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PESCATORI DI FRODO


La pesca di frodo e la pirateria ittica rappresentano da anni un business plurimiliardario che sta distruggendo i mari del globo. Secondo la stima di David Agnew, responsabile della ricerca ittica all’Imperial College di Londra, il volume complessivo mondiale della pesca di frodo va dai due ai quindici miliardi di dollari. Alcuni dei pesci “rubati” dai mari possono avere un valore commerciale che arriva a toccare cifre altissime: il tonno blu, ad esempio, può costare anche 50.000 euro. Il rischio più grave che si corre è quello della completa estinzione di alcune razze, tra cui – solo per fare un esempio - il merluzzo della Patagonia. Il cuore di queste attività illecite è Las Palmas de Gran Canaria (Isole Canarie) dove passa quasi tutto il pesce di frodo che arriva nel continente europeo: centinaia di migliaia di tonnellate all’anno che si disperdono successivamente su troppe rotte di contrabbando per essere rintracciate. Secondo gli esperti questa tipologia di criminali, i “pirati globalizzati” del pesce, è una conseguenza dello smaltimento del comunismo sovietico. Lo sfruttamento ebbe inizio negli anni ’50 con la costruzione delle flotte di pescherecci sovietiche; negli anni ’70, arrivarono quelle giapponesi, dei paesi europei e degli Stai Uniti. È con la caduta del sistema sovietico però che il fenomeno diventa mondiale, quando la criminalità organizzata si impossessa della flotta mercantile dell’URSS. Quelle stesse flotte hanno già distrutto il Mar Baltico. (W E B)