Dopo la settimana della Moda milanese, una delle più interessanti degli ultimi anni, piena di collezioni ben studiate e show progettati con perizia alcuni commentatori che, messe da parte le ciniche variazioni sul tema " la Moda è morta", si sono applicati a scoprire citazioni e innovazioni, tradizione e rivoluzione.Molti di loro hanno osservato come queste fossero le prime sfilate dopo l'esplosione del caso Harvey Weinstein, lo scorso Ottobre, e lo tsunami di accuse di molestie che ha travolto il mondo dello spettacolo. Se non me lo avessero fatto notare, mai avrei collegato gli abiti che ho ammirato sulle passarelle con questa circostanza.Né una frase stampata su una T-shirt, né un vestito manifesto e neppure un colore simbolo hanno esplicitato il collegamento con la campagna #Metoo. Secondo me il sintomo del nuovo clima sarebbe l'invasione di cappotti lunghi fino ai piedi, di infinite variazioni dell'oversize, di abiti accollati, pantaloni molli, maniche lunghe e cappelli che nascondono il viso.Se così fosse, non sarebbe una bella notizia, coprirci per proteggerci è la resa più devastante che la moda possa regalare alla donna, il peggior segnale del fallimento di questo movimento di emancipazione femminile. Per fortuna le sfilate milanesi a me hanno trasmesso altro, per la prima volta ho percepito come la donna fosse tornata protagonista, a dispetto dei messaggi politici e dei calcoli di mercato.Ciascun designer l'ha messa in scena in un modo diverso, c'è chi l'ha immaginata romantica, chi cyborg, chi bon ton, chi combattente; se davvero vogliamo vedere un legame con il nuovo femminismo, è nel fatto che la moda ci conferma che possiamo essere tutto ciò che vogliamo, anche sexy se ci va.Le parole di Prada, che da sempre fa politica con i suoi vestiti, sono forse il manifesto più bello di questa stagione. Il punto principale è cercare di capire come le donne possono essere potenti ma anche femminili e rispettarle senza dover pensare che i vestiti siano una frivolezza, perché devono poter essere sexy senza paura.