Tra piccole iene

UN ANNO FA


Ierisera una telefonata che non aspettavo mi ha fatto riflettere su quanto sia cambiata la mia vita nell'ultimo anno e stamani il blog di un amico che parlava di possibilità/impossibilità di progettare il proprio futuro mi ha riacceso la stessa lampadina.Un anno fa non avrei mai creduto che le cose sarebbero cambiate così tanto.Bene, adesso che ho espresso nel modo più banale possibile questo concetto, vediamo se riesco a mettere rosso su bianco quello che sento davvero.Mi sento viva. No, non vi sbagliate, questo non è banale come sembra. Apro la mia agenda sul cellulare, sincronizzata con quella sul pc: qualcuno decide il mio transitare nell'arco spaziotemporale professionale e io inserisco costellazioni, mondi e sassolini negli spazi e nei luoghi lasciati vuoti. Ci infilo dentro i miei interessi, le serate con gli amici, le nottate a leggere, i momenti d'amore, le beghe quotidiane e tutto ciò che la vita mi mette davanti. E ogni volta che ogni spazio risulta riempito fino al riempibile, immancabilmente succede qualcosa che mi fa spostare parte delle tessere inserite tanto faticosamente. Qualche anno fa questo mi avrebbe mandato in tilt, avevo bisogno di avere sempre tutto sotto controllo, proprio per quella smania tutta umana che ci fa sentire potenti e padroni di noi stessi quando abbiamo la possibilità di pianificare il futuro minuto per minuto. Scrivere esattamente sull'agenda cosa farò domani mi regala l'illusione della certezza di esserci, domani.In questi anni ho imparato, invece, che malgrado l'agenda sia piena il sole potrebbe non sorgere domani..potrebbe non esistere ciò che per pura convenzione umana ho imparato a chiamare "domani". Questa consapevolezza, però, non mi ha tolto il gusto di cercare di crearmi delle..chiamiamole "opzioni" per il domani...nel caso che io domani mi svegli, avrò qualcosa da fare, sempre che non succeda niente, altrimenti potrei avere qualcosa di diverso da fare. Sempre che io ci sia.Insomma, il bisogno di credere in qualcosa fa parte della nostra natura e, questioni religiose a parte, ognuno di noi ha bisogno di credere perlomeno che domani ci sarà, ma sarebbe meglio non ancorarsi troppo a questa certezza.Rimango dell'idea che a fine giornata l'ottimale sarebbe poter dire a se stessi qualcosa del tipo "domani venga il peggio, oggi io ho vissuto".