IL DUBBIO

BIAGI - LIEDHOLM: Ricordo di due GALANTUOMINI


Tra ieri e oggi l’Italia ha perso due grandi personaggi, due grandi uomini che per ragioni anche molto diverse, ma soprattutto con il loro comportamento, ci hanno dimostrato che si possono fare sia dell’ottimo giornalismo che del grande calcio con classe, sobrietà ed anche con una parola che ultimamente è stata dimenticata: lo STILE. Enzo BIAGI: Forse il più grande giornalista italiano, una vita dedicata alla carta stampata e poi alla televisione da cui fu allontanato nel 2002 a causa del famoso editto bulgaro di Berlusconi. Ad Aprile di quest’anno era ritornato in RAI con il programma Rotocalco Televisivo, un affresco meraviglioso di informazione dell’Italia di oggi. Era provato, commosso, aprì la trasmissione dicendo: “Buonasera, scusate se sono un po’ commosso e, magari, si vede. C’è stato qualche inconveniente tecnico e l’intervallo è durato 5 anni e parlando di resistenza, di quella odierna di chi resiste alla camorra fino alla Resistenza con la R maiuscola, con interviste di chi le ha vissute in prima persona.” Ci ha dato a tutti noi una lezione di grande giornalismo, di stile e di umanità: non alzava mai la voce e ci guardava come un nonno che, con affetto, intrattiene i suoi nipotini. Ci ha fatto riflettere, ha approfondito gli argomenti più complessi; tirava fuori dagli intervistati quello che magari non avrebbero mai detto con altri. Era soprattutto una persona perbene. Una volta disse: "Meglio essere cacciato per aver detto delle verità scomode piuttosto che essere osannato per non averle dette"Ed è questo il segreto del grande giornalista libero!  Nils LIEDHOLM: Da tifoso del Milan non posso non ricordare la figura del mitico BARONE, chiamato così non solo per la sua classe, anche da giocatore, la calma, ma anche per la sua ironia, quasi napoletana. Di lui ci ricordiamo il trio svedese GRE-NO-LI (Green, Nordhal, Liedholm) del Milan che vinse 4 scudetti.Un giocatore sempre correttissimo, mai né espulso e né ammonito, non sbagliava quasi mai. Si narra che un giorno dopo un passaggio sbagliato lo stadio fece quasi un minuto di applausi. Da allenatore vincitore di 2 scudetti: Milan 1979, ultimo anno di Rivera giocatore,  Roma 1983, forse la più grande Roma di sempre con Falcao e Pruzzo. Fu allenatore anche della Fiorentina.Un allenatore sempre pacato, calmo e riflessivo, non si lamentava mai con i giocatori e non li teneva sotto pressione. Se pensiamo agli allenatori odierni, spiritati ed urlanti viene nostalgia. Il gioco che applicava era sempre bello esteticamente e con una organizzazione quasi maniacale tra i reparti.Mi ricorderò sempre le sue interviste televisive, quando un giornalista magari gli faceva una domanda contorta sul gioco o sugli avversari, lui rispondeva: “SENSALTRO” con la esse al posto della zeta. Quella parola voleva dire tutto oppure ni
ente ma faceva parte della sua concezione di vita.Negli ultimi anni si era ritirato a coltivare le vigne nel Monferrato, amava l’Italia che gli aveva dato tante soddisfazioni e successi ma anche delusioni come quando con l’inizio della presidenza Berlusconi, Sacchi prese il suo posto al Milan. Ma era un signore e non si è mai lamentato di nulla.Addio grandissimi Nonno e Barone, non vi dimenticheremo mai …