IL DUBBIO

UN LAVORO DEGNO DELL'UOMO


L’altro giorno il Papa, nel corso del messaggio dato alla settimana sociale dei cattolici, ha parlato di lavoro, soprattutto riferendosi a quello giovanile, dicendo le testuali parole: "Il lavoro è collocabile tra le emergenze etiche e sociali in grado di minare la stabilità della società e di compromettere seriamente il suo futuro ... La precarietà del lavoro non permette ai giovani di costruire una famiglia ..."Sicuramente, con le sue parole, il Papa non aveva alcuna intenzione di schierarsi sul dibattito relativo al protocollo del welfare oppure pro o contro la legge Biagi. Ha però voluto lanciare un messaggio di richiamo forte verso le istituzioni e le parti sociali: cioè esiste un problema che non si può ignorare e sottovalutare. Come recita anche un passo del Catechismo della Chiesa Cattolica ci deve essere un lavoro degno dell’uomo. Quindi se esistono dei lavori degni ci sono anche quelli indegni, proviamo per un attimo ad elencarli: disoccupazione, lavoro nero, lavoro sottopagato, lo sfruttamento, il ricatto, l’inosservanza delle norme di sicurezza. Queste sono tra le prime cose che mi sono venute in mente quando ho pensato alla tipologia di lavori che non sono degni di un essere umano. Bisogna anche dire che negli ultimi decenni il rapporto di lavoro è estremamente cambiato sia nella forma che nella sostanza: numerosi luoghi comuni sono stati sfatati, dal lavoro sotto casa al lavoro sicuro fino al lavoro a tempo indeterminato.In mezzo ci sono state 2 leggi: la Treu che ha aperto le porte alla flessibilità del lavoro (soprattutto quello giovanile) e la Biagi (dal nome del giuslavorista ucciso dalle BR) che, secondo me, ha cercato di regolamentare un mercato del lavoro spesso ingessato di fronte alle nuove sfide dell’economia mondiale. Ricordo anche che Marco Biagi si ispirava alla dottrina del cristianesimo sociale e faceva della responsabilità sociale la propria bussola politica e personale, sicuramente non era quindi un amico degli imprenditori “incalliti sfruttatori”.Sabato a Roma si sono fronteggiate 2 manifestazioni: una della sinistra radicale, che chiedeva a gran voce l’abolizione della legge Biagi, secondo loro unica responsabile del lavoro precario, e la revisione del protocollo sul Welfare, concordato con le parti sociali; l’altra invece, composta da diverse parti politiche anche di sinistra, le quali ritengono che tale legge vada strenuamente difesa in quanto ha fatto crescere il numero di posti di lavoro complessivi di quasi 3 milioni negli ultimi 6 anni.Certo, nessuno vuole dire che il precariato sia bello o sia giusto; molte volte è necessario e capita molto più che in passato e magari molto meno che in altri Paesi. Però quando si fanno tanti bei discorsi sulla precarietà brutta e cattiva si dimenticano due cose fondamentali: il lavoro nero e la disoccupazione. Eppure sono problemi ancora più gravi e per alleviarli una flessibilità del lavoro è utile e lo sarebbe ancora di più se fosse accompagnata da strumenti di solidarietà ed ammortizzatori sociali che funzionassero. Scuole che funzionino, quindi formazione, sussidi, trasparenza e correttezza, cose che purtroppo in Italia spesso mancano. Queste cose erano quelle che lo stesso Biagi auspicava nei suoi articoli di legge ma che non sono mai state applicate del tutto.Spesso le leggi vengono guardate solo nell’aspetto ideologico, dimenticandosi con ciò realisticamente quello che rappresentano, gli scopi che vorrebbero raggiungere e gli obiettivi realizzati. Stando a quanto sopra la legge Biagi ha rispettato quanto previsto. C’è da migliorarla? Sicuramente sull’aspetto degli ammortizzatori sociali (come prevedeva anche Biagi) ma non per questo la si può buttare all’aria.C’è anche un altro aspetto del lavoro che desta preoccupazione anche nelle parole del Pontefice e cioè il non poter costruire un futuro ed una famiglia a causa sia della insicurezza ma soprattutto del salario medio italiano uno dei più bassi d’Europa. Ci sono due cose da tener presente: la produttività media rispetto a paesi tipo la Francia, l’Inghilterra e la Germania è molto bassa. Mettiamoci  pure che il nostro prelievo fiscale è uno dei più alti ed otteniamo salari conseguentemente bassi. L’altro aspetto è che il costo sia degli affitti che delle prime case è elevatissimo ed è difficile da affrontare per un giovane soprattutto senza sicurezza di lavoro stabile.A questi aspetti ci si attenderebbe da un governo che si reputa di sinistra l’attuazione di politiche di edilizia popolare ed interventi sui salari con riduzione della pressione fiscale, ma purtroppo sino ad ora nulla di tutto ciò è stato fatto.Concludo con un fatto accaduto nella mia regione che ha destato molto clamore. Un imprenditore di Campofilone (AP), Enzo Rossi, titolare dell’azienda di maccheroncini (pasta fatta in casa tipica marchigiana) “La Campofilone”, ha deciso che aumenterà dal 2008 lo stipendio dei suoi venti dipendenti di quasi 200 euro in più al mese. Perché tale decisione? Dopo essere rientrato dalle vacanze ha provato a vivere con la famiglia (moglie e 2 figlie) con 1000 euro mensili e si è accorto che dopo circa 3 settimane già i soldi erano finiti. Questo è bastato per scatenare una piccola provocazione sia verso il governo che verso gli altri imprenditori: “Se la mia azienda va bene è anche merito di tutti, mio e dipendenti compresi, quindi voglio distribuire anche a loro il valore aggiunto creato. Il messaggio ai miei dipendenti è questo: l’azie
nda va bene ed il mercato è in espansione. Lavoriamo quindi al meglio delle nostre possibilità per crescere ancora di più.”Sarà stata anche una mossa propagandistica ma è anche la dimostrazione che per avere un lavoro degno occorre l’apporto di tutti, industriali compresi.Un saluto a tutti.Vito