Creato da francescalc.mi il 04/01/2008

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AMARE SE STESSI PER SAPER AMARE L’ALTRO:LA COSTRUZIONE DI LEGAMI AFFETTIVI SANI

AMARE SE STESSI


Implica il possedere due doti che ogni persona “per diritto” dovrebbe aver acquisito:
l’ autostima vale a dire la considerazione del nostro valore prescindendo dalle nostre imperfezioni (sfera dell’essere);
la fiducia in sé o auto-efficacia cioè la convinzione che nelle situazioni di crisi ce la possiamo fare, che possiamo attivare comportamenti adeguarti al contesto. Questa consapevolezza si manifesta con l’attitudine all’azione ed attiene quindi alla sfera del fare.

Qualora manchino tali qualità del Se’, il nostro sguardo su noi stessi sarà inevitabilmente svalutante e ci indurrà a maturare convinzioni disfunzionali circa il nostro valore. E tali pensieri disadattivi coinvolgeranno la sfera fisica (trascuratezza), emotiva (“non merito rispetto”) ed intellettuale (disconoscimento potenzialità, senso di impotenza) della nostra persona.
A causa della paura del rifiuto, della critica, della delusione, del timore ad entrare in contatto con l’altro, la persona carente di stima rimane chiusa disperatamente nel suo disagio, incapace di costruire relazioni, celando dietro alla sua apatia una grande fragilità e un intenso bisogno inespresso di amore.

LE ORIGINI: LA BASE SICURA

J. Bowlby, illustre psicoanalista inglese, verso la metà del secolo scorso definì l’attaccamento affettivo come risultato di un sistema di schemi comportamentali introiettati nell’infanzia e determinato in larga parte dalle modalità con cui il bimbo viene trattato dalle figure genitoriali ed educative di riferimento.

… il modo in cui siamo stati o non siamo stai accolti, riconosciuti, nutriti genera la nostra organizzazione del mondo ed il nostro modo di stare nel mondo…

L’importante contributo di Bowlby e collaboratori alla psicologia evolutiva riguarda l’aver formulato teorie innovative partendo dall’osservazione del comportamento di esplorazione ed attaccamento in bambini di 12 mesi.
Per la prima volta vennero realizzati sistematicamente filmati che - tra l’altro - crearono non poco scompiglio all’interno della Società Psicoanalitica, documentando con evidenza incontrovertibile ipotesi rivoluzionarie rispetto alla tradizione e non sempre in linea con l’ortodossia, rappresentata allora da M. Klein ed A. Freud.


Anni di analisi portarono alla definizione di quattro tipi di attaccamento oltre ad un gruppo intermedio tra questi:


ATTACCAMENTO SICURO – il bambino ha sviluppato fiducia nella presenza stabile della madre, da cui si sente contenuto, accolto e motivato all’esplorazione. E’ un bimbo sereno, che, rispecchiandosi in lei, ha maturato fiducia in sé e nelle proprie risorse.

ATTACCAMENTO ANSIOSO/AMBIVALENTE – il bambino è passivo, esplora poco, ha bisogno costantemente di essere accudito. E’ introverso, timido e compiacente per essere accolto. Si mostra costantemente angosciato a causa dell’incostanza della madre (disponibile in modo discontinuo o incoerente, offrendo ad esempio un accadimento anaffettivo), e si aggrappa a lei temendo l’abbandono.

ATTACCAMENTO EVITANTE - Alterna momenti di indipendenza a momenti in cui si affanna a cercare la madre. L’indifferenza ed il mancato contenimento di lei non permettono al bambino l’elaborazione degli affetti negativi nei suoi confronti (dolore, rabbia..) che, scissi da quelli postivi, vengono ben presto incanalati in ambito sociale (atteggiamento ribelle e contestativo) o rimossi.

In molte occasioni Bowlby tenne a sottolineare come la qualità del contenimento materno incidesse sullo sviluppo di condotte anti-sociali.
Partendo dal presupposto che lo stile di attaccamento non possa semplicisticamente rappresentare l’unica spiegazione al fenomeno, gli episodi di bullismo possono essere “anche” ragionevolmente letti come risultato di un fallimentare contenimento genitoriale. Il rifiuto, l’indifferenza o l’assenza affettiva delle figure di riferimento non permettono il contenimento del disagio del figlio, il quale, incapace di elaborare autonomamente i propri vissuti emozionali negativi e non avvertendo alcun contenimento da parte degli adulti, proietta tali sentimenti in agiti anti-sociali.

…a ben guardare, nella teoria è anche la chiave per un intervento efficace

volto al recupero di qualità e alla valorizzazione dei rapporti familiari in primis unitamente alla creazione o al consolidamento di network di sostegno sul territorio operanti in sinergia (scuole, associazioni sportive, ricreative, oratori, consultori..).

ATTACCAMENTO DISORGANIZZATO – l’ultimo tipo di attaccamento descritto da Bowly origina da gravi mancanze della madre (violenza, maltrattamenti, abusi) che generano personalità borderline o psicotiche.


