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PENSARE ALLA MONTAGNA


Immaginare un futuro possibile per la montagna, oggi, in un mondo ormai massificato (6,5 miliardi di abitanti, quando erano appena 1,5 negli anni Sessanta) con i ghiacciai che fra una generazione saranno per lo più sciolti, sopra un pianeta avvolto da reti informatiche che superano in tempo reale  quelle barriere di spazio e di tempo (lontananza, verticalità) che non solo costituivano, ma “costruivano” la montagna (la sua specificità, ma anche le ragioni dell’alpinismo), significa infatti ripercorrere il senso delle esperienze  che nei millenni sulle montagne si sono aggrappate e manifestate. Perché solo così è possibile ancora capire cosa “le montagne” hanno da offrire. E quindi viverle. A ben guardare lavoro e cultura, stili di vita e fatiche, paure e creatività,  libertà e servaggi, si sono affermati non “in montagna” ( che è una dimensione astratta) ma “sulle” montagne, che sono luoghi reali e diversificati nel mondo, e possono consistere in un remoto borgo pedemontano appenninico , come in un villaggio sherpa himalaiano, in un “quattromila” alpino, o in un alpeggio altoatesino. Si dimentica troppo spesso, anche negli interventi pubblici e politici a favore della montagna, che in realtà bisogna parlare di “montagne”. Si dimentica anche le straordinarie multi potenzialità che questa differenziazione offre. Anche nel restringere il campo di indagine alla regione Trentino- Alto Adige  – laboratorio alpino ed europeo complesso, ma abbastanza completo - non si può pensare al futuro senza fare memoria delle “diverse montagne” dei diversi paesaggi e vocazioni che la compongono. I problemi di una vallata dolomitica,  infatti, sono ben diversi dalle opportunità (e non a caso usiamo questo termine) di una valle apparentemente  minore ed emarginata come la Vallarsa. Voler trattare gli Altipiani come si affronta lo sviluppo di Madonna di Campiglio significa  mistificare i problemi della montagna e, sostanzialmente, imbrogliare chi vuole viverci  o investire su di essa pezzi del suo futuro.  La montagna è fatta dai condizionamenti della natura e dalle scelte degli uomini. E’ questa la forza e la dannazione della montagna, perché natura e uomini non sempre si incontrano. Non ci sarebbe montagna se il lavoro degli uomini – e poi le conquiste dell’alpinismo - non l’avessero plasmata e “identificata” anche nei suoi miti. Non ci sarebbe montagna se la Natura non le desse la forza di rigenerarsi ad ogni stagione. ( W E B)