L'Infinito

da: "Cosa sognano i pesci rossi"


Ma perchè, quella che sta facendo è vita? Noi veramente gli stiamo regalando una vita? Con i progressi della tecnica medica noi veramente siamo in grado di mantenere in vita organismi che alla medesima non hanno più diritto, ma a che pro?Prendi il caso del vicino di Tunesi, il numero 6.Quello era, o meglio è un ottantenne che in realtà non ha una malattia precisa. Ha tutto che non va. Non saprei nemmeno esattamente come definirlo. Ha tutte le malattie degenerative dell'età: aterosclerosi, artrosi, bronchite cronica, cardiopatia ipertensiva. Insomma un ottantenne che, paragonato a certi vecchietti sprint di pari età, di anni sembra averne duemila.Viveva solo in casa, trascinandosi dalla poltrona al letto, stanco, almeno credo, della vita. Sicuramente il suo organismo era esausto, della sua situazione psicologica non ne so abbastanza. A casa gli va su la pressione, si sente peggio del solito, chiama i figli. Questi chiamano la guardia medica che accorre a casa, gli misura la pressione che è alle stelle, vede anche che respira un po' a fatica, pensa che se lo lascia a casa magari quello muore la notte stessa e già immagina il titolo sul giornale: Guardia medica lascia morire un arzillo ottantenne nel suo appartamento, per cui ne stabilisce il trasferimento al Pronto Soccorso.Qui il vecchietto viene sottoposto ad una serie di esami, i quali risultano tutti sballati ma non abbastanza per stabilire una patologia che identifichi una diagnosi precisa se non quella di "usura da esistenza". Ma quest'ultima patologia non trova posto in nessun criterio nosologico di accettazione o di dimissione ospedaliera. Per cui il nostro omino viene ricoverato in Medicina per accertamenti.La seconda notte di degenza, mentre si sta cercando di mettere ordine tra le sue svariate funzioni alterate, improvvisamente il paziente peggiora.Perde coscienza, non riesce a respirare, il cuore fa le bizze.Il medico di guardia vede il paziente peggiorare, non sa bene perchè e non ha le competenze per affrontare una situazione di emergenza. Chiama l'anestesista.Quest'ultimo capisce che il paziente sta morendo, chiede informazioni al medico di reparto che riesce a dirgli che il paziente è un'iperteso ricoverato per accertamenti: niente tumori nè patologie terminali che potrebbero suggerire in modo forte all'anestesista di astenersi da manovre eroiche. Il paziente non respira, il polso è debolissimo, il tempo per decidere è minimo. L'anestesista intuba il malato, gli fa una flebo con qualche porcheria per recuperare la pressione, gli dà un po' di ossigeno e quello riparte come un orologio.Il paziente viene ricoverato in Terapia Intensiva: coma di medio grado da ictus cerebrale, assenza di adeguata protezione delle vie aeree per cui resta necessaria l'intubazione, necessità di modesta assistenza respiratoria - come si fa a lasciar morire qualcuno soffocato? -, minima assistenza idrica e alimentare e il paziente va che è una meraviglia. Per mettere fine alla sua vita bisognerebbe sparargli. Prognosi: chissà se il cervello riprenderà a funzionare?Intanto il processo d'invecchiamento, quell'usura da esistenza che non trova classificazione, va avanti e il vecchietto si decompone lentamente, in un candido letto di Terapia Intensiva, con un respiratore, un monitor e un sondino per la nutrizione. Una piaga da decubito qua, una polmonitina là, un'infenzioncina da catetere, un mughetto al cavo orale eccetera. Un lento, inesorabile, inarrestabile disfarsi in attesa dell'unica conclusione possibile: la morte. Eppure questa morte noi non possiamo nè dargliela nè accelerarla. Ci siamo spinti troppo avanti e tornare indietro non è più possibile. Ma ha senso tutto questo?... Nel caso di Tunesi la cosa è ben diversa. Tunesi è cosciente... E' giovane, ed è in queste condizioni a seguito di un intervento terapeutico. Sono tutti fattori che possono cambiare l'ottica. Ma resta di fatto la prognosi pessima perchè lo stadio della neoplasia era troppo avanzato, l'intervento ha causato danni irreparabili e le condizioni generali si stanno progressivamente deteriorando. Oltre a ciò è evidente che ogni giorno in più che la tecnologia di avanguardia riesce a regalargli è una sofferenza in più, la possibilità di una complicanza in più; il tutto senza una logica certezza di sopravvivenza a lungo termine. Certo, ogni giorno in più è un po' di vita in più, ma, mi chiedo, che vita è?