L’EREDITA’ DEL PASSATO

Gli studi longitudinali effettuati sui bambini una volta cresciuti, portarono alla realizzazione di un questionario l’ADULT ATTACHEMENT INTERVIEW mediante cui fu misurata la costanza, nel corso dello sviluppo fino all’età adulta, degli schemi di attaccamento infantile.

Risultati:
Dall’attaccamento sicuro sviluppa un tipo di personalità confidente in se stessa, capace di rapportarsi agli altri, di fidarsi ed affidarsi senza timore dell’abbandono (base sicura in se stessi introiettata) non spaventata dalla minaccia di poter subire intrusioni (confini chari)

Dall’attaccamento ambivalente origina una struttura di personalità insicura, bisognosa e possessiva. Spesso dipendente ed affamata d’amore; restia ad ogni confronto per paura di perdere l’altro e dunque poco assertiva. Costantemente alla ricerca di conferme esterne alla propria autostima e tendente alla confluenza affettiva.

Dall’attaccamento evitante genera un limitato bisogno di attaccamento unitamente ed una grande autonomia affettiva che può sfociare nella difficoltà ad entrare in contatto autentico o in intimità con l’altro.

LE FERITE DEL PASSATO – QUALI CONSEGUENZE?


La difficoltà ad amare, specie se il fallimento è la regola, è risultato di ostacoli psico-affettivi incontrati nel corso dell’infanzia.
Tutti i nostri rapporti sono condizionati dal nostro stile di attaccamento.. e dunque da come siamo stati amati.

Su di un ipotetico spettro potremmo individuare ai due estremi, due modalità relazionali tanto opposte quanto disfunzionali:

NARCISISMO – il vissuto primario di accudimento e protezione fu a suo tempo deluso. Per sentirsi sicuro e per timore che gli altri possano rifiutare (oggi come allora) i suoi tentativo di avvicinamento, il narcisista
 tende a sopprimere i propri bisogni affettivi (strategia evitante)
 oppure a vivere un’esistenza alla perenne ricerca dell’oggetto interno idealizzato, incapace di relazioni autentiche e durature
 o costruisce reattivamente un sé grandioso incapace di entrare in contatto pieno con l’altro.

DIPENDENTE AFFETTIVO (love addiction) – all’altro estremo del continuum, colui il quale avendo ricevuto un feedback affettivo insufficiente nel passato… da adulto, ha difficoltà a separarsi dalle proprie figure d’attaccamento (del passato o del presente): ritenendosi in credito d’amore, il suo bisogno non è mai completamente soddisfatto … ed è proprio questo vuoto antico a spingerlo ad amare con la voracità con cui il bulimico mangia, vivendo nella nostalgia di quel intenso corpo a corpo che lega il neonato alla madre e pretendendo la fusione totale col partner che finisce per sentirsi divorato.


COSTRUIRE IL PROPRIO SE’
In terapia, l’alleanza terapeutica viene a configurarsi come base sicura (holding), vale a dire nuovo modello interno operante laddove le figure genitoriali abbiano fallito o siano state in qualche misura carenti.
Il terapeuta fornisce dunque al paziente una base da cui egli si senta
 stimolato ad esplorare
 incoraggiato a stringere relazioni sane
 e soprattutto agevolato a prender consapevolezza di quanto i suoi antichi modelli d’attaccamento siano frutto di schemi disadattivi del passato.
Attraverso questo percorso di crescita e riparazione, al paziente viene dato di raggiungere quell’autonomia emotiva senza la quale risulta improbabile assaporare un autentico benessere.

Accanto all’holding il conteining (Winnicott): Se il contenimento materno ha lo scopo di aiutare il bambino a trasformare ed elaborare gli affetti negativi (collera, dolore, paura..), nel caso esso sia stato inefficace sarà quello terapeutico a permettere al paziente di vivere le proprie emozioni senza necessità di scindere gli affetti negativi e negarli (attaccamento evitante) o di costruire un falso se’ compiacente e remissivo (ansioso-ambivamente).

Emerge, da tali considerazioni, l’importanza della relazione terapeutica al fine di produrre un efficace lavoro di ristrutturazione del Sè.
Il benessere della persona scaturisce imprescindibilmente dall’aver vissuto relazioni sane e nutrienti.
E se qualcosa “non ha funzionato”, solo un legame affettivo solido, validante la persona ed accogliente può sostenere e dar senso alla metodologia terapeutica, a qualsiasi modello teorico essa appartenga. Pena il fallimento.

Laddove quel dono di cui si è accennato inizialmente venga “di diritto” restituito, il deserto – come sosteneva F.S. Perls – può ancora fiorire.

 

Bibliografia
J. Bowlby - UNA BASE SICURA - Raffaello Cortina Editore

M.D.S. Ainsworth – ATTACHEMENT RETROSPECT AND PROSPECT - In: Parkes, C.M. Stevenson, J. hinde – THE PLACE OF ATTACHEMENT IN HUMAN BEHAVIOUR - Basic Books Tacistock

P. Clarkson – LA RELAZIONE PSICOTERAPEUTICA INTEGRATA – Coll. Psicoterapia di Counseling Sovera

D. Winnicott – SVILUPPO AFFETTIVO ED AMBIENTE – Armando, Roma

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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