere - dice Vozza - così gli stabiesi non avranno dubbi». D’accordo pure Bobbio: «Mi farebbe solo piacere, io sono arrivato ora e non ho nulla da temere». Eppure dentro quegli atti ci potrebbe essere qualcosa anche sull’attuale maggioranza. Perché, ed è questa l’altra scossa che ha lesionato il centrosinistra, agli inizi di febbraio ex assessori della giunta di centrosinistra si sono candidati con Bobbio. «Trasformismo», dicono dal Pd. «Hanno appoggiato il nostro programma di discontinuità», afferma Bobbio dopo essere uscito dalla sua sede elettorale sul corso, proprio di fronte alla sede Pd, dove erano iscritti Tommasino e il suo presunto killer. È un appartamento al primo piano di un palazzo nobiliare acquistato con la colletta delle tute blu della Fincantieri, élite operaia del vecchio Pci, ora alle prese con la cassa integrazione. Qui solo facce stravolte. «La vicenda Tommasino pure avrà influito ma - dice il commissario democrat Paolo Persico - il vero problema è che anche qui siamo diventati autoreferenziali». Inutile pensare che abbia influito anche la candidatura dell’outsider Nicola Corrado, vicesindaco uscente. Perché i numeri sono numeri: Bobbio vola al 53, Vozza rimane al 32,2 e Corrado al 6,94. Matematicamente impossibile anche arrivare al ballottaggio. Impossibile battere le 12 liste di Bobbio. «So cosa significa: non governerà con tutti i partiti dietro, per questo io correvo solo con 4», pronostica Vozza che giura di rimanere all’opposizione. «Ma la divisione ha pesato», ragiona Persico ad alta voce perché la musica che arriva dal comitato di Bobbio è assordante. A festeggiare c’è anche Gaetano Cimmino ex segretario pd candidatosi ora con Bobbio. Un traditore? «È tornato a casa sua, come molta gente che era con Vozza», dice Corrado che aggiunge: «I voti che ho preso io sono di persone deluse che non avrebbero votato». Anche perché se nel 2005 Ds e Dl prendevano il 13 per cento ciascuno, oggi il Pd a stento ci arriva al 13. «È una vittoria storica, inaspettata: Vozza naufraga nel mare tempestoso della sinistra e noi abbiamo espugnato Stalingrado», dice Salvo Iavarone, coordinatore di Italia protagonista e qui, a cavallo del 2000, commissario di An. Poi Bobbio percorre a piedi il corso tra clacson e bandiere. E al suo comitato rimane solo la cassa che spara ad alto volume l’inno del Pdl. È l’ultimo affondo che rende ancora più amara la disfatta del Pd. Il Mattino