Il giorno 16 marzo del 1978 l’auto che trasportava il Presidente della DC Aldo Moro alla Camera dei Deputati fu intercettata in Via Fani da un commando delle Brigate Rosse. I terroristi uccisero gli agenti di scorta Oreste Leopardi, Francesco Zizzi, Domenico Ricci, Raffaele Iozzino e Giulio Rivera; Moro fu rapito. Successivamente il 9 maggio, dopo una prigionia di 55 giorni, il suo cadavere fu ritrovato nel cofano di una Renault 4 in Via Caetani, a poca distanza da Piazza del Gesù, allora sede della Democrazia Cristiana , e Via delle Botteghe Oscure, sede del PCI.Non avevo ancora 17 anni, quel giorno ero a scuola ed il clamore di quella notizia sconvolse tutti noi. Nessuno di noi studenti poteva pensare che un gruppo di terroristi, anche in quegli anni di piombo, sarebbe arrivato a tanto. Un colpo inferto al cuore dello Stato attraverso il personaggio che in quegli anni rappresentava il dialogo tra le parti politiche appartenenti al cosiddetto “arco costituzionale”.Aldo Moro aveva sempre cercato il dialogo, ma senza mai rinunciare ai suoi valori ed ai suoi ideali. Fu uno dei fautori, insieme a Fanfani, del centro-sinistra, e cioè dell’accordo di governo con i socialisti. Nelle elezioni politiche del 1976 c’era stato un sostanziale pareggio tra i due maggiori partiti di allora (DC al 36% e PCI al 34%). Moro capì che occorreva fare in modo di attuare una sorta di pacificazione nazionale che imponeva la temporanea collaborazione tra i 2 maggiori partiti. Poi, diceva Moro, compiuto quel passaggio, DC e PCI sarebbero tornati ad essere partiti tra loro naturalmente alternativi.Il ricordo principale che ho del grande statista è quello degli interminabili discorsi (anche 5 ore) con termini che ai più apparivano incomprensibili, come quello delle “convergenze parallele” che rappresenta allora l’astrattezza della politica ed un modo anche per ironizzare sulla presunta incomprensibilità dei discorsi di Moro. Riporto qualche stralcio di un articolo di Dario Franceschini, ora dirigente del PD, che lo ricorda: …noi invece conoscevamo un altro Moro. Quello di cui ci avevano parlato i nostri predecessori nel Movimento Giovanile, capace di andare, quando era presidente del Consiglio o ministro in carica, a certe riunioni semiclandestine di circoli o associazioni cattoliche giovanili solo per ascoltare. Seduto in ultima fila a sentire cosa avevano da dire quei ragazzi che vivevano il ’68 da democristiani. Il professore che non aveva mai voluto interrompere la sua attività universitaria proprio per tener vivo il suo rapporto con i giovani.Conoscevamo Aldo Moro per averlo letto e riletto; gli scritti giovanili, i suoi interventi alla Costituente, i suoi discorsi politici che accompagnavano e spesso anticipavano il divenire della nostra storia politica ….Ci colpiva soprattutto quella che lui stesso definiva “intelligenza degli avvenimenti” e che nasceva proprio dalla consapevolezza della democrazia come processo che continuamente si svolge … Aldo Moro era per noi il politico capace di tenere accesa la luce su quella “umanità che vuole farsi”, come disse nel ’68 in uno dei suoi discorsi più belli. E noi giovani cattolici ci sentivamo un pezzo di quell’umanità nuova …Trent’anni dopo è giusto tornare a pensare ad Aldo Moro. Alla sua politica. Alla lezione di questo “uomo buono, mite, saggio, innocente ed amico” come disse Paolo VI nella sua preghiera in Laterano, che è sopravvissuta all’odio, alla violenza, alle ombre di troppe verità che ancora mancano e che ha continuato a dare frutti. Di quei lunghissimi giorni in cui Moro fu prigioniero ho ancora il ricordo dello scontro che ci fu all’interno del quadro politico tra i sostenitori della linea della fermezza (quasi tutta la DC e tutto il PCI) e quelli della trattativa, tra cui Craxi e Fanfani. Furono momenti drammatici scanditi dalle lettere rivolte alla sua famiglia ed al suo partito. Riporto quella che fu l’ultima, bellissima, lettera di Moro a sua moglie:Mia dolcissima Noretta, dopo un momento di esilissimo ottimismo, dovuto