IL DUBBIO

CAMPANIA: 3 metri sotto 'na munnezza ....


L’insostenibile situazione della mancata raccolta dei rifiuti in Campania è sotto gli occhi di tutti. E’ veramente incredibile che dopo più di 15 anni di gestione straordinaria e commissariamenti il problema non solo non è stato risolto ma addirittura si è amplificato, ponendoci agli occhi dell’Europa come un esempio negativo passibile di procedura di infrazione da parte della Commissione Europea. Non è la mia regione, ma credo che ogni italiano, di fronte ad uno scempio del genere, vorrebbe fare del tutto per risolverlo o per lo meno capire le cause e le soluzioni da affrontare. Le immagini hanno fatto il giro del mondo: venerdì scorso, addirittura un giornale del SudAfrica riportava un articolo di Michele Serra con l’aggiunta che i 6 milioni di cittadini campani rappresentano una “comunity that is suffocating in its own escrement”, che soffoca nei propri escrementi.Vediamo innanzitutto come e perché si è arrivati a questo disastro ambientale. Circa 14 anni fa, per far fronte sia al progressivo esaurimento delle discariche che al fenomeno di abusivismo dei rifiuti, gestito dalla camorra, la regione Campania aveva formulato un progetto ambizioso: chiudere quasi tutte le discariche, partire con la raccolta differenziata e costruire due termo-valorizzatori (inceneritori).Sta di fatto, invece, che dopo anni di sperpero di denaro pubblico, di commissariamenti (con relativi cambi di commissari straordinari), ditte appaltatrici fallite, call-center inutilizzati, ecc. ecc., la raccolta differenziata non è mai partita seriamente (tranne che in pochi comuni dell’entroterra campano, ma molto piccoli), e dei due termovalorizzatori che dovevano andare in funzione, solo uno è stato costruito, quello di Acerra dopo innumerevoli contestazioni e boicottaggi da parte ambientalista, ma che andrà in funzione tra 12 mesi. Nel frattempo sono state “generate” quasi 5 milioni di “ecoballe”, le quali di ecologico non hanno proprio nulla, in quanto invece di essere prodotti di CdR (combustibile da rifiuto, da destinare all’inceneritore) sono degli ammassi di poltiglia indiscriminata in cui la percentuale di umido supera, e di molto, il 30%. Bruciare queste schifezze, senza prima sottoporle a trattamento, sarebbe una pura follia visto la diossina che si genererebbe dalla combustione di materiale organico.L’altra follia è stata anche quella di spedire l’immondizia con dei treni speciali direttamente i Germania, dove i tedeschi, molto carinamente ringraziano, in quanto oltre a pensarci loro per l’incenerimento e la relativa produzione di energia, si beccano anche quasi un milione di euro al giorno per il disturbo. E intanto si moltiplicano i cumuli di immondizia nelle città con tutto quello che ne può conseguire per la salute delle persone, ma soprattutto con la somma vergogna che tutto quello che dovrebbe essere una normale gestione dei rifiuti a livello locale, sia da anni una emergenza ingestibile sia da parte della politica che da parte dei cittadini.Qualche settimana fa ho letto l’articolo che un noto giornalista del Corriere della Sera, Gian Antonio Stella, ha scritto a proposito della differenza nel trattamento dei rifiuti tra due città, Venezia e Napoli, che riporto integralmente qui di seguito:Inceneritori La paralisi campana e l’impianto ecologico venetoRifiuti, se Napoli copiasse VeneziaIn laguna realizzato un grande impianto mode
llo, al Sud è sempre emergenzaRiuscirà Babbo Natale a raggiungere tutti i bambini facendosi largo con la slitta tra montagne di spazzatura? Ecco il dubbio di tanti piccoli napoletani. I quali, oltre al gran freddo che il buon Gesù ha mandato loro a rendere meno fetida l’aria, avrebbero diritto ad avere in dono un po’ meno di ipocrisia. Cosa ci hanno raccontato, per anni e anni? Che il pattume partenopeo, ammucchiato senza uno straccio di raccolta differenziata così com’è («tale quale», in gergo) non può essere trattato, ripulito, riciclato, trasformato in combustibile e bruciato.Falso. Succede già. A Venezia. Dove lo stesso tipo di immondizia viene smaltito senza problemi dal più grande impianto europeo di Cdr (Combustibile Derivato dai Rifiuti) che manda in discarica solo il 6% di quello che arriva coi camion e le chiatte. E dov’è l’inceneritore? Dov’è questo mostro orrendo le cui fiamme fanno inorridire i campani che da anni, dipingendosi già avvolti dai fumi neri della morte, si ribellano all’idea di ospitarne qualcuno? A tre chilometri dalle bancarelle del mercato di Marghera. A cinque da Mestre. A otto dal campanile di San Marco. Senza che nessuno, neppure il gruppuscolo ambientalista più duro e puro e amante delle farfalle, abbia mai fatto una manifestazione, un corteo, una marcetta, un cartellone di protesta. Prova provata, se ancora ce ne fosse bisogno, che sotto il Vesuvio sono troppi a giocare sporco.Pare una clinica, l’impianto in riva alla