IL DUBBIO

UN COMUNISTA ANOMALO ...


Fidel Castro, il leader maximo di Cuba, lascia il potere ad 81 anni, consumato dalla malattia e, forse, anche dai tanti anni di potere assoluto. Pensate che ha preso il potere nel 1959, dopo la rivoluzione cubana, quando ancora negli USA era presidente Eisenhower e di acqua sotto ai ponti ne è passata veramente tanta.Ora si aprirà la lotta per la sua successione che risulta molto aperta mentre ci si interroga anche se, vista la sua dipartita, gli Stati Uniti interromperanno o allenteranno l’embargo commerciale oramai più che decennale.Ma non è di questo che voglio parlare in questo post. Piuttosto vorrei analizzare la figura di Fidel in quanto risulta di complessa etichettatura politica ed umana. Certo, è ovvio che un giudizio sommario fatto dall’esterno lo inquadrerebbe come il dittatore comunista spietato, cancellatore delle libertà personali ed economiche che ha fatto incarcerare migliaia di oppositori. Ma nel panorama latino-americano risulta essere una figura anomala, in quanto, più che comunista, Castro è nato politicamente come indipendentista e, soprattutto, nazionalista, fin da quando da studente fu uno strenuo oppositore (anche incarcerato) del regime di Fulgencio Batista, fantoccio americano ed apertamente colluso con gli abbondanti affari mafiosi (gioco d’azzardo e prostituzione) che si facevano a suo tempo nell’isola cubana.C’è una scena del film “Il Padrino part. 2” in cui Al Pacino - Michael Corleone, nuovo padrino in visita a l’Avana, vedendo un guerrigliero che si fa esplodere in mezzo agli agenti di polizia dice: “Ma se questi non combattono per soldi e credono veramente in quello che fanno, allora possono vincere”. Ed in effetti così è andata la storia a Cuba in cui Castro con un manipolo di guerriglieri, più Che Guevara, riuscì ad abbattere il regime corrotto di Batista. Incredibile ora a crederlo: il Castro della prima ora era, anche per gli americani, un autentico liberatore della patria, un simbolo di lotta e di indipendenza del popolo cubano e di tutti i popoli oppressi. Tutto, fuorché comunista. Circola un aneddoto che ho sentito su History Channel e confermato da numerosi testimoni in cui Fidel, dopo aver preso il potere, dovendo formare un governo con qualche ministro, chiede se all’interno del comitato ci fosse un “economista”. Guevara, capì invece che Fidel cercasse un “comunista” ed allora alzò la mano. Fu così che il CHE fu promosso ministro dell’industria, senza nessuna conoscenza specifica, combinando talmente tanti danni all’economia di Cuba che il Leader Maximo lo dovette allontanare di gran carriera. Questa storiella è per far capire quanto fosse lontana l’ideologia comunista dalla mente del Castro di quei tempi. Ma allora perché negli anni successivi si è schierato senza esitazioni con l’Unione Sovietica? Perché ha finanziato le guerriglie di ogni parte del mondo?Perché in fondo lui ha sempre combattuto la sua guerra personale e privata contro gli “imperialisti” americani, ma con il prezzo pesantissimo di aver affamato e privato della libertà il suo popolo, anche se gli va riconosciuto che Cuba ha raggiunto risultati positivi incredibili nella scuola, nella cultura, nello sport e, soprattutto, nella sanità: unico caso per tutti i paesi centro e sudamericani.Un personaggio carismatico che ha affascinato e continua a sedurre molta gente, anche qui in Italia ed anche chi non è comunista. Ricordo ancora la sua visita in Italia nel ’96 in cui fu ricevuto con tutti gli onori sollevando ondate di emozione da parte di molti politici ed intellettuali nostrani, al punto che anche il nostro “Leader Massimo” (D’Alema) ironizzò: “Mi sembra che ci sia in giro troppa eccitazione”. Pino Rauti, allora segretario della Fiamma Tricolore, ne cantò le lodi come il primo tra i veri Nazionalisti e Patrioti. Gianni Agnelli, dopo la cena di gala, disse con un po’ di perfidia: “Castro mi sembra prima di tutto un gran borghese”.Di certo il compagno di avventure iniziale, Ernesto “CHE” Guevara, era molto più idealista, irrealista e, soprattutto, comunista, di Fidel, ma hanno avuto destini diversi. L’anno scorso ricorreva il quarantesimo anniversario della morte del “CHE”, da postumo, diventato un simbolo delle giovani generazioni, sia di destra che di sinistra, grazie a quella famosissima foto che lo ritrae con lo sguardo rivolto verso un destino per lui fatale.
Aggiungo anche che il mito del CHE è stato, fortunatamente, perdente, dati i suoi innumerevoli crimini verso contadini inermi ed anche suoi amici, colpevoli solo di essere “traditori della rivoluzione”. Credo che sia un bene che certi miti rimangano solo sulle magliette ….Un saluto a tuttiVito