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DYLAN THOMAS

Post n°22 pubblicato il 22 Giugno 2006 da zarbok

5 novembre 1953.
Un giovane poeta gallese cammina solitario su una spiaggia newyorkese; porta un cappotto nero ed i suoi capelli sono scompigliati dal vento. Passeggia e fuma, un passo dopo l'altro, una tirata dopo l'altra. I gabbiani non infastidiscono i suoi pensieri, troppo stretti ed impetuosi. La stessa sera il poeta verrà ricoverato al Roman Catholic Hospital in preda ad un attacco di delirium tremens. Entrerà in coma, per morire 5 giorni dopo. Aveva 39 anni, e se ne andò dopo aver bevuto 18 whisky lisci. L'anno successivo Igor Stravinsky compose la sua opera "In memoriam Dylan Thomas"; in suo onore il cantante folk Robert Allen Zimmerman scelse lo pseudonimo di Bob Dylan...

Così è scomparso il gallese Dylan Thomas, poeta celtico, una delle più originali voci del XX secolo...
La sua poetica fu un calderone esperienziale, costruita su un sostrato celtico che ricompone però i movimenti e le riscoperte più significative del secolo, dai surrealisti francesi alla visionarietà di Blake, alle metafore ardite dei metafisici del XVII secolo.

Un mio consiglio: se volete conoscerlo davvero a fondo, se vi volete bagnare nella sua apocalittica e grottesca visione della vita, leggete Morti e ingressi (Deaths and entrances, 1946); delle sue raccolte di poesie è quella che preferisco.

Vi dono una delle sue perle...

Specialmente se il vento d'Ottobre
Con gelide dita i miei capelli punisce,
Afferrato dal sole che aggriccia sul fuoco cammino
E getto un granchio d'ombra sulla terra,
Sul fianco del mare, uno strepito udendo d'uccelli,
Udendo il corvo tossire su invernali stecchi,
L'attivo mio cuore mentre lei parla palpita,
Sparge il sillabico sangue, le sue parole assorbe.

Chiuso dentro una torre di parole, segno
Sull'orizzonte camminare come gli alberi
Le forme verbose delle donne, e dentro il parco
Le file dei fanciulli dai gesti stellari.
Alcuni mi lascian crearti col vocalizzo dei faggi,
Alcuni con la voce delle quercie, dalle radici
Dirti le molte note di contee spinose,
Col linguaggio dell'acqua altri crearti.

Dietro un vaso di felci l'orologio oscilla,
E dell'ora mi dice la parola, il significato nervoso
Vola sul disco frecciato, declama il mattino,
Mi narra tempo al vento col gallo della banderuola.
Alcuni mi lascian crearti coi segni del prato;
Tutto ciò che conosco l'erba segnale mi dice
Ed attraverso l'occhio penetra col verminoso inverno.
Alcuni mi lasciano dirti i peccati del corvo.

Specialmente se il vento d'Ottobre
(Alcuni mi lascian crearti d'incanti autunnali,
Lingua di ragno, sonora collina del Galles)
Con pugni di rape punisce la terra,
Alcuni mi lascian crearti con impietose parole.
disseccato il cuore che, sillabando nello sgambettio
Di alchemico sangue, avvertì della furia in cammino.
Sui fianchi del mare puoi udire gli uccelli dai cupi vocalizzi.

 

 
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