laguna, ai margini di Marghera. La bolzanina «Ladurner» l’ha costruito (dal primo scavo nel terreno al fissaggio degli interruttori elettrici) in dodici mesi. Contro i millenni necessari, non per l’indolenza delle persone quanto per la rete di veti e ricatti, nella sventurata Campania che, stando ai dati Apat, rappresenta da sola il 43% del territorio italiano inquinato dallo smaltimento scriteriato, o addirittura criminale, della «munnezza». Impianto pulito. Silenzioso. Efficiente. Apparentemente quasi deserto. «Quanti dipendenti? Meno di un centinaio. Al Cdr, su tutto il ciclo, 28 persone», spiega Fiorenzo Garda, dell’azienda altoatesina. Sei in meno di quanti bivaccano al call-center napoletano del Pan (Protezione ambiente e natura) dove, stando al rapporto della commissione parlamentare, ogni centralinista riceve mediamente una telefonata a testa alla settimana.Risultato: le «scoasse» veneziane sono uguali alla «munnezza» napoletana. Con più nero di seppia e meno pummarola, ma uguali. E infatti, caricate sulle barche a da lì trasbordate su enormi chiatte alle spalle della Giudecca, quando arrivano alle banchine di Marghera potrebbero essere perfettamente confuse con quelle che vengono scaricate dai camion nelle fosse dantesche degli impianti partenopei. È lì che i destini si dividono.I rifiuti campani, in attesa dei termovalorizzatori (quello di Acerra che doveva essere acceso a ottobre, dopo 14 anni dalla prima dichiarazione di emergenza, è bloccato dall’inchiesta dei giudici e i lavori per quello di Santa Maria La Fossa devono ancora cominciare) vengono imballati alla meno peggio e ammassati in gigantesche piramidi su terreni comprati a prezzi sempre più folli, con misteriosi rincari anche del 500% in dodici ore. Piramidi che ormai stoccano sette milioni di tonnellate di «ecoballe» (che «eco» non sono) le quali potrebbero, se allineate, coprire la distanza che c’è da Parigi a New York. Una situazione esplosiva. Che costringe da anni i commissari via via nominati a recuperare nuove discariche (l’ultima è a Serre, a 102 chilometri dal capoluogo campano e per farla hanno buttato giù centinaia di querce) o a riaprirne di chiuse sfidando la collera degli abitanti. Collera spesso accesa dalla camorra, che vede a rischio i suoi affari. Che si nutrono proprio dell’emergenza campana. Costata fino ad oggi almeno un miliardo e duecento milioni di euro. I rifiuti veneziani no, quelli i soldi, agli azionisti pubblici, li fanno guadagnare. Dice Gianni Teardo, responsabile tecnico degli impianti, che quest’anno il complesso di Marghera, costato 95 milioni di euro (un dodicesimo dei soldi spesi in Campania) va in attivo. Spiegare come la spazzatura venga «bollita» per una settimana in enormi cassoni («biocelle »), asciugata, sminuzzata, passata al setaccio per separare quello che può essere riciclato tra i metalli, la plastica o la carta, sarebbe lungo. Basti sapere che, mettendo insieme questo lavoro con quello a monte della raccolta differenziata e poi una seconda e una terza operazione di filtraggio, l’impianto veneziano si vanta di mandare in discarica nell’entroterra di Chioggia solo il 6% del pattume trattato. Che dovrebbe essere ridotto entro un paio di anni al 3%. «Anche se puntiamo a ridurlo ancora, fino ad azzerare il ricorso alla discarica ».Ferri, plastiche e carta vengono venduti sul mercato. La metà del Cdr prodotto e compattato in «brichette » simili a corti bastoncini è ceduto all’Enel che lo brucia al posto del carbone per fare energia. Tutto ciò che può essere usato allo scopo diventa «compost» per fecondare i terreni troppo sfruttati e in fase di desertificazione. E quel che resta, infine, viene bruciato.Direte: oddio, vicino a Venezia! Esatto: in faccia a Venezia. Senza una protesta. Sotto il controllo dell’Arpav. Con un rapporto giornaliero sui fumi emessi. E sapete cosa salta fuori, a vedere i dati certificati dalle autorità sanitarie? Che un inceneritore di ultima generazione come quello veneziano, tra filtri e controfiltri, sta molto al di sotto dei limiti fissati, che sono da cinque a quindici volte più rigidi rispetto a quelli delle centrali termoelettriche o dei cementifici. Ma c’è di più. Fatti i conti, quel camino che smaltisce ciò che resta dei rifiuti di 300mila abitanti butta nell’aria ogni ora circa 60mila milligrammi di polveri. Pari a quanti ne escono, stando alle tabelle Ue, dai tubi di scappamento di quindici automobili di tipo Euro2. Per non dire di quelle più vecchie, che inquinano infinitamente di più. Direte: e se queste polveri fossero più aggressive? Massì, esageriamo: ogni camino come quello di Marghera inquina come una cinquantina di auto Euro2. E sapete quante ce ne sono, in Campania, di auto così o più vecchie e inquinanti? Oltre 2 milioni e 200mila. Pari a 44mila inceneritori come quello di Marghera.  (Gian Antonio Stella)Interessante, vero? Fa riflettere soprattutto perché dimostra che quando c’è volontà politica di decidere veramente sulle cose di bene ed interesse comune non ci sono né proteste e né blocchi stradali che tengano. L’inefficienza della pubblica amministrazione è una bruttissima cosa soprattutto se accompagnata con la rassegnazione, come spesso, purtroppo spesso accade nelle regioni del Sud d’Italia. Lo stesso dicasi dei “localismi” del territorio che non fanno altro che rallentare (vedi TAV) la modernizzazione  dell’ Italia.Come si potrebbe quindi uscire da questa assurda situazione? Occorrono responsabilità e decisione: togliere innanzitutto immediatamente tutta l’immondizia sulle strade ed arrestare chi la incendia. Per l’immediato vanno riaperte le discariche della Campania: è il male minore rispetto a lasciare i rifiuti per strada. Un discarica ben fatta con la dovuta coibentazione non dà nessun problema dal punto di vista ambientale. Però vuol dire anche che se c’è una legge di apertura, questa va fatta rispettare anche con l’utilizzo dei carri armati!Allo stesso tempo bisogna procedere subito con la raccolta differenziata porta a porta. E’ un simbolo di civiltà che viene fatto in moltissimi comuni in Italia, tra cui il mio che ha più di 20.000 abitanti. Vuol dire che ogni nucleo abitativo differenzia i rifiuti direttamente a casa propria (umido, plastica, carta e secco non riciclabile) mentre la ditta di nettezza urbana provvede più volte alla settimana al ritiro porta a porta. Occorre però che, a livello regionale o provinciale, si realizzino degli impianti di compostaggio, riciclo e separazione, che consentano di riutilizzare i rifiuti già separati dai cittadini. Il materiale prodotto dal secco non riciclabile sarà destinato alla combustione negli impianti di termovalorizzazione e solo una minima parte finirà in discarica. Questo è l’unica maniera che consente di diminuire drasticamente la quantità di rifiuti.Quando qualche hanno fa il sindaco del mio comune aveva preso la decisione di fare la raccolta differenziata totale porta a porta, c’erano stati molti mugugni da parte degli abitanti, ma ora ci si è accorti che è stata presa una decisione giusta per il bene di tutti, anche perché molti altri comuni ci stanno seguendo.Occorre quindi formazione per i cittadini sul come differenziare ma, soprattutto, imposizione, altrimenti non si riuscirà mai a partire seriamente. E si deve partire assolutamente sui comuni più grandi a cominciare da Napoli che, da sola, produce 1/3 dei rifiuti della Campania.Rimane il problema delle eco balle le quali prima di essere bruciate debbono essere assolutamente liberate dalla loro composizione umida ed organica, pena la formazione di pericolose diossine. Poi occorrerà affrettare l’apertura del termovalorizzatore di Acerra che, comunque, non basterà per il futuro ed avviare subito la costruzione di almeno altri 2 impianti di incenerimento, i quali, come abbiamo visto per Venezia si possono aprire in 8 mesi senza nessun disastro ambientale.So che il mio amico Joice ha molto a cuore tutta la situazione nella sua regione ed ha scritto nel suo blog numerosi, interessantissimi ed appassionati articoli sul problema dei rifiuti. E’ contrario al termovalorizzatore di Acerra in quanto ritiene che possa avere emissioni inquinanti e pericolose in quanto costruito con una tecnologia già obsoleta. Può anche essere vero, ma credo che nella situazione catastrofica in cui si trova attualmente la Campania, questo sia il male minore, come descriveva Stella nel suo bell’articolo. Riguardo alle proteste dei cittadini per la riapertura della discarica di Pianura, vicino Napoli, ritengo che questa volta si sia passato il limite. Troppo spesso in Italia c’è la sindrome del “not in my garden”, e cioè puoi costruire ovunque, ma non vicino a casa mia. Dovremmo avere tutti a cuore la bellezza e la salute di Napoli e, quindi, se c’è una legge, questa va fatta rispettare.Poi credo che le amministrazioni della regione Campania e dei comuni che non sono riusciti a gestire per anni un problema di normale amministrazione come i rifiuti urbani, dovrebbero avere il buon senso di dimettersi. Sono stati sperperati, in 14 anni, quasi 2 miliardi di euro senza nessun riscontro positivo. La responsabilità politica imporrebbe quindi la presa atto di un fallimento. Almeno in questo caso la camorra con i rifiuti non centra proprio nulla, trattasi solo di incompetenza e negligenza della pubblica amministrazione.Infine per mettere un po’ di sorriso in una vicenda che non avrebbe nulla di divertente, c'è la fantasia di molti napoletani i quali pensano seriamente che l’unico rimedio di porre fine all’emergenza sia quello di gettare i rifiuti nel cratere del Vesuvio.Bene, così alla prossima eruzione del vulcano, avremo veramente Napoli come Pompei ed Ercolano, ma non sotto la lava, bensì con 3 metri
sotto ‘na munnezza (liberamente ispirato dal libro di Federico Moccia).Un saluto a tutti.Vito