forse ad un mio equivoco circa quel che mi si veniva dicendo, siamo ormai, credo, al momento conclusivo. Non mi pare il caso di discutere della cosa in sé e dell'incredibilità di una sanzione che cade sulla mia mitezza e la mia moderazione. Certo ho sbagliato, a fin di bene, nel definire l'indirizzo della mia vita. Ma ormai non si può cambiare. Resta solo di riconoscere che tu avevi ragione. Si può solo dire che forse saremmo stati in altro modo puniti, noi e i nostri piccoli. Vorrei restasse ben chiara la piena responsabilità della D.C. con il suo assurdo ed incredibile comportamento. Essa va detto con fermezza così come si deve rifiutare eventuale medaglia che si suole dare in questo caso. E' poi vero che moltissimi amici (ma non ne so i nomi) o ingannati dall'idea che il parlare mi danneggiasse o preoccupati delle loro personali posizioni, non si sono mossi come avrebbero dovuto. Cento sole firme raccolte avrebbero costretto a trattare. E questo è tutto per il passato. Per il futuro c'è in questo momento una tenerezza infinita per voi, il ricordo di tutti e di ciascuno, un amore grande grande carico di ricordi apparentemente insignificanti e in realtà preziosi. Uniti nel mio ricordo vivete insieme. Mi parrà di essere tra voi. Per carità, vivete in una unica casa, anche Emma se è possibile e fate ricorso ai buoni e cari amici, che ringrazierai tanto, per le vostre esigenze. Bacia e carezza per me tutti, volto per volto, occhi per occhi, capelli per capelli. A ciascuno una mia immensa tenerezza che passa per le tue mani. Sii forte, mia dolcissima, in questa prova assurda e incomprensibile. Sono le vie del Signore.Ricordami a tutti i parenti ed amici con immenso affetto ed a te e tutti un caldissimo abbraccio pegno di un amore eterno. Vorrei capire, con i miei piccoli occhi mortali, come ci si vedrà dopo. Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo. Amore mio, sentimi sempre con te e tienmi stretto. Bacia e carezza Fida, Demi, Luca (tanto tanto Luca)
ALDO MORO: Il sacrificio di un innocente
Il giorno 16 marzo del 1978 l’auto che trasportava il Presidente della DC Aldo Moro alla Camera dei Deputati fu intercettata in Via Fani da un commando delle Brigate Rosse. I terroristi uccisero gli agenti di scorta Oreste Leopardi, Francesco Zizzi, Domenico Ricci, Raffaele Iozzino e Giulio Rivera; Moro fu rapito. Successivamente il 9 maggio, dopo una prigionia di 55 giorni, il suo cadavere fu ritrovato nel cofano di una Renault 4 in Via Caetani, a poca distanza da Piazza del Gesù, allora sede della Democrazia Cristiana , e Via delle Botteghe Oscure, sede del PCI.Non avevo ancora 17 anni, quel giorno ero a scuola ed il clamore di quella notizia sconvolse tutti noi. Nessuno di noi studenti poteva pensare che un gruppo di terroristi, anche in quegli anni di piombo, sarebbe arrivato a tanto. Un colpo inferto al cuore dello Stato attraverso il personaggio che in quegli anni rappresentava il dialogo tra le parti politiche appartenenti al cosiddetto “arco costituzionale”.Aldo Moro aveva sempre cercato il dialogo, ma senza mai rinunciare ai suoi valori ed ai suoi ideali. Fu uno dei fautori, insieme a Fanfani, del centro-sinistra, e cioè dell’accordo di governo con i socialisti. Nelle elezioni politiche del 1976 c’era stato un sostanziale pareggio tra i due maggiori partiti di allora (DC al 36% e PCI al 34%). Moro capì che occorreva fare in modo di attuare una sorta di pacificazione nazionale che imponeva la temporanea collaborazione tra i 2 maggiori partiti. Poi, diceva Moro, compiuto quel passaggio, DC e PCI sarebbero tornati ad essere partiti tra loro naturalmente alternativi.Il ricordo principale che ho del grande statista è quello degli interminabili discorsi (anche 5 ore) con termini che ai più apparivano incomprensibili, come quello delle “convergenze parallele” che rappresenta allora l’astrattezza della politica ed un modo anche per ironizzare sulla presunta incomprensibilità dei discorsi di Moro. Riporto qualche stralcio di un articolo di Dario Franceschini, ora