IL DUBBIO

La Verità e la Croce ...


Vi ricordate la domanda “che cosa è la verità”? Risale ad un venerdì di  circa 2000 anni fa. La scena viene raccontata soprattutto nel Vangelo di Giovanni: essa ha per protagonisti due uomini uno di fronte all’altro, Ponzio Pilato e Gesù Cristo, figlio di Dio. Ponzio Pilato è procuratore della Giudea ed a lui i sommi capi del Sinedrio hanno portato Gesù perché venga condannato a morte per blasfemia e per essersi dichiarato Re. Ma chi era Ponzio Pilato, il magistrato che mandò a morte Gesù? E perché pose l’ingombrante domanda sulla verità? E perché Gesù non rispose?A queste domande cerca di dare una risposta “laica” lo scrittore Armando Torno nel suo saggio “Ponzio Pilato, che cos’è la verità”. Ho letto qualcosa sul Corriere della Sera relativamente ad un articolo di Massimo Cacciari che ho cercato di riassumere.Rendiamoci conto dell’importanza e del valore incredibile che tale domanda ha avuto nei secoli a venire. La ricerca della verità e del suo significato è quella della filosofia: verrà meditata da Bacone a Hegel, da Kierkegard a Nietsche, sino a Spengler che addirittura in essa vide il concetto di razza.Ma torniamo a Ponzio Pilato. Cerchiamo di guardare per un momento la scena non con gli occhi di credenti, ma con gli occhi di spettatori e storici. Da un lato c’è un uomo che ha osato nominarsi Figlio di Dio e Re (non ha importanza se poi Gesù dice che il suo Regno non è di questo mondo), dall’altra invece un giudice romano che manca di strumenti, testimoni per poter giudicare, che ignora le cause di quanto sta accadendo e cerca di immaginarne le conseguenze. Egli è una persona che non sa ma che tuttavia deve decidere, è consapevole di non poter giudicare correttamente, quindi vorrebbe mandar libero Gesù.Quindi gli fa delle domande, e quando Gesù gli dice che Lui è la Via, la Verità e la Vita, Ponzio Pilato gli risponde: “La verità, ma che cos’è la verità ..”. Gesù in quel momento non può rispondere perché ai suoi occhi è Lui la Verità ma comprende che il giudice romano pagano non capirebbe per la concezione di vita e di pensiero che ha e quindi tace ed in questo silenzio forse si consuma il dramma interiore di Ponzio Pilato.Abbiamo detto che Pilato è costretto suo malgrado ad impegnarsi in un dibattimento di cui non comprende le ragioni. Successivamente cerca invece di intendere il senso dell’accusa per cercare di sbrogliare la matassa: ti sei proclamato re dei Giudei? La risposta di Gesù suona puro non senso alla mente del romano: sono re, tu lo dici, ma il mio Regno non è di questo mondo. Ma allora, si domanda Ponzio Pilato, dove sta almeno la verità giuridica? Come posso accertare se Gesù costituisca o no una minaccia per Cesare, se abbia preteso davvero o no di “regnare”.Quindi per il razionale Pilato non ci può essere nulla di “Vero” nelle accuse dei Giudei: sono insensate, quale minaccia mi può venire da costui? Però costoro sembrano temere anzitutto la sua delirante pretesa di “essere la verità”. Ma di quale colpa accertata può derivare da tale delirio? Insomma come posso giungere alla “verità”?Quindi probabilmente per Ponzio Pilato il Vero è solo la rappresentazione adeguata al fatto o alla natura delle cose. E Pilato non può accertare o capire quale “realtà” abbia il regno di quello “strano”uomo e né tanto meno che Egli è il Figlio di Dio!Sappiamo come è andata a finire: Pilato, che come abbiamo detto era un razionale ed anche forse un po’ codardo, cede alle pressioni del Sinedrio e della marmaglia nel timore di una rivolta popolare che con la piccola guarnigione stanziata a Gerusalemme (circa 600 uomini) non sarebbe stato in grado di domare e Gesù venne giustiziato. Pilato fu richiamato a Roma nel 36 d.C. e da quella data non ci sono più notizie certe.Secondo lo storico della Chiesa Eusebio da Cesarea si sarebbe suicidato. E’ venerato come martire dalla Chiesa Copta che lo festeggia il 25 giugno, ma non voglio dilungarmi ulteriormente su di un personaggio che, in fondo, è stato solo un esecutore di un disegno molto più grande.Mi è solo sembrato giusto fare questa riflessione “laica” sul più famoso processo della Storia dell’Umanità, perché non dimentichiamoci che Gesù è stato ANCHE Storia: un personaggio reale che ha cambiato il mondo e l’umanità intera. La sua Resurrezione, per noi cristiani, resta il fatto centrale della nostra Fede, così come la croce con cui fu crocifisso. In tal senso voglio anche riportare una riflessione di Mons. Ravasi che ne spiega il suo enorme valore Non c'è nulla di più alto di una croce per poter contemplare il mondo.L'autore che proponiamo per la riflessione del Venerdì santo non è certo dei più esemplari: fu archeologo, combattente, agente segreto, avventuriero e saggista. Innamorato del Vicino Oriente, ove aveva vissuto e tramato, era stato così esaltato in patria da essere definito da Churchill come «uno dei più grandi uomini del nostro tempo». Sto leggendo qua e là i Sette pilastri della saggezza (1935) di Thomas Edward Lawrence (1888-1935) e mi colpisce la frase che ho pensato di adattare al giorno della crocifissione di Cristo. Dall'alto della croce, più che non dal piedistallo solenne di un trono, si riesce a capire il mondo. Da lassù vedi la verità della crudeltà degli uomini, la loro meschinità di traditori, la fedeltà dei veri amici, la generosità di chi rischia la carriera pur di non piegarsi al Crucifige! della massa. Attorno al seggio alto del potere si ha, invece, solo adulazione, falsità, ipocrisia. Ma, se stiamo al Vangelo di Giovanni, c'è un altro valore nella croce di Cristo. Essa ha una forza attrattrice che porta a sé l'umanità: «Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me» (12, 32). Il crocifisso, infatti, nonostante la grettezza mentale di alcuni, è un «segno universale del dolore umano, della solitudine della morte, dell'ingiustizia prevaricatrice», come affermava Natalia Ginzburg. Ma per i credenti è anche un segno di liberazione, di salvezza e di speranza. Scriveva un'altra donna, Edith Stein (s. Teresa Benedetta della Croce): «La croce si staglia in alto ed è il simbolo trionfale con cui Cristo batte alla porta del cielo e la spalanca per noi». 
Aggiungo che la croce, per la società romana di quel tempo, era il simbolo più disgraziato, mentre per i giudei la morte del Messia sulla croce era semplicemente inconcepibile. Eppure il Messia crocifisso è il centro della rivelazione. Una condanna che si fa rivelazione e che rappresenta il centro della nostra Fede. Un paradosso, dunque, che ci indica, con la Resurrezione, che la potenza dell’amore è più forte della morte. Come diceva Lutero “La Croce è veramente capace di farci conoscere Dio”. Per questo, amiche ed amici cari, nel giorno della sua Passione, voglio augurare a tutti voi una BUONA PASQUA di nostro Signore Gesù, a voi ed alle vostre famiglieVito