L’argomento è quello delle pubblicazione on-line, avvenuto mercoledì scorso, dei dati dei redditi relativi al 2005 di tutti i contribuenti italiani. Successivamente poi l’accesso al sito dell’Agenzia delle Entrate è stato tolto, ma è stato come chiudere la stalla quando i buoi sono già usciti in quanto, come tutti sapete, la rete è un universo dove non si può nascondere nulla o quasi. Quindi i dati sembra siano disponibili a chiunque abbia un programma di condivisione e scambio file. Diverse associazioni dei consumatori hanno dichiarato guerra all’ormai ex vice-ministro dell’economia Visco, denunciandolo presso diverse procure, ma fino a che non si saprà se effettivamente ciò costituisce un reato rimane tutto nel vuoto, in assenza di una adeguata normativa.Martedì si dovrebbero riunire il Garante della Privacy ed il direttore dell’Agenzia delle Entrate in modo da definire se tutto è avvenuto nel rispetto delle leggi vigenti.Ci sono tre punti da analizzare su questo fatto: il metodo, il merito ed i risultati. Parliamo innanzitutto del metodo. Ebbene, è previsto dalla legge che i dati siano pubblicati presso l’amministrazione finanziaria e presso i Comuni e lì liberamente consultabili. In effetti, da diversi anni, i redditi vengono pubblicati dai giornali di provincia e nessuno ha mai gridato allo scandalo. Un altro discorso è invece la loro pubblicazione sulla rete la quale rende facile la consultazione e con esso eleva all’ennesima potenza lo spirito guardonistico di cui noi italiani siamo insuperabili. In un certo senso una cosa del genere potrebbe scatenare la corsa alla delazione e con ciò spingere la popolazione nell’affermazione di sentimenti negativi (tipo invidia, rancore ecc.) di cui francamente, ora come ora, nella nostra Italia divisa, non è che ne avremmo molto bisogno.Guardiamo invece al merito e cioè alla sostanza del provvedimento. Purtroppo, in Italia, l’evasione fiscale assume dei livelli intollerabili per un paese civile anche se qualcuno ci vuole far credere che se si abbassasse la pressione fiscale allora si pagherebbe molto di più … ma non è questo il punto. Il problema è che vedere fior di professionisti che girano in Porche, yacht, ecc, dichiarando poche migliaia di euro all’anno, francamente, è intollerabile in un Paese civile.Nei paesi dove praticamente l’evasione è ZERO (Scandinavia, USA, alta e bassa pressione fiscale) il cittadino ha la cultura di pagare tutte le tasse in quanto sa benissimo che, evadendole, farebbe un danno a se ed a tutta la comunità; verrebbe inoltre additato al pubblico ludibrio e disprezzo, non come accade spesso da noi addirittura invidiato come primo dei furbi.In quei casi ci sono pochissimi controlli, non occorre che i dati vengano pubblicati online, ma, allo stesso tempo, c’è la massima trasparenza da parte della società a cui si appartiene.Cosa vuol dire tutto ciò? E’ semplice: che in Italia, probabilmente, per arrivare ad un minimo di decenza fiscale dovremmo passare per l’indecenza dei dati fiscali pubblicati in rete. Non si vedono altri mezzi oltre a quello del controllo sociale dal basso. Perlomeno fino a quando non diventiamo un Paese fiscalmente civile. Dalle analisi fatte su quei redditi risulta che più della metà dei contribuenti italiani guadagna meno di 15.000 euro all’anno, mentre sono meno dell’1% chi dichiara più di 100.000 euro all’anno, inoltre, gran parte delle società sono in perdita. C’è veramente da rimanere allibiti e sconcertati: non è questo il paese REALE che vediamo ogni giorno con i nostri occhi!Riguardo invece che secondo alcuni, tipo il comico benestante (predica bene ma razzola male) Beppe Grillo, che in questo modo si aiuti la criminalità organizzata, beh, siamo seri: una criminalità veramente organizzata guarda ai patrimoni reali non ai redditi dichiarati.Una considerazione sull’opportunità del momento della pubblicazione: resta la sensazione che questa sia stata l’ultima polpetta avvelenata lasciata dal governo uscente a quello entrante per spirito vendicativo. Ma speriamo che non sia così …Un saluto a tuttiVito
Redditi on-line: trasparenza ed indecenza fiscale
L’argomento è quello delle pubblicazione on-line, avvenuto mercoledì scorso, dei dati dei redditi relativi al 2005 di tutti i contribuenti italiani. Successivamente poi l’accesso al sito dell’Agenzia delle Entrate è stato tolto, ma è stato come chiudere la stalla quando i buoi sono già usciti in quanto, come tutti sapete, la rete è un universo dove non si può nascondere nulla o quasi. Quindi i dati sembra siano disponibili a chiunque abbia un programma di condivisione e scambio file. Diverse associazioni dei consumatori hanno dichiarato guerra all’ormai ex vice-ministro dell’economia Visco, denunciandolo presso diverse procure, ma fino a che non si saprà se effettivamente ciò costituisce un reato rimane tutto nel vuoto, in assenza di una adeguata normativa.Martedì si dovrebbero riunire il Garante della Privacy ed il direttore dell’Agenzia delle Entrate in modo da definire se tutto è avvenuto nel rispetto delle leggi vigenti.Ci sono tre punti da analizzare su questo fatto: il metodo, il merito ed i risultati. Parliamo innanzitutto del metodo. Ebbene, è previsto dalla legge che i dati siano pubblicati presso l’amministrazione finanziaria e presso i Comuni e lì liberamente consultabili. In effetti, da diversi anni, i redditi vengono pubblicati dai giornali di provincia e nessuno ha mai gridato allo scandalo. Un altro discorso è invece la loro pubblicazione sulla rete la quale rende facile la consultazione e con esso eleva all’ennesima potenza lo spirito guardonistico di cui noi italiani siamo insuperabili. In un certo senso una cosa del genere potrebbe scatenare la corsa alla delazione e con ciò spingere la popolazione nell’affermazione di sentimenti negativi (tipo invidia, rancore ecc.) di cui francamente, ora come ora, nella nostra Italia divisa, non è che ne avremmo molto bisogno.Guardiamo invece al merito e cioè alla sostanza del provvedimento. Purtroppo, in Italia, l’evasione fiscale assume dei livelli intollerabili per un paese civile anche se qualcuno ci vuole far credere che se si abbassasse la pressione fiscale allora si pagherebbe molto di più … ma non è questo il punto. Il problema è che vedere fior di professionisti che girano in Porche, yacht, ecc, dichiarando poche migliaia di euro all’anno, francamente, è intollerabile in un Paese civile.Nei paesi dove praticamente l’evasione è ZERO (Scandinavia, USA, alta e bassa pressione fiscale) il cittadino ha la cultura di pagare tutte le tasse in quanto sa benissimo che, evadendole, farebbe un danno a se ed a tutta la comunità; verrebbe inoltre additato al pubblico ludibrio e disprezzo, non come accade spesso da noi addirittura invidiato come primo dei furbi.In quei casi ci sono pochissimi controlli, non occorre che i dati vengano pubblicati online, ma, allo stesso tempo, c’è la massima trasparenza da parte della società a cui si appartiene.Cosa vuol dire tutto ciò? E’ semplice: che in Italia, probabilmente, per arrivare ad un minimo di decenza fiscale dovremmo passare per l’indecenza dei dati fiscali pubblicati in rete. Non si vedono altri mezzi oltre a quello del controllo sociale dal basso. Perlomeno fino a quando non diventiamo un Paese fiscalmente civile. Dalle analisi fatte su quei redditi risulta che più della metà dei contribuenti italiani guadagna meno di 15.000 euro all’anno, mentre sono meno dell’1% chi dichiara più di 100.000 euro all’anno, inoltre, gran parte delle società sono in perdita. C’è veramente da rimanere allibiti e sconcertati: non è questo il paese REALE che vediamo ogni giorno con i nostri occhi!Riguardo invece che secondo alcuni, tipo il comico benestante (predica bene ma razzola male) Beppe Grillo, che in questo modo si aiuti la criminalità organizzata, beh, siamo seri: una criminalità veramente organizzata guarda ai patrimoni reali non ai redditi dichiarati.Una considerazione sull’opportunità del momento della pubblicazione: resta la sensazione che questa sia stata l’ultima polpetta avvelenata lasciata dal governo uscente a quello entrante per spirito vendicativo. Ma speriamo che non sia così …Un saluto a tuttiVito