L'invisibile sguardo

Per la serie: "Ti racconto una storia": IL GIARDINO


 E’ sera, il rosso tramonto è diventato in fretta blu-ghiaccio. La stradina sterrata, ricoperta di ghiaia, mi portò davanti a un cancello. Il trillo del campanello e uno scatto, nessuna voce: il cancello si aprì.Alti abeti fiancheggiavano il vialetto, ad attendermi sulla soglia c’era una donna, secca come un giunco e nervosa come un ticchettìo insistente. Si accodò a lei l’azzurro chiarore di due occhi festanti: suo marito.Baci e abbracci a lei, baci e abbracci a lui. Un semplice incontro tra amici, palpabile però la finta allegria.Lui mi guidò verso il giardino interno della casa, attraversammo un breve corridoio che sfociava nella sala e da qui bastò varcare una sottile lamina di ottone per trovarsi incorniciati da alte mura sapientemente camuffate con alberi e cespugli. Al centro del quadrato di terra sovrastava ampiamente le nostre teste una superba magnolia… com’era triste  in quella sera! Tutto l’altro fogliame, nel suo verde cupo quasi nero, mi raccontava, con infinita tristezza, di una tristezza infinita. “Ma che succede?” chiesi al mio cuore e lui mi rispose “Qualcosa non và”.Ci accomodammo su bianche poltrone in attesa che la donna portasse qualcosa da bere. Il silenzio passeggiava a braccetto con la sera. Riccioli di fumo si levavano alteri dal sigaro dell’uomo che non intendeva affatto aprire la conversazione. Non me ne dispiaceva, anzi, avrei potuto godere meglio la magìa di quel giardino e avrei cercato di comprendere il muto fraseggio doloroso che indossava.Mi sorrise, al di là del vetro, un caldo color arancio, il mio aperitivo preferito, analcolico, con una buccia di arancia e tre olive verdi tuffate nel liquido insieme a un po’ di ghiaccio. Feci tintinnare il ghiaccio roteando il bicchiere e bevvi un sorso, chiusi gli occhi, ingoiai, bevvi un altro sorso… un grillo intonò la sua canzone.La donna si sedette, l’uomo si alzò e le porse il bicchiere nel quale brillava un giallo intenso e profumato: il sapore della nostra terra. A tale gentilezza lei rispose contestando, sottolineò la stoltezza del marito: “Potevi restare seduto!”.Spesso si rivolgeva a lui insultandolo con l’intento di azzittirlo, lo ricopriva di improperi, di epiteti offensivi ma lui curvava gli occhi e non controbatteva. Nel suo apparire snob tra abiti firmati e gioielli, tra parrucchiere, visagista e colf, tra figli scocciati di entrambi i genitori e residenti in città lontane, non si avvedeva, la poverina, della propria aridità, una sterilità radicata reticente ad ogni cura.Il giardino, privo di seccume e parassiti, studiato per la posizione di ogni pianta, usciva dalle mani e dall’amore del marito. I cespugli e i pochi ma splendidi fiori ammantavano di bellezza il grande quadrato di terra, il cuore sorrideva alla vista di quell’armonia totale. Eppure, in quella sera, la bellezza del giardino aveva perso lucentezza, era diventato opaco, il fogliame intero mi parlava continuamente con infinita tristezza di una tristezza infinita.Non compresi subito, perciò restai all’erta.Seduti a tavola per cenare osservai l’uomo: i cerulei occhi erano bellissimi, due specchi magici, due finestre aperte su un cielo sereno. Masticava con calma, conversando, ora, volentieri, di tanto in tanto sorrideva. Lei si mostrava seccata sia per gli argomenti del marito sia per la sua lentezza, era sempre l’ultimo a finire di mangiare, quanta acidità nelle sue parole!Un sigaro e un liquore, gustati quasi a mo’ di rito, erano per lui la stupenda chiosa di ogni banchetto se pur frugale. I gesti lenti, i discorsi smozzicati, frenati dalla femminile lingua, mi fecero comprendere, pian piano, cosa raccontava il fogliame del giardino: era accaduto l’impensato, l’uomo, tempo addietro, aveva accusato disturbi di salute ai quali non aveva dato importanza alcuna, in seguito, per quegli stessi disturbi, era stato dichiarato in pericolo di vita.Sorpresa amara, peso di piombo che aveva fatto precipitare qualcosa… ma cosa? In apparenza nulla, poiché la donna continuava a subissarlo col suo atteggiamento insulso.Il grillo interruppe il suo canto, una folata di vento agitò i tovaglioli.“Dobbiamo tagliare quegli alberi, soprattutto questo limone e coprire coi mattoni tutta la terra”. Lui guardò la donna con sguardo stralunato. “Ma perché, scusa? Abbiamo già una buona parte del giardino pavimentata, non ti basta?”“E già, perché tu non vedi! Non vedi che c’è sempre casino? Le foglie che cadono, i petali che si sparpagliano dappertutto, se c’è vento la terra vola, i petali volano anche se non c’è vento, se piove schizza fango, è un gran casino e basta!”“Tanto non pulisci tu…”Lei sghignazzò e aggiunse sottovoce “Non mi piacciono le piante” poi addentò con gusto un bel boccone d’insalata verde mista chiudendo la sua cena.Tacque la mia bocca ma il mio cuore esclamò al cuore di lei “Non ti piacciono le piante? Eppure mangi volentieri ogni verdura, ogni frutto, ogni agrume e, forse non te ne ricordi, ma se tu vivi è grazie a loro che ci ossigenano l’aria e ci offrono saggia ombra”. Risposta non venne. L’aridità è cieca e sorda rimane a ogni grido e stupore.Cominciammo a sparecchiare e il grillo riprese la sua nenia.Il fogliame piangeva l’uomo. L’accarezzai col Pensiero, con gli occhi, con il cuore.Salutai la coppia.Dietro quella porta chiusa alle mie spalle, si stava consumando una tragedia.Nella calma apparente, nella quotidianità di quella “brava gente”, dentro quella “brava gente”, si nascondeva la crudeltà dell’essere.Bussavano piano, già da tempo, su quella porta, le nocche ossute. Ora bussavano più forte... e busseranno alla porta di ognuno nel tempo esatto. FINE(proprietà letterarie riservate)°*°E' questo un esempio di "dove conduce l'Amore negato":siamo di fronte a un carcinoma del retto