IL DUBBIO

UNA VOCE NEL VENTO ...


“Grande Spirito la cui voce ascolto nel vento e il cui respiro fa vivere il mondo, ascoltami. Sono uno dei tuoi tanti figli e vengo a te. Sono piccolo e debole, ho bisogno della tua forza e della tua sapienza. Lasciami camminare tra le cose belle e fa che i miei occhi possano ammirare il tramonto rosso e d’oro. Fa che le mie mani possano rispettare ciò che hai creato e le mie orecchie sentire chiaramente il suono della tua voce…”Sapete, se non fosse per il “Grande Spirito” iniziale la potremmo tranquillamente inserire magari nelle nostre eventuali preghiere quotidiane e perché no anche nell’omelia di una messa. Ed invece sono  alcune righe di un canto al Grande Spirito divino degli Indiani Lakota (volgarmente detti Sioux) che hanno popolato – con immagini spesso falsate – i film western di quando ero bambino. Ora essi sopravvivono nelle riserve americane del Dakota, del Montana e del Nebraska, ma la loro cultura è stata valorizzata, proprio attraverso la loro religiosità. Quello che volevo sottolineare innanzitutto l’esaltazione del legame  non tanto con la "natura" quanto piuttosto col "creato".Infatti il mondo è visto come opera di Dio e in esso è possibile «sentire il suono della sua voce», come dice anche un antico Salmo biblico: «I cieli narrano la gloria di Dio». Uscire, quindi, in campagna anche solo per contemplare, comprendendo – come dice più avanti il canto dei Sioux – «ciò che di segreto hai posto in ogni foglia e in ogni roccia». Ma ci sono altri motivi di riflessione che vorrei far emergere dal prosieguo della preghiera. Non credo sia necessario spiegarne i contenuti: «Ti chiedo la forza non per primeggiare sugli altri ma per combattere il mio più grande nemico: me stesso. Fa’ che io sia sempre pronto a raggiungerti con mani pulite e occhi acuti, così che quando la vita se ne andrà come la luce al tramonto, il mio spirito possa senza vergogna venire a te».Lo stereotipo dell’indiano selvaggio e malvagio che abbiamo assorbito dalle rappresentazioni holliwoodiane del passato credo che sia totalmente fuori luogo confrontandolo con queste preghiere semplici ma che ci fanno capire qual era il loro rapporto con la religione, la natura ed il progresso. Per gli indiani infatti la crescita avviene all’interno della propria coscienza in armonia con le leggi della Natura e del Cosmo in un cerchio temporale simile alle onde del mare senza linearità. Noi siamo abituati a considerare il progresso come evoluzione tecnologica ma l’antropologia ci ha insegnato che non esistono civiltà superiori o inferiori in quanto il nostro pianeta rappresenta una pluralità di civiltà ciascuna da considerare all’interno dei suoi aspetti e così bisogna intendere la cultura di un popolo.Per quanto riguarda la religione ecco quello che risponde un Capo indiano negli anni di fine 800 a chi diceva che loro erano dei senza Dio:
“Eravamo un popolo senza leggi, ma eravamo in ottimi rapporti con il Grande Spirito, Creatore e Signore del Tutto. Ci giudicavate dei selvaggi. Non capivate le nostre preghiere, né cercavate di capirle. Quando cantiamo le nostre lodi al sole, alla luna e al vento, ci trattate da idolatri … Senza capire ci avete condannati come anime perse solo perché la nostra religione è diversa dalla vostra”Un saluto a tuttiVito