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Post N° 63

Post n°63 pubblicato il 28 Gennaio 2008 da zarbok

"Torna a casa figlio, ed affila il tuo machete"...

Ci risiamo, la bomba africana è di nuovo etnicamente innescata. In Kenia le escalation di violenze che prima sembravano semplici retaggi di brogli politici stanno assumendo nuove connotazioni. Genocidio è il suo nome...
Le ultime notizie parlano di 150 morti in 4 giorni, 800 in totale dall'inizio del nuovo anno.
Alla base degli scontri i risultati delle elezioni presidenziali del 27 dicembre, che il leader dell'opposizione, lo sconfitto Raile Odinga, considera frutto di brogli. 
In un primo tempo vittime sono stati soprattutto i membri dell'etnia Kikuyu, cui appartiene il presidente riconfermato dal voto, Mwai Kibaki. Ma, a quanto riferisce la Bbc, sono ora i Kikuyu a vendicarsi contro i Luo dell'etnia di Odinga e i loro alleati Kalenjin. Al centro delle violenze vi sono Nakuru, capitale della provincia e quarta citta' del Kenya, e la vicina Naivasha. Le prime immagini che arrivano (e come al solito sono davvero poche, vuoi per la studiata disinformazione di cui siamo oggetto vuoi per la crudezza delle stesse) rappresentano bande di uomini armati di machete, bastoni, archi e frecce avvelenate che si accaniscono su chiunque capiti loro sotto tiro, purchè di etnia diversa. E, come nel 94 in Ruanda, a nulla serve cercare riparo in case, istituti municipali o chiese: queste vengono sistematicamente incendiate.

In Ruanda nel 1994 bastarono 100 giorni per assassinare un milione di persone; 7 persone al minuto vennero massacrate a colpi di machete, senza trovare un minimo ostacolo nelle istituzioni internazionali.

"Fino che non ci si occuperà seriamente dei problemi reali che affliggono le nazioni del terzo e quarto mondo, la povertà, la fame, l'istruzione, la rabbia di questi popoli genererà sempre nuove guerre e terrorismi. Prendiamo l'Iraq come esempio: gli Stati Uniti agiscono in quel paese per proteggere interessi strategici, creando con la loro presenza in quella zona una sorta di accerchiamento verso il suo principale competitor: la Cina. Anche il controllo degli immensi giacimenti di petrolio spingono gli americani a mantenere la loro presenza in quella zona. Ma chi si occupa seriamente degli iracheni, chi ha a cuore la dimensione umanitaria?".
-Romeo Dallaire, comandante canadese, nel 1994, della missione ONU in Africa.

E se questo vale per il ricco Iraq, chi si prenderà cura del povero Kenia?
Davvero abbiamo bisogno di nuove scene come queste?


                     

 
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Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 29/01/08 alle 11:28 via WEB
LA FINE E L'INIZIO Dopo ogni guerra c'è chi deve ripulire. In fondo un po' ordine da solo non si fa. C'è chi deve spingere le macerie ai bordi delle strade per far passare i carri pieni di cadaveri. C'è chi deve sprofondare nella melma e nella cenere, tra le molle di divani letto, le schegge di vetro e gli stracci insanguinati. C'è chi deve trascinare una trave per puntellare il muro, c'è chi deve mettere i vetri alla finestra e montare la porta sui cardini. Non è fotogenico e ci vogliono anni. Tutte le telecamere sono già partite per un'altra guerra. Bisogna ricostruire i ponti e anche le stazioni. Le maniche saranno a brandelli a forza di rimboccarle. C'è chi, con la scopa in mano, ricorda ancora com'era. C'è chi ascolta annuendo con la testa non mozzata. Ma presto lì si aggireranno altri che troveranno il tutto un po' noioso. C'è chi talvolta dissotterrerà da sotto un cespuglio argomenti corrosi dalla ruggine e li trasporterà sul mucchio dei rifiuti. Chi sapeva di che si trattava, deve far posto a quelli che ne sanno poco. E meno di poco. E infine assolutamente nulla. Sull'erba che ha ricoperto le cause e gli effetti, c'è chi deve starsene disteso con una spiga tra i denti, perso a fissare le nuvole. Wislawa Szymborska Vista con granello di sabbia, Adelphi, 1998
 
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