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DISMORFOFOBIA

Post n°35 pubblicato il 05 Aprile 2008 da francescalc.mi
 

 

QUANDO LA RICERCA DELLA PERFEZIONE CORPOREA

SOTTENDE MOLTO DI PIU’

LA DISMORFOFOBIA

 


Ciò che caratterizza la malattia è la preoccupazione esasperata per un proprio difetto fisico reale o la convinzione immaginaria di essere affetto da una qualche anomalia corporea(DSM IV). Il disagio provocato da questo pensiero disfunzionale è tale da inficiare la vita affettiva, sociale e professionale del soggetto. Egli infatti, pur rendendosi conto di quanto sia sproporzionata la sua  preoccupazione, non riesce a gestirla.Il problema può essere focalizzato sui tratti del volto (rughe, cicatrici, rossore, acne, eccessiva peluria, naso), della testa (stempiatura, diradamento..), coinvolgere tutto il corpo (seno, fianchi, gambe..)o il peso. Il decorso della malattia è per lo più continuativo ed il disagio può divenire sempre più persistente, salvo momenti in cui sembra attenuarsi.

Insorge in genere nel periodo adolescenziale, a causa dei cambiamenti fisiologici connessi al periodo evolutivo e può associarsi ai disturbi dell’umore e del comportamento alimentare.

Chi si sottopone ad interventi di chirurgia estetica, specie se ripetutamente (rifacimento labbra, seno, zigomi, trapianto di capelli) può essere affetto da dimorfismo. Il sintomo, in questi casi, permane dopo l’operazione o si sposta su altre aree bersaglio del corpo.Anche in coloro che si dedicano ad attività fisiche legate allo sviluppo muscolare, alla tonicità e al modellamento del corpo in modo esasperato, possono essere affetti da dimorfismo ed il rischio è che ricorrano a farmaci per potenziare rapidamente la “trasformazione” del corpo. Poiché la preoccupazione circa la propria condizione fisica è esasperata e dolorosa, la persona tende a non parlarne, a vergognarsene al punto di evitare il contatto sociale per nascondere la propria presunta deformità. Va detto infatti che il peso culturale dell’avvenenza fisica nella società attuale (nonché nel cotesto ambientale in cui il soggetto vive) non fanno che promuovere ed aggravare il problema.L’ansia generata dalla persistenza del pensiero disadattivo spinge inoltre il soggetto a controllarsi e curarsi eccessivamente mediante interventi ritualizzati di pulizia, cosmesi, applicazione di prodotti.

Le cause

Il sintomo rappresenta una modalità di scaricare l’ansia repressa causata da pensieri ed emozioni disfunzionali (vale a dire meccanismi cognitivi solo all’apparenza logici, in realtà viziati da conflitti inconsci e privi di ogni fondamento). Per questo l’intervento terapeutico più semplice è volto a scardinare il loop mentale che condiziona e crea enorme disagio al paziente.

Le cause profonde

Presupposto:

Che cos’è il Se’?

E’ il processo attraverso cui il nostro organismo entra in contatto con l’ambiente per soddisfare i propri bisogni, fisici e psichici, per poi elaborare ed integrare l’esperienza.Quando il processo è sano, esso avviene sulla base di due funzioni specifiche:

§         l’assimilazione di ciò che l’organismo “sente” nutriente, buono per sé e che pertanto può essere accolto

§         l’alienazione, il rifiuto di ciò che è nocivo, diverso da sé, velenoso e va allontanato


L’interazione col mondo avviene a tutti i  livelli di esperienza, vale a dire sul piano corporeo, emotivo, cognitivo, sociale. Il benessere è dato quindi dalla piena disponibilità della funzione di contatto.Quando parte della funzionalità organismica viene persa, insorge il disagio.

Consideriamo ora specificatamente la funzionalità corporea, vale a dire il contatto dell’Io corporeo con l’ambiente. Essa implica la capacità di “sentire” e coinvolge l’esperienza sensoriale ed emotiva. I sentimenti di tristezza comportano ad esempio sensazioni di pesantezza e calore, tensione del diaframma, lacrime agli occhi.. I sentimenti di eccitazione determinano l’espansione del torace, tremore all’addome, e qualcosa che fluisce negli arti.

Quando il meccanismo si inceppa…

Quando c’è conflitto tra l’Io e l’ambiente, si può giungere a dissociare se stessi dalle sensazioni corporee nel tentativo di non vivere emozioni ritenute dolorose.Il rinnegamento varia da un leggero allontanamento da specifiche sensazioni corporee ad una vera e propria desensibilizzazione, fino ad arrivare alla depersonalizzazione.Il grado di ripudio dell’esperienza corporea è correlato alla gravità della patologia.Nella depersonalizzazione esiste una grave distorsione della percezione del proprio corpo.Qualora del corpo si faccia esperienza, esso non viene vissuto come pienamente “Io” ma come una macchina da viziare, modificare, esercitare, sfiancandolo e considerandolo un oggetto fuori da sé.La persona è tanto focalizzata sulla propria realtà fisica oggettivizzata da ignorare altri aspetti del proprio essere: cognitivo, immaginativo, spirituale...Un esempio pratico, l’esigenza di alienare tali  parti del sé implica che si viva il proprio organismo come una casa di cui non si vogliono vedere alcune stanze. Poiché non è possibile demolirle, esse vengono sigillate e dimenticate.Allo stesso modo, poiché risulta impossibile liberarsi da alcuni aspetti di sé, essi vengono disconosciuti, rinnegati.. ma non potendo scomparire riaffiorano sotto forma di sintomi producendo il disagio psichico.Ciò è quanto accade al soggetto affetto da dismorfismo. La percezione somatica è distorta. Il corpo è vissuto in modo disfunzionale, vale a dire come un’entità separata dai propri vissuti interiori che rimangono sconosciuti, sepolti e non connessi all’esperienza corporea se non attraverso il sintomo.

Quale intervento?

L’intervento implica la graduale risensibilizzazione. In un ambiente accogliente e rispettoso delle difese personali, è necessario con gradualità recuperare le parti del sé disconosciute. Sostenendo il soggetto ad approcciare l’esperienza di contatto con il sé e la realtà esterna in modo adattivo.Tornando all’esempio della casa, riaprire le stanze abbandonate ed inondate da buio e polvere significa restituire spazio, luce, aria pura e poter usufruire al cento per cento delle risorse della casa stessa.

Recuperare le parti rinnegate del sé, vuol dire aiutare la persona a tornare a vivere le proprie potenzialità, tornare ad esperire un contatto pieno in primo luogo con il proprio mondo interiore e con il proprio Io corporeo; in seconda istanza con il mondo, un contatto fatto di sensazioni, pensieri, emozioni e comportamenti adeguati al contesto, affinché il soggetto riacquisti benessere e voglia di vivere.

Il counseling Integrato

Nel conseling integrato l’utilizzo dell’approccio gestaltico ed l’EFT (Emotinally focused therapy) risultano particolarmente indicati al trattamento.

L’intervento parte dall’esperienza somatica nel qui e ora per accedere attraverso il sintomo e l’uso del corpo a blocchi e conflitti inconsci. Ciò permette infatti di  giungere all’espressione consapevole e all’elaborazione del materiale emerso. Quando ciò avviene e solo allora, diventa infatti possibile ristrutturare il sé mediante l’assimilazione di modalità adattive nuove così che il soggetto può tornare a viversi e vivere il contatto con l’ambiente in modo sano ed equilibrato, in altri termini a sperimentare un intenso ed autentico  benessere.




































































































 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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