Un grande patrimonio »

EDITORIALE numero 1

Post n°1 pubblicato il 02 Maggio 2006 da processo

Era il 7 agosto 1988, quando il compianto padre Italo Mario Laracca guardiano ecclesiastico della Confraternita della Carità, Orazione e Morte mi rivolse la fatidica frase: “Fratello che domandate voi?” la mia risposta fu: “La misericordia di Dio e la pace di questa compagnia”. Da quel momento fui a pieno titolo uno dei fratelloni. Da quel momento la chiesa di S. Apollonia diventò parte di me, un affetto particolare che viene dal profondo di me stesso ed è quello che mi lega a questa meraviglia barocca che pochi conoscono. Quando mi aggregai alla confraternita esattamente diciasette anni or sono, non trovai una situazione stabile e duratura. I confratelli erano quasi tutti anziani, il rischio di soppressione era concreto e qualcuno aveva già pensato dove esporre la Madonna della Carità una volta estinta la confraternita. Ci guardammo in faccia con Giulio Mingarelli che si era aggregato due anni prima di me, bisognava far presto e quindi ci mettemmo in cerca di amici e conoscenti disposti a darci una mano per impedire che tutto finisse. Così dopo di me ebbi la gioia di imporre l’abito, come maestro dei noviz,i ad Emanuele Vidili, Stefano Scopino, Umberto Galante e tanti altri. I nostri anziani ci hanno tramandato le tradizioni ma sopratutto il grande retaggio di storia che il sodalizio rappresenta. Si rividero le insegne in processione, che emozione. Anche la festa della Madonna vide una sua rinascita. Oggi a soli trentuno anni mi trovo a ricoprire la carica di guardiano sul posto che fu del compianto fratello Francesco Panza, una responsabilità non da poco che intendo assumere con un impegno serio e continuativo affinché, molto presto quello di cui oggi io sono responsabile possa essere per nuovi confratelli frutto di grandi esperienze formative ma sopratutto frutto di maturazione interiore. Se almeno questo, da oggi fino alla scadenza del mio mandato nel 2007, si riuscirà ad ottenere potrò dire di essere stato utile al prossimo. Siamo ormai entrati a pieno titolo nel tanto atteso terzo millennio, lasciandoci alle spalle il secondo, che ha caratterizzato in modo determinante la storia delle nostre venerabili unioni con quella traccia indelebile che è stato il Vaticano II da cui, ancora oggi, prende fondamento il rinnovamento chiesto dal santo padre alle confraternite durante il grande giubileo internazionale del 1983, in occasione dell’anno santo della redenzione, e nel 2000 durante il giubileo bimillenario della nascita di Cristo, durante i vespri solenni presieduti in piazza S. Pietro con i confratri di tutto il mondo. Cosa stiamo facendo noi? Ancora poco. Il sommo pontefice ci ha richiamati a dei valori fondamentali, quelli delle nostre tavole di costituzione chiedendoci di aggiornarli e renderli attuali in una società, quella odierna, che ci offre numerosissimi campi di azione cioè quelle che sempre più insistentemente chiamiamo le nuove povertà. Il glorioso ceppo dell’orazione e morte, trova fondamento dalla ven. arciconfraternita romana che con non poca fatica sta cercando ostinatamente un nuovo scopo unitario affinché risvegli l’aspetto sociale sopito dopo l’incameramento dei beni nel 1870. Nel nostro piccolo dal gennaio 2004 sosteniamo il progetto Carletto della parrocchia di S. Martino con parte delle offerte domenicali. Sono piccolissimi passi che però iniziano a scuotere una polvere secolare e aprono uno spiraglio di luce. Non è facile portare i nostri vetusti sodalizi verso una nuova concezione di loro stessi perché le tradizioni e la storia a volte sono gli scogli più duri da superare che impediscono il naturale mutare dei tempi. Restare attaccati allo stendardo o alla paletta non ci porta a nulla. Così facendo daremo ragione ai quei preti che ci definiscono pezzi di archeologia sacra o più pessimisticamente amministratori di condominio. Il pontefice nel 1983 e nel 2000 ci ha richiamato al risveglio sociale, stesso appello che ci hanno rivolto i nostri amati vescovi diocesani. E’ importante non disperderci tra le mura dei nostri oratori dove la storia, a volte impietosa, dopo il 1870 ci ha relegato. La spoliazione dei beni ha messo in crisi quasi tutte le confraternita costringendole a cessare o a limitare quasi all’osso le attività assistenziali per le quali erano nate. Gli scopi di fondazione oggi vanno aggiornati ma sopratutto visti alla luce della realtà attuale. Solo così essere una confraternita avrà un vero significato nel terzo millennio. A volte, in alcuni casi specifici, che vanno visti nelle singole realtà diocesane, ci troviamo davanti a veri reperti archeologici o delle amministrazioni condominiali. Sodalizi che esistono solo di nome o che attraverso un numero neanche considerabile di aggregati amministrano, non si sa in che modo, veri e propri gioielli d’arte che per assurdi retaggi del passato sono privati alla massa, luoghi di culto dove è impensabile svolgere qualsiasi attività  per obsoleti privilegi generazionali che nulla hanno a collimare con il diritto canonico. Nel 2005 non possiamo più stare a guardare davanti a questa situazione in attesa che qualche vescovo emani decreti di soppressione cancellando così secoli di storia fatta di una grande tradizione devozionale e di quella autentica pietà  popolare che è il tesoro del popolo cristiano. Bisogna che la volontà di rinascita ma sopratutto di un rinnovo a livello strutturale parta proprio da noi stessi. Altrimenti non ha nessun significato rimanere attivi oggi nella chiesa che ormai guarda avanti volgendosi sempre di meno indietro, anzi tendendo a cancellare ciò che può essere fonte di allontanamento da essa. Molto spesso siamo guardati dai giovani con diffidenza poiché la nostra realtà  associativa è sconosciuta ai più che preferiscono iscriversi agli scout o all’azione cattolica invece di indossare il nostro sacco. Ecco che la morte per mancanza di aggregati è uno dei mali peggiori per i sodalizi dell’orazione e morte che proprio per il titolo sono considerati qualcosa di tetro, di lugubre da cui stare lontano. Bisogna quindi dalla storia trarre lo spunto per un promettente futuro che ci riporti ad riprendere il nostro ruolo nella società  del terzo millennio.

 

Fr. Alessandro Filippi

Guardiano dell' Arciconfraternita della Carità, Orazione e Morte in Velletri

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