Scintille

La schisceta


Era nata il 19 marzo 1901 e per questo l'avevano chiamata Giuseppina, che, nel corso degli anni, era stato abbreviato in Pinina. In quel mattino freddo camminava con passo rapido al fianco della sorella Ada ...s'era adree per andaa a bottega de bon'ora; aveva iniziato ad 11 anni, giovanissima apprendista, la faseva la piscinina in de la sartoria, ed ora, a 16 anni compiuti,  faceva la sartina a Milano, la città che le aveva dato i natali, cucendo abiti su misura (...i  vestii adess in faa su in serie e se te set grass o magher, grand o piscinin, giovin o vecc, te trovet semper el vestii che va ben anca par ti...).Era di povere ed umili origini la Pinina: orfana di mamma, abitava con il papà, le sorelle ed il fratello in una tipica casa di ringhiera, a Porta Ticinese, sul Naviglio Grande. Aveva tanti sogni, come tutte le ragazzine di quell'età, e pochissimi soldi in tasca; osserva con curiosità le signore eleganti con quei bei cappelli ed i vestiti luccicanti...tutti sbarluscenti,  che, lei e le sorelle orlavano fino a tardi la notte ed i giovani distinti, con panciotto, bastone e cappello, che negli anni 40, le une un po' più truccate ed i secondi, sempre più viziati e snob  sarebbero diventati i gagà e le gagarelle del Biffi Scala. Vestiti belli e cappelli? Eren robb de sciori, minga de gent che faseva fadiga a tiraa innanz.Non provava invidia per loro, solo curiosità: alla Pinina piaceva tanto quel giovane emaciato, sempre pensieroso, che quando la incontrava sorrideva appena sfioranto la falda del cappello con le dita. Era un poeta e, ai suoi occhi, un essere superiore: colto, aveva una parlata lenta ed una voce profonda, le iridi che parevano capaci di raccontare di mondi lontani mai davvero visitati eppure così reali. Quella mattina lei e Ada camminavano spedite: faceva freddo, in mano la schisceta, simbolo evidente delle persone poco abbienti, un contenitore metallico dove riponevano il pranzo cotto a casa. Forse quel termine veniva da schisc: "sta schisc"  che stava a significare stai ztto , non alzare la cresta perchè il cibo veniva ben compattato al suo interno. Il cibo era importante, ne avevano rispetto, e quel pranzo sarebbe stato il più abbondante della giornata dopo la classica colazione: "Toh, ciappa Pinina, ona bela fetta de pan, butter e zuccher; la costa poch e la te faa ben!", le diceva la sorella maggiore.Ma quel poeta la faceva sentire diversa e quando, nella nebbia, intravide in lontananza la sua figura avvicinarsi, fece  un gesto inconsulto: gettò a terra la schisceta, sotto gli occhi attoniti della sorella e con un colpo del piede, infagottato nella vecchia scarpa, la spinse sotto la carrozza posteggiata li nei pressi. Un attimo. Il poeta  passò, le sorrise appena e si fermò poco dopo a parlare con una ragazzina bionda e formosa ...el faseva el bauscia cont ona sgarsolina che l'era bionda e con i tett che pareven ballaa la mazurca....Delusione, dolore, amarezza. Ma, nonostante la Pinina non fosse colta e non avesse certo letto Dante, come per il Conte Ugolino"più che l'amor poté il digiuno" ed ella si chinò sotto la carrozza per recuperare la sua schisceta cosciente che non avrebbe potuto avere le attenzioni del giovane ma, almeno, non sarebbe rimasta con la pancia vuota.Qualche anno  dopo la Pinina conobbe il bell'Angiulin: non era ricco gh'aveva nanca on ghel, faceva il ferroviere alla Stazione Centrale ed  andava a trovare la zia, sua  visina de ringhiera. Il giovane cominciò ad andare a casa loro, leggeva a voce alta romanzi la sera, mentre lei e le sue sorelle cucivano e ricamavano, fino a tardi. Si sposarono. Erano i miei nonni.