dirigente del PD, che lo ricorda: …noi invece conoscevamo un altro Moro. Quello di cui ci avevano parlato i nostri predecessori nel Movimento Giovanile, capace di andare, quando era presidente del Consiglio o ministro in carica, a certe riunioni semiclandestine di circoli o associazioni cattoliche giovanili solo per ascoltare. Seduto in ultima fila a sentire cosa avevano da dire quei ragazzi che vivevano il ’68 da democristiani. Il professore che non aveva mai voluto interrompere la sua attività universitaria proprio per tener vivo il suo rapporto con i giovani.Conoscevamo Aldo Moro per averlo letto e riletto; gli scritti giovanili, i suoi interventi alla Costituente, i suoi discorsi politici che accompagnavano e spesso anticipavano il divenire della nostra storia politica ….Ci colpiva soprattutto quella che lui stesso definiva “intelligenza degli avvenimenti” e che nasceva proprio dalla consapevolezza della democrazia come processo che continuamente si svolge … Aldo Moro era per noi il politico capace di tenere accesa la luce su quella “umanità che vuole farsi”, come disse nel ’68 in uno dei suoi discorsi più belli. E noi giovani cattolici ci sentivamo un pezzo di quell’umanità nuova …Trent’anni dopo è giusto tornare a pensare ad Aldo Moro. Alla sua politica. Alla lezione di questo “uomo buono, mite, saggio, innocente ed amico” come disse Paolo VI nella sua preghiera in Laterano, che è sopravvissuta all’odio, alla violenza, alle ombre di troppe verità che ancora mancano e che ha continuato a dare frutti. Di quei lunghissimi giorni in cui Moro fu prigioniero ho ancora il ricordo dello scontro che ci fu all’interno del quadro politico tra i sostenitori della linea della fermezza (quasi tutta la DC e tutto il PCI) e quelli della trattativa, tra cui Craxi e Fanfani. Furono momenti drammatici scanditi dalle lettere rivolte alla sua famiglia ed al suo partito. Riporto quella che fu l’ultima, bellissima, lettera di Moro a sua moglie:Mia dolcissima Noretta, dopo un momento di esilissimo ottimismo, dovuto forse ad un mio equivoco circa quel che mi si veniva dicendo, siamo ormai, credo, al momento conclusivo. Non mi pare il caso di discutere della cosa in sé e dell'incredibilità di una sanzione che cade sulla mia mitezza e la mia moderazione. Certo ho sbagliato, a fin di bene, nel definire l'indirizzo della mia vita. Ma ormai non si può cambiare. Resta solo di riconoscere che tu avevi ragione. Si può solo dire che forse saremmo stati in altro modo puniti, noi e i nostri piccoli. Vorrei restasse ben chiara la piena responsabilità della D.C. con il suo assurdo ed incredibile comportamento. Essa va detto con fermezza così come si deve rifiutare eventuale medaglia che si suole dare in questo caso. E' poi vero che moltissimi amici (ma non ne so i nomi) o ingannati dall'idea che il parlare mi danneggiasse o preoccupati delle loro personali posizioni, non si sono mossi come avrebbero dovuto. Cento sole firme raccolte avrebbero costretto a trattare. E questo è tutto per il passato. Per il futuro c'è in questo momento una tenerezza infinita per voi, il ricordo di tutti e di ciascuno, un amore grande grande carico di ricordi apparentemente insignificanti e in realtà preziosi. Uniti nel mio ricordo vivete insieme. Mi parrà di essere tra voi. Per carità, vivete in una unica casa, anche Emma se è possibile e fate ricorso ai buoni e cari amici, che ringrazierai tanto, per le vostre esigenze. Bacia e carezza per me tutti, volto per volto, occhi per occhi, capelli per capelli. A ciascuno una mia immensa tenerezza che passa per le tue mani. Sii forte, mia dolcissima, in questa prova assurda e incomprensibile. Sono le vie del Signore.Ricordami a tutti i parenti ed amici con immenso affetto ed a te e tutti un caldissimo abbraccio pegno di un amore eterno. Vorrei capire, con i miei piccoli occhi mortali, come ci si vedrà dopo. Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo. Amore mio, sentimi sempre con te e tienmi stretto. Bacia e carezza Fida, Demi, Luca (tanto tanto